Oltre trecentocinquanta le vittime dei bombardamenti sulla Striscia di Gaza
Si moltiplicano le iniziative internazionali per trovare una via d’uscita alla guerra a Gaza. Mentre Israele annuncia una “guerra a oltranza”, se i razzi di Hamas continueranno a bersagliare il territorio dello Stato ebraico, tutti gli occhi del mondo sono puntati su Parigi, dove oggi è in programma un vertice straordinario della diplomazia europea. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, è tornato a chiedere a entrambe le parti la cessazione delle ostilità. Egitto e Autorità palestinese hanno sollecitato il Consiglio di sicurezza dell’Onu a intervenire per la fine immediata degli “inaccettabili attacchi”.
A quattro giorni dall’inizio dei bombardamenti aerei un portavoce di Tsahal ha dichiarato oggi che “le forze di terra sono pronte”. Gli ultimi bilanci parlano di oltre 360 vittime e circa 1.700 feriti tra la popolazione palestinese. Ehud Olmert è stato chiaro: l’operazione durerà ancora a lungo; i raid sono solo “il primo capitolo di una serie di fasi approvate dal Gabinetto di sicurezza”.
Abu Mazen, presidente dell’Autorità palestinese, ha convocato a Ramallah tutte le fazioni palestinesi. “Devo fermare lo spargimento di sangue – ha detto Abu Mazen – non è il momento di parlare di divisioni”. Il presidente dell’Ap ha avuto anche un colloquio telefonico con Sarkozy durante il quale è stato fatto il punto della situazione degli aiuti umanitari a Gaza.
Per sventare una pericolosa escalation delle violenze il presidente di turno dell’Unione europea, il capo di Stato francese, Nicolas Sarkozy, che ieri ha parlato con il presidente egiziano, Hosni Mubarak, ha convocato un vertice straordinario dei ministri degli Esteri dei Ventisette. L’incontro sarà presieduto dal capo del Quai d’Orsay, Bernard Kouchner, e dovrebbe vedere la presenza anche di Javier Solana, l’alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue. Secondo fonti diplomatiche, Bruxelles sta valutando una serie di opzioni, tra cui anche l’ipotesi di riaprire la missione a Rafah. La Commissione europea ha diramato oggi un comunicato nel quale si esprime “profonda preoccupazione per la situazione a Gaza” e si chiede l’immediata fine delle ostilità.
Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha avuto contatti con il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon e con diversi capi di Stato e di Governo, tra cui il premier israeliano, Ehud Olmert, quello libanese Fouad Siniora, l’alto rappresentante Ue Javier Solana e i ministri degli Esteri di Francia, Gran Bretagna, Egitto, Arabia Saudita, Turchia e dello Stato di Israele.
Anche il mondo arabo si mobilita per spegnere l’incendio di Gaza. Il primo ministro turco, Recep Tayyp Erdogan, inizierà domani un tour in Siria, Giordania, Arabia Saudita ed Egitto, per cercare di avviare un dialogo di ampio respiro. “Avrò colloqui su quanto può essere fatto per riportare pace e stabilità in questa area”, ha spiegato un portavoce di Ankara. Ma non sarà facile: il segretario generale della Lega araba, Amr Moussa, ha definito ieri “insufficiente” il comunicato del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sull’operazione militare israeliana e ha criticato “il silenzio americano e di alcune parti occidentali”. Moussa sostiene anche che “c’è una tendenza di alcuni Paesi a credere alle menzogne che danno un’immagine niente affatto reale della situazione nei Territori”. Le dichiarazioni dello Stato ebraico “sono sbagliate e mancano di precisione – ha detto Moussa – e non giustificano i massacri e le uccisioni di civili”.
Minacce di nuove ostilità arrivano dal Libano. Esprimendo soddisfazione per le manifestazioni in sostegno ai palestinesi della Striscia avvenute ieri al Cairo, Amman e Beirut, il leader del movimento sciita Hezbollah, Hassan Nasrallah, si è rivolto “ai popoli arabi e musulmani”, esortandoli “a continuare la mobilitazione a tutti livelli, sottolineo a tutti i livelli”, e a esser “pronti a eseguire ogni tipo di decisione”. Nasrallah ha dichiarato che i suoi combattenti sono allertati per fronteggiare una possibile “nuova aggressione del nemico israeliano”.