Dall’incontro con i Vescovi del 16 aprile
In occasione della celebrazione dei Vespri, mercoledì 16 Aprile, presso il Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione di Washington, il Papa Benedetto XVI ha salutato ed accolto i vescovi statunitensi con un dialogo intenso e ancora una volta segnato dalla sua fede forte e appassionata evidentemente radicata, per usare le sue parole, “in Cristo, nostra speranza”.
“La mia visita pastorale qui è occasione per rafforzare i vincoli di comunione che ci uniscono” sono state le parole iniziali con le quali il Papa si è rivolto ai vescovi, dopo aver espresso grande gioia nel salutarli. Tale gioia poi si è ulteriormente esplicitata quando Papa Ratzinger ha usato espressioni come “desidero incoraggiare voi e le vostre comunità a continuare ad accogliere gli immigrati…”, oppure “ … i cittadini di questo Paese sono conosciuti per la loro grande vitalità e creatività… pure … per la loro generosità”. E ancora: “L’America è anche una terra di grande fede. La vostra gente è conosciuta per il fervore religioso ed è fiera di appartenere ad una comunità orante. Ha fiducia in Dio e non esita ad introdurre nei discorsi pubblici ragioni morali radicate nella fede biblica”. Dopo aver fatto queste premesse, ha detto “è in questo suolo fertile …, che voi fratelli dell’episcopato siete chiamati a spargere la semente del Vangelo. Questo mi conduce a domandarmi come, nel ventunesimo secolo, un vescovo possa adempiere al meglio alla chiamata di fare nuova ogni cosa in Cristo nostra speranza? Come può egli condurre il suo popolo all’incontro con il Dio vivente? (cfr Spe Salvi, 4)” perché, continua Benedetto XVI “anche se è vero che questo Paese è contrassegnato da un genuino spirito religioso, la sottile influenza del secolarismo può tuttavia segnare il modo in cui le persone permettono che la fede influenzi i propri comportamenti… Occorre resistere ad ogni tendenza a considerare la religione come un fatto privato. Solo quando la fede permea ogni aspetto della vita, i cristiani diventano davvero aperti alla potenza trasformatrice del Vangelo”. Inoltre, riferendosi anche al materialismo, “le persone hanno oggi bisogno di essere richiamate allo scopo ultimo dell’esistenza. Hanno bisogno di riconoscere che dentro di loro vi è una profonda sete di Dio. Hanno bisogno di avere la possibilità di attingere al pozzo del suo amore infinito… Senza Dio, il quale ci dona ciò che da soli non possiamo raggiungere ( cfr Spe Salvi, 31), le nostre vite sono in definitiva vuote… Lo scopo di ogni nostra attività pastorale e catechetica, l’oggetto della nostra predicazione, il centro stesso del nostro ministero sacerdotale deve essere quello di aiutare le persone a stabilire ed alimentare una simile relazione vitale con Gesù Cristo, nostra speranza (1 Tm1,1)”. Parlando inoltre dell’individualismo ha detto: “… Siamo stati creati come esseri sociali che trovano compimento soltanto nell’amore verso Dio e verso il prossimo. Se vogliamo veramente tenere fisso lo sguardo su di lui, sorgente della nostra gioia, dobbiamo farlo come membri del popolo di Dio (cfr Spe Salvi,14)…”. Benedetto XVI poi ha continuato parlando dell’importanza di offrire “una solida formazione della fede” aggiungendo che tutti coloro che si dedicano alle opere caritative devono essere aiutati a rinnovare il loro impegno mediante una “formazione del cuore”: un incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l’amore ed apra il loro animo agli altri. (Deus caritas est, 31). Ha poi invitato i vescovi a “a partecipare allo scambio di idee nella pubblica arena per aiutare a modellare atteggiamenti culturali adeguati” sottolineando la necessità che “… la formazione morale offerta ad ogni livello della vita ecclesiale rifletta l’autentico insegnamento del Vangelo della vita”. A questo punto il Papa ha fatto riferimento alla situazione della famiglia all’interno della società, definendola come “…il luogo primario dell’evangelizzazione, nella trasmissione della fede, nell’aiutare i giovani ad apprezzare l’importanza della pratica religiosa e dell’osservanza della domenica”. Ed ha aggiunto: “Come non essere sconcertati nell’osservare il rapido declino della famiglia quale elemento basilare della Chiesa e della società?”. E citando l’insegnamento di Giovanni Paolo II ha affermato che “il primo responsabile della pastorale familiare nella Diocesi è il Vescovo… egli deve consacrare interessamento, sollecitudine, tempo, personale, risorse; soprattutto, però, appoggio personale alle famiglie ed a quanti lo aiutano nella pastorale della famiglia” (cfr Familiaris consortio, 73).
Uno degli argomenti poi che Papa Benedetto ha definito, in America, ma anche in altri luoghi, causa di profonda vergogna è l’abuso sessuale dei minori, anche prendendo in considerazione la sofferenza delle comunità “quando uomini di Chiesa hanno tradito i loro obblighi e compiti sacerdotali con un simile comportamento gravemente immorale”. “È responsabilità che vi viene da Dio, quali Pastori, quella di fasciare le ferite causate da ogni violazione della fiducia, di favorire la guarigione, di promuovere la riconciliazione e di accostare con amorevole preoccupazione quanti sono stati seriamente danneggiati”. “I bambini hanno diritto di crescere con una sana comprensione delle sessualità e il ruolo che le è proprio nelle relazioni umane…; essi hanno il diritto di essere educati negli autentici valori morali radicati nella dignità della persona umana…” continua il Papa, sottolineando l’urgenza “di riaffermare i valori che sorreggono la società, così da offrire ai giovani e adulti una solida formazione morale… ogni membro della società può contribuire a questo rinnovamento morale trarre beneficio da esso”. Nella parte finale del suo discorso Benedetto XVI ha esortato i vescovi ad essere guide e soprattutto vicini ai sacerdoti che hanno sperimentato la vergogna di ciò che è accaduto, molti dei quali hanno perduto parte di quella fiducia che una volta avevano e anche a quelli tra loro “che sperimentano una vicinanza a Cristo nella sua Passione…”, rassicurandoli che, come aveva già osservato Giovanni Paolo II (cfr Messaggio ai cardinali degli Stati Uniti, 23 aprile 2002, 4), “questo tempo di prova porterà ad una purificazione dell’intera comunità cattolica… condurrà ad un sacerdozio più santo, ad un episcopato più santo e ad una Chiesa più santa” di cui già vi sono molti segni. “…Se voi stessi vivrete in un modo che si configura strettamente a Cristo, il Buon Pastore, che diede la vita per le sue pecore, ispirerete i vostri fratelli sacerdoti a dedicarsi nuovamente al servizio del gregge con la stessa generosità che caratterizzò Cristo” è l’ amorevole monito del Papa ai suoi vescovi che invita a “riscoprire la gioia di vivere un’esistenza incentrata su Cristo, coltivando le virtù ed immergendoci nella preghiera”. È proprio spiegando ed approfondendo l’importanza della preghiera vissuta nelle sue varie forme che vanno dall’adorazione alla Celebrazione eucaristica, dalla contemplazione dei misteri del Rosario fino alla Liturgia delle Ore, che Papa Ratzinger chiude il suo bellissimo discorso affidando tutta la Chiesa presente in America “alla materna sollecitudine e all’intercessione di Maria Immacolata, Patrona degli Stati Uniti”.