COMUNICATO DELL’ARCIDIOCESI DI FIRENZE
Una maggioranza, peraltro sfilacciata, del consiglio comunale di questa città ha pensato bene di dare un tono di protagonismo a un finale di legislatura perlomeno problematico, approvando la concessione della cittadinanza onoraria di Firenze al signor Giuseppe Englaro, protagonista di una delle vicende più laceranti per la convivenza civile del nostro paese negli ultimi tempi.
Opporsi a questa improvvida decisione non vuole dire opporsi alla persona del signor Englaro o voler mancare di rispetto alla sua dolorosa vicenda familiare. Ma dopo aver assicurato rispetto e comprensione, si ritiene doveroso affermare con nettezza che l’atto che una parte del consiglio comunale ha voluto imporre a tutta la città appare pretestuoso, offensivo e distruttivo.
Pretestuoso perché anzitutto non si scorge quale specifico nesso possa aver legato o legare il signor Englaro alla nostra città di Firenze, primo requisito per dare una cittadinanza onoraria. Ma forse la pretestuosità più evidente, apparsa fin dall’inizio di questo triste dibattito fiorentino, è nel voler imporre alla città una scelta che serviva soltanto a segnare i confini di una parte politica e a spostarli in direzione di un più accentuato laicismo, rispetto a quanto gli stessi cittadini avevano voluto esprimere nelle recenti elezioni primarie di quello stesso settore politico. Ma ridurre una questione alta, come il senso e la dignità della vita, a mezzuccio di concorrenzialità politiche è per lo meno avvilente, se non desolante anche in rapporto al futuro di questa città.
Il gesto compiuto è però, più che pretestuoso, offensivo. Lo è nei confronti di quella non trascurabile parte della città che nel corso della vicenda Englaro ha manifestato orientamenti ben diversi da quelli di cui il signor Giuseppe Englaro e il gruppo che lo ha sostenuto erano portatori. Ma l’offesa più grande è stata fatta verso i genitori, fratelli, amici e gruppi di volontari che si stringono attorno ai loro oltre 2500 cari che vivono in situazioni similari a quelle da cui è stata strappata a forza Eluana Englaro, persone che chiedono invece di essere sostenute nella loro dedizione, nella loro fatica e nella loro speranza. Tutti costoro, nel momento in cui il signor Englaro viene accolto con onore in questa città, ne sono stati, per così dire, cacciati fuori, non forse con atteggiamento di repulsione, ma senz’altro con atteggiamento di noncuranza e di abbandono.
Da ultimo appare evidente come la pretesa di un gruppo di consiglieri di fare una scelta a nome di tutta una città, che si sa bene non essere tutta concorde su questo gesto, sia di fatto un atto di disprezzo verso la minoranza dei rappresentanti del popolo e verso una presunta minoranza di cittadini, inferendo una profonda lacerazione nella convivenza. È infatti a tutti palese che un atto del genere non può essere imposto da un gruppo a tutti, e nemmeno da una maggioranza a tutti, a meno che non si abbia una concezione della vita pubblica cittadina in cui vige la guerra per bande e non lo scopo di edificare l’unità nella convivenza. Ma qui, probabilmente, a chi ha approvato questa sciagurata delibera non interessa nulla di Eluana Englaro e tanto meno della convivenza civica della nostra amata Firenze, ma solo il poter mostrare con un ultimo gesto di arroganza la disponibilità di un potere esercitato come arbitrio, a spregio di chi ha altre opinioni e ritiene la vita un bene indisponibile perché sacro, e questo non per scelte religiose ma per convincimento razionale, perché sa che su questa sacralità della vita è stato edificato l’umanesimo della nostra civiltà che ha contribuito a denotare in tutto il mondo Firenze città di accoglienza e cura per i più deboli e bisognosi.
Su questa verità, lo si sappia con certezza, la Chiesa di Firenze, non farà mai un passo indietro e denuncerà con forza ogni sopruso, perché tale è l’atto nefasto appena deciso.