Così Roma racconta la vita dell’Apostolo
I luoghi
Dalla tomba lungo via Ostiense alle catacombe di San Sebastiano fino all’abbazia delle Tre Fontane costruita nel sito della decapitazione sulla Laurentina, la città eterna testimonia «la presenza» viva del grande convertito
Il martirio e il culto. Girano attorno alla fine della sua vita terrena e all’inizio della sua fama di apostolo i luoghi paolini della Città eterna. Di due c’è la certezza archeologica del loro legame con Saulo di Tarso. Uno è la Basilica di San Paolo fuori le Mura, dove recenti scoperte hanno indicato con altissima probabilità la presenza dei resti mortali. Il secondo è il centro di devozione presso le catacombe di San Sebastiano, dove graffiti del terzo secolo immortalano preghiere e invocazioni a lui e a Pietro.
Legata al luogo della sua esecuzione anche la chiesa di San Paolo alle Tre Fontane, dove la tradizione indica in tre polle sorgive i punti in cui la testa del santo rimbalzò staccata dalla spada del carnefice. Per gli altri – finora – solo un’antica tradizione devozionale: San Giovanni in Laterano per presunte reliquie, San Paolo alla Regola e Santa Maria in Via Lata considerate sue dimore, Santa Prisca all’Aventino dove era la casa di Aquila e Priscilla, collaboratori dell’apostolo, e il carcere Mamertino dove è certo che fu rinchiuso Pietro.
La prima basilica paolina nasce per volontà di Costantino nei decenni iniziali del IV secolo – assieme alle più grandi San Pietro e San Giovanni – sulla via Ostiense, dove era stato seppellito. La più antica testimonianza del sito è di Eusebio di Cesarea, «ideologo» di Costantino e primo storico della Chiesa. Eusebio cita Gaio Presbitero, a lui precedente, che in una polemica dice :«Voi avete la tomba di Filippo, noi sull’Ostiense e in Vaticano i trofei di Paolo e Pietro». La basilica costantiniana ha l’ingresso sulla via Ostiense. I resti dell’abside sono stati ritrovati negli ultimi scavi, sotto il presbiterio.
La seconda basilica detta dei tre imperatori – Valentiniano II, Arcadio e Teodosio – viene rifatta, ruotata di 180 gradi, nel V secolo e in forme molto più grandi, per eguagliare quella dell’altro grande apostolo, Pietro. La costruzione viene ordinata nel 386 al praefectus urbi Sallustio. L’inaugurazione, secondo gli ultimissimi studi – ancora inediti – viene fatta da Onorio nel 403.
La storia della seconda basilica finisce nel 1823. Un lattoniere sta riparando le grondaie del tetto e dal suo fornello per fondere il piombo si scatena l’incendio. Si salva solo il transetto col ciborio di Arnolfo di Cambio. Si decide di ricostruire tutto, della vecchia basilica restano pochissimi rilievi e disegni. Gli ultimi ritrovamenti sono degli anni scorsi: gli archeologi dei Musei Vaticani rinvengono sotto l’altare, a livello del pavimento – rialzato all’epoca dei tre imperatori – una lastra di marmo da un sarcofago con l’iscrizione PAVLO APOSTOLO MART ( cioé martyri ). Lì dentro, con ogni probabilità, ci sono i resti mortali dell’apostolo. Potendo scavare sotto il ciborio si potrebbe cercare anche l’edicola funeraria, citata da Gaio Presbitero, simile a quella da tempo ritrovata a San Pietro e datata al 160 che segnava la tomba petrina. Testimonianze antichissime di culto paolino sono anche alle catacombe di San Sebastiano. Le tombe verranno dopo, ma i cristiani si nascondono qui per pregare durante la persecuzione di Decio. Sugli intonaci di una triclia, un piccolo portico, incidono preghiere e invocazioni:
Paule et Petre petite pro Victore, scrive uno. Paule et Petre petite pro Herote – rogate, aggiunge un altro. In mente nos habetote, invocano altri. Il sito è attestato come luogo di culto dal Depositio Martyrum dal 258.
La vita terrena di Saulo di Tarso finisce appena fuori Roma, a Sud, sotto il colpo netto di una lama pesante. Nel V secolo viene eretta la chiesa di San Paolo alle Tre Fontane, sulla via Laurentina, oggi quartiere Eur, rifatta nel 1599. All’interno ci sono le tre edicole con le leggendarie tre fonti miracolose scaturite dal contatto della testa del santo, rimbalzata dopo la decapitazione. Tra il primo e il secondo altare c’è la colonna a cui sarebbe stato legato per il martirio.