“La mia presenza in questa Assemblea è segno di una stima per le Nazioni Unite ed è intesa quale espressione della speranza che l’Organizzazione possa servire sempre più come segno di unità fra Stati e quale strumento di servizio per tutta l’umana famiglia. Essa mostra pure la volontà della Chiesa Cattolica di offrire il contributo che le è proprio nella costruzione di relazioni internazionali in modo che permetta ad ogni persona e ad ogni popolo di percepire di poter fare la differenza”: è stato così espresso da Papa Benedetto lo scopo della sua presenza e quindi del suo discorso con i membri dell’ONU, tenuto venerdì 18 Aprile a New York nella sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Richiamando fin dall’inizio il motivo ispiratore della fondazione dell’ONU come “centro per l’armonizzazione degli atti delle Nazioni nel perseguimento dei fini comuni, la pace e lo sviluppo (cfr Carta delle Nazioni Unite, art. 1.2-1.4 )”, il Papa ha sottolineato come i popoli rappresentati in questa Istituzione attendono che si adempia a tale principio e ha fatto riferimento a quello che Giovanni Paolo II ebbe a dire in occasione del 50° anniversario della fondazione e cioè che l’Organizzazione dovrebbe essere “centro morale, in cui tutte le nazioni del mondo si sentano a casa loro, sviluppando la comune coscienza di essere, per così dire, una famiglia di nazioni”( cfr Messaggio all’Assemblea delle Nazioni Unite, nel 50° anniversario della fondazione, New York, 5 ottobre 1995, 14 ). “I principi fondativi dell’Organizzazione – il desiderio della pace, la ricerca della giustizia, il rispetto della dignità della persona, la cooperazione umanitaria e l’assistenza – esprimono le giuste aspirazioni dello spirito umano e costituiscono gli ideali che dovrebbero sottostare alle relazioni internazionali… si tratta di argomenti che la Chiesa Cattolica e la Santa Sede seguono con attenzione e con interesse, poiché vedono nella vostra attività come problemi e conflitti riguardanti la comunità mondiale possano essere soggetti ad una comune regolamentazione”. Continua poi Papa Raztinger: “le Nazioni Unite incarnano l’aspirazione ad un grado superiore di orientamento internazionale ( Giovanni Paolo II , Sollecitudo rei socialis, 43 ), ispirato e governato dal principio di sussidiarietà, e pertanto capace di rispondere alle domande dell’umana famiglia mediante regole internazionali vincolanti ed attraverso strutture in grado di armonizzare il quotidiano svolgersi della vita dei popoli”. “Nel contesto delle relazioni internazionali” sottolinea Benedetto XVI, “è necessario riconoscere il superiore ruolo che giocano le regole e le strutture intrinsecamente ordinate a promuovere il bene comune e pertanto a difendere la libertà umana … Nel nome della libertà deve esserci una correlazione fra diritti e doveri, con cui ogni persona è chiamata ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte, fatte in conseguenza dell’entrata in rapporto con gli altri.” A questo punto il Papa fa riferimento al modo in cui talvolta sono stati applicati i risultati della ricerca scientifica e tecnologica perché, sebbene l’umanità può trarne grandi benefici, “alcuni aspetti di tale applicazione rappresentano una chiara violazione dell’ordine della creazione, sino al punto in cui non soltanto viene contraddetto il carattere sacro della vita, ma la stessa persona umana e la famiglia vengono derubate della loro identità naturale. Allo stesso modo l’azione internazionale volta a preservare l’ambiente e a proteggere le varie forme di vita sulla terra non deve garantire soltanto un uso razionale della tecnologia e della scienza, ma deve anche riscoprire l’autentica immagine della creazione.” Per fare questo occorre “adottare un metodo scientifico che sia veramente rispettoso degli imperativi etici”. Quindi Benedetto XVI parla del “principio della responsabilità di proteggere”, divenuto sempre più una caratteristica dell’ONU e dice “ogni Stato ha il dovere primario di proteggere la propria popolazione da violazioni gravi e continue dei diritti umani come pure delle conseguenze delle crisi umanitarie, provocate sia dalla natura che dall’uomo. Se gli Stati non sono in grado di garantire simile protezione, la comunità internazionale deve intervenire con i mezzi giuridici previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e da altri strumenti internazionali”. “Ciò di cui c’è bisogno è una ricerca più profonda di modi di prevenire e controllare i conflitti, esplorando ogni possibile via diplomatica e prestando attenzione ed incoraggiamento anche ai più flebili segni di dialogo o di desiderio di riconciliazione”. Parlando ancora del principio della responsabilità di proteggere aggiunge che esso “deve invocare l’idea della persona quale immagine del Creatore, il desiderio di assoluta ed essenziale libertà… Il riferimento all’umana dignità che è il fondamento e l’obiettivo della responsabilità del proteggere, ci porta al tema sul quale siamo invitati a concentrarci quest’anno che segna il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo… Ề evidente, tuttavia, che i diritti riconosciuti e delineati nella Dichiarazione, si applicano ad ognuno in virtù della comune origine della persona, la quale rimane il punto più alto del disegno creatore di Dio per il mondo e per la storia. Tali diritti sono basati sulla legge naturale iscritta nel cuore dell’uomo e presente nelle diverse culture e civiltà”. Il Papa inoltre sottolinea e approfondisce che “rimuovere i diritti umani da questo contesto significherebbe restringere il loro ambito e cedere ad una concezione relativistica, secondo la quale il significato e l’interpretazione dei diritti potrebbero variare e la loro universalità verrebbe negata in nome di contesti culturali, politici, sociali e persino religiosi differenti” e inoltre “…La promozione dei diritti umani rimane la strategia più efficace per eliminare le disuguaglianze fra Paesi e gruppi sociali, come pure per un aumento della sicurezza”. Secondo Benedetto XVI “ il merito della Dichiarazione Universale è di aver permesso a differenti culture, espressioni giuridiche e modelli istituzionali di convergere attorno ad un nucleo fondamentale di valori e, quindi, di diritti…che quando vengono presentati semplicemente in termini di legalità, rischiano di diventare deboli proposizioni staccate dalla dimensione etica e razionale, che è il loro fondamento e scopo.” Per Papa Ratzinger “il rispetto dei diritti è radicato principalmente nella giustizia che non cambia, sulla quale si basa anche la forza vincolante delle proclamazioni internazionali” e fa risalire questa intuizione a S. Agostino il quale ebbe a dire riguardo al Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te che tale massima “non può in alcun modo variare a seconda delle diverse comprensioni presenti nel mondo ( cfr De doctrina christiana,III, 14)”. Parlando del discernimento che viene definito come “la capacità di distinguere il bene dal male”, il pontefice afferma che “esso diviene ancor più essenziale nel contesto di esigenze che riguardano le vite stesse e i comportamenti delle persone, delle comunità e dei popoli.” E che “affrontando il tema dei diritti, dato che vi sono coinvolte situazioni importanti e realtà profonde, il discernimento è una virtù indispensabile e fruttuosa”. “Ovviamente i diritti umani debbono includere il diritto di libertà religiosa, compreso come espressione di una dimensione che è al tempo stesso individuale e comunitaria, una visione che manifesta l’unità della persona, pur distinguendo chiaramente fra la dimensione di cittadino e quella di credente”. “È inconcepibile”- continua il Papa – “che dei credenti debbano sopprimere una parte di loro stessi – la loro fede – per essere cittadini attivi; non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti. I diritti collegati con la religione sono quanto mai bisognosi di essere protetti se vengono considerati un conflitto con l’ideologia secolare prevalente o con posizioni di una maggioranza religiosa di natura esclusiva”. Avviandosi alla fine del suo discorso il Santo Padre dice: “Le Nazioni Unite rimangono un luogo privilegiato nel quale la Chiesa è impegnata a portare la propria esperienza in umanità sviluppata lungo i secoli fra popoli di ogni razza e cultura e a metterla a disposizione di tutti i membri della comunità internazionale. Questa esperienza ed attività, dirette ad ottenere la libertà per ogni credente, cercano inoltre di aumentare la protezione offerta ai diritti della persona” che secondo il Papa sono basati e modellati sulla natura trascendente della persona stessa. “Il riconoscimento di questa dimensione va rafforzato se vogliamo sostenere la speranza dell’umanità in un mondo migliore e se vogliamo creare le condizioni per al pace, lo sviluppo, la cooperazione e la garanzia dei diritti delle generazioni future”. Citando la Spe Salvi al n 25 dove si afferma “che la sempre nuova faticosa ricerca di retti ordinamenti per le cose umane è compito di ogni generazione”. Papa Ratzinger conclude il suo bellissimo Discorso dicendo che “per i cristiani tale compito è motivato dalla speranza che scaturisce dall’opera salvifica di Gesù Cristo”.