Le esequie
«Ti penseremo come una bella stella alpina, fiorita su queste nostre rocce dopo un lungo inverno.
Mandi Eluana, resta in Dio». Don Tarcisio Puntel, classe 1948, nato e cresciuto a Paluzza, il prete che ieri ha celebrato il funerale della giovane, nella piccola chiesa di San Daniele, ha sempre vissuto con la sua gente. Nel bene e nel male ne condivide mentalità caparbia e umanità. «Sono come una miniera, i carnici – ama ripetere – devi scavare, ma poi trovi l’oro». Fino all’ultimo, per dire, non ha voluto confermare neanche sotto tortura l’ora del rito funebre, fedele alle richieste di Armando Englaro che voleva per la nipote una cerimonia raccolta.
Don Tarcisio ha imparato a camminare su queste alpi freddissime, da bambino aiutava la mamma contadina e il papà boscaiolo a fare erba per gli animali sugli alpeggi, poi la trasportava sulla testa fin giù in paese. Le ha battute palmo a palmo, ha condiviso la povertà quando sull’altopiano non si lavorava e gli uomini migravano, lasciando vuoti enormi. Solo in Brasile sono oltre quattromila i discendenti di chi ha lasciato questo borgo tra le Alpi carniche per cercar fortuna in Sudamerica. Don Puntel va periodicamente in Brasile per riunirli. Anche lui voleva partire, come missionario. Ma il direttore spirituale, nel 1972, prima dell’ordinazione, gli disse che invece doveva restare in missione sulle sue montagne. Con lo spirito di “parroco dei boschi”, come si definisce, ieri ha scelto le parole toccanti dell’omelia nella piccola pieve accanto al cimitero.
Ha toccato con pacatezza la vicenda che ha scosso e diviso l’Italia. «Abbiamo tutti parlato di lei, ciascuno pensando di avere la risposta giusta in tasca. Ma oggi dobbiamo abbassare la voce e chiedere a Dio che ci illumini e ci aiuti a camminare insieme in mezzo a ostacoli e dubbi. Le polemiche sono passate, oggi resta il silenzio. Ognuno deve porsi davanti alla propria coscienza e spero che sia una coscienza educata e rispettosa ». Don Tarcisio conosce gli Englaro e la loro storia sofferta. Anche loro sono dovuti migrare. Due fratelli di Beppino ad esempio vivono ancora in Lussemburgo. Armando, il fratello rimasto in paese, dove ha aperto un’attività, è quello che ha chiesto per la nipote il funerale religioso. L’uomo, la moglie e i figli sono credenti. Memore di un dialogo umano avviato tempo fa con il padre di Eluana e proseguito durante il trasferimento della ragazza alla “Quiete”, ha lasciato aperta la porta perché in questo momento delicato è il parroco il legame tra la famiglia e la Chiesa.
«Volevo ringraziare la famiglia di Eluana – ha sussurrato nell’omelia – perché ha rispettato anche la mia visione, che non sempre ha combaciato con la loro. Esprimo i più sinceri sentimenti di vicinanza, con il desiderio ardente di poter continuare con loro il dialogo che è iniziato. La Chiesa non si è sentita estranea a questa lunga sofferenza. Penso a quelle persone stupende che sono le suore di Lecco che l’hanno curata con amore. O a tutti quelli che hanno pregato per lei e per voi. E la preghiera è sempre a beneficio di qualcuno, non è mai contro qualcuno. E penso a chi, per tutto questo tempo, ha provato un sentimento di amore per Eluana, nonostante non la conoscesse. L’arcivescovo di Udine mi ha incaricato di dirvi che sempre vi ha sentito vicini e che Eluana si merita una grande manifestazione di affetto».
Ancora, li ha rassicurati sulla vicinanza della comunità. Non lo dice, ma anche il “suo” paese è lacerato. Non bisogna credere alle telecamere che raccontano di una solidarietà a senso unico con il padre.
Ma ora è il tempo della pace, della pietà e dell’ultimo saluto a una donna che, da bambina, amava queste montagne.