Dall’incidente alla battaglia legale per farla morire
Diciassette anni di malattia. Trasformati nell’odissea legale che vorrebbe equiparare, per legge e per principio, la malattia alla morte, al presunto diritto di essere lasciati morire, invece che essere curati e trattati con la dignità che spetta a ogni essere umano. Queste le tappe che hanno segnato la lunga e drammatica vicenda di Eluana Englaro:
18 gennaio 1992. Dopo un incidente d’auto, Eluana, 20 anni, entra in uno stato vegetativo. È ricoverata a Lecco, e successivamente a Sondrio.
1993. Dopo un anno, secondo i limiti della scienza di allora, Eluana viene dichiarata in stato vegetativo permanente (che significa senza possibilità di ripresa). Un termine superato dalla ricerca odierna, secondo cui è impossibile stabilire una diagnosi definitiva della patologia, ancora sconosciuta e sulla cui indagine si sono compiuti passi da gigante.
1994. Eluana entra nella casa di cura di Lecco “Beato Luigi Talamoni”, delle suore misericordine. Deve essere alimentata con un sondino nasogastrico e idratata.
1999. Beppino Englaro chiede al tribunale di Lecco di poter rifiutare l’alimentazione artificiale della figlia. Ma i giudici dicono no.
2000. Beppino si rivolge anche al presidente Ciampi, e dice che Eluana aveva detto che non avrebbe mai accettato di vivere in quelle condizioni.
2003. Viene ripresentata la richiesta di lasciar morire Eluana, ma tribunale e Corte d’Appello la respingono. E così accadrà ancora nel 2006.
20 aprile 2005. La Cassazione avalla la decisione dei giudici milanesi presa nel 2003, ma apre uno spiraglio alla richiesta del padre, ritenendo che la stessa non poteva essere accolta perché, tra l’altro, mancavano “specifiche risultanze” sulle reali volontà della ragazza.
16 ottobre 2007. La Cassazione cambia idea e rinviando di nuovo la decisione alla Corte d’Appello di Milano sostiene – in controtendenza rispetto ai suoi pronunciamenti precedenti – che il giudice può autorizzare l’interruzione in presenza di due circostanze concorrenti: lo stato vegetativo irreversibile del paziente e l’accertamento che questi, se cosciente, non avrebbe prestato il suo consenso alla continuazione del trattamento.
9 luglio 2008. La Corte d’appello di Milano riesamina la vicenda e autorizza la sospensione dell’alimentazione. Ma la Procura di Milano fa ricorso alla Cassazione: secondo i giudici non sarebbero state provate con sufficienti prove le due condizioni stabilite dalla Suprenma Corte.
16 luglio 2008. Camera e Senato sollevano un conflitto di attribuzione contro la Cassazione, che avrebbe deciso su un argomento di pertinenza del Parlamento. È la prima volta nella storia della Repubblica. Il caso finisce in Corte Costituzionale.
3 settembre. La famiglia chiede alla Regione Lombardia di indicare una struttura dove eseguire quanto stabilito dalla Corte d’appello, cioè interrompere definitivamente l’alimentazione artificiale e l’idratazione. Ma la Regione dice no: ospedali e hospice «sono luoghi di vita, non di morte», dove i pazienti non si lasciano morire.
8 ottobre. La Corte Costituzionale dà ragione a Cassazione e Corte d’Appello (che avevano stabilito le condizioni per l’interruzione dell’alimentazione).
11 ottobre. Le condizioni di Eluana si aggravano improvvisamente a causa di un’emorragia interna. Ma la ragazza si riprende. Dalla crisi emerge una dato fino ad allora sconosciuto e molto rilevante dal punto di vista scientifico: alla donna è ripreso da qualche mese il ciclo mestruale, segno che l’ipotalamo avrebbe ricominciato a funzionare.
14 novembre. La Cassazione si lava le mani della vicenda, respingendo il ricorso della Procura di Milano per motivi formali. Eluana può essere lasciata morire.
16 dicembre. Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi firma un atto di indirizzo per le Regioni al fine di garantire a qualunque persona diversamente abile il diritto alla nutrizione e idratazione” in tutte le strutture del Servizio sanitario nazionale, precisando che lo stop a tali trattamenti nelle strutture del Ssn è “illegale”.
22 dicembre. La Corte europea per i diritti dell’uomo respinge, giudicandolo “irricevibile”, il ricorso presentato da diverse associazione contro la sentenza della Corte d’appello di Milano che autorizza il distacco del sondino per l’alimentazione artificiale ad Eluana.
23 dicembre. Su Avvenire il neurologo Giuliano Dolce, che ha visitato Eluana personalmente, parla di inediti sviluppi nella vicenda: Eluana deglutisce autonomamente, potrebbe essere alimentata anche senza il sondino. Dunque viene a cadere la stessa del decreto di Milano, in base al quale si può sospendere l’alimentazione artificiale con il sondino, non lasciar morire di sete e di fame una persona che può essere alimentata per via naturale. Su Eluana si reclamano nuovi esami scientifici, che tuttavia non vengono consentiti.
16 gennaio. La clinica privata «Città di Udine», che si era messa disposizione per avvallare le richieste della famiglia Englaro, rinuncia ad accogliere Eluana: determinante è l’atto di indirizzo di Sacconi, che già il 16 dicembre aveva bloccato il trasferimento dui Eluana da Lecco in Friuli.
17 gennaio. Il ministro del welfare, Maurizio Sacconi, è indagato dalla Procura di Roma con l’accusa di violenza privata, in merito al caso di Eluana Englaro. Gli atti sono predisposti in seguito ad una denuncia dei radicali. Il mondo politico insorge: maggioranza e Udc si schierano col ministro che dal canto suo ribadisce di non essere intenzionato «a farsi intimidire».
23 gennaio. Un’altra clinica di Udine, «La Quiete», si fa avanti: il presidente della struttura, Ines Domenicali, spiega ci essere disposta ad accogliere la donna ed eseguire la sentenza “di morte” sulla giovane donna in stato vegetativo. La clinica deciderà nel giro di pochi giorni, dopo aver valutato la situazione, anche rispetto a quanto stabilito dall’atto di indirizzo del ministro Sacconi.
2 febbraio. Durante il consiglio regionale l’assessore alla Sanità del Friuli venezia Giulia spiega che anche la clinica «La Quiete», essendo sostanzialmente una struttura pubblica, deve rispondere alle direttive del ministero. Ma non c’è niente da fare: la notte tra il 2 e il 3 febbraio, con un “blitz” imporvviso, viene disposto il trasferimento di Eluana da Lecco. La donna arriva a Udine in ambulanza, intorno alle 6 del mattino. Verrà alimentata ancora poche ore – fa sapere il neurologo incaricato dalla famiglia, Defanti -, poi le sarà tolto il sondino.