Pietro e il mondo
L’ attesa per questo primo viaggio di Benedetto XVI negli Stati Uniti è stata ed è grande. Un’attesa che ha coinvolto i cattolici americani, la società, il mondo politico e culturale, e anche il mondo diplomatico raccolto nel Palazzo di Vetro di New York, dove venerdì il Pontefice terrà un atteso discorso. E proprio su questo importante appuntamento Avvenire ha
posto alcune domande all’arcivescovo Celestino Migliore che dal 2003 ricopre l’incarico di Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, in pratica, quello di ambasciatore del Papa al Palazzo di vetro.
Eccellenza, c’è attesa per la visita del Papa al Palazzo di Vetro? C’è solo attesa o anche timore per quello che potrà dire?
L’attesa è viva e grande. C’è la voglia di vedere di persona questo Papa, di sentirlo e di poter misurare personalmente la grande statura spirituale, intellettuale, umana di Benedetto XVI che traspira dai contatti mediatici e televisivi. Da tempo, diplomatici, funzionari, giornalisti mi chiedono di che parlerà il Papa. Non colgo tanto il timore quanto la viva speranza che tratti dell’infinità di crisi ed emergenze, da quella ambientale, al Darfur o al Tibet. Dico che in così poco tempo non potrà menzionare così tante crisi, tutte urgenti e dolorose, ma questa attesa prova che la parola del Papa conta ed allo stesso tempo che verrà accolto nella sua vera veste di autorità morale.
Qual è la percezione che il mondo diplomatico del Palazzo di vetro ha della Chiesa cattolica in generale e di questo Papa in particolare?
Le menti più attente apprezzano Papa Benedetto XVI che fin dall’inizio del suo Pontificato ha saputo cogliere ed esprimere quella che è la crisi del secolo XXI, il rapporto federagione, e si adopera senza sosta per creare una coscienza su questo punto e trovare insieme delle soluzioni ai riverberi che questa crisi ha sulla coesistenza pacifica internazionale, sulla visione e implementazione dei diritti umani, sulla conduzione della politica e della vita sociale in ogni nazione. La Chiesa è tenuta in considerazione soprattutto per il suo contributo a mantenere vive e alimentare spiritualità e trascendenza, senza le quali la società si sfalderebbe. Inoltre, il suo messaggio improntato alla fratellanza universale, alla riconciliazione, alla prossimità con l’uomo e la natura ne fa un alleato naturale nel dialogo e nella cooperazione per lo sviluppo. Agenzie, fondi e programmi Onu che operano nei campi dell’educazione, dello sviluppo, dell’assistenza umanitaria, del mantenimento della pace e della promozione dei diritti umani, mantengono rapporti di collaborazione con le Chiese locali presenti anche negli angoli più remoti della terra.
Negli ultimi anni non sono mancate iniziative per estromettere o ridurre la portata della presenza della Santa Sede nell’Onu. Teme che ci possano essere delle proteste per questa visita?
Le proteste nei dintorni dell’Onu sono all’ordine del giorno. Si protesta per cause pressanti e per questioni di poca importanza, ma si protesta: se no che palazzo di vetro sarebbe questo? Dunque, non ci si stupisce. Piuttosto, la questione è stata risolta nel 2004 quando i Paesi membri, allora 191, adottarono per acclamazione la Risoluzione 58/314 che definisce e sanziona lo statuto di Osservatore Permanente riconosciuto alla Santa Sede, stato non membro.
Il Papa verrà in occasione di 60 anni della carta dei diritti dell’uomo. Oggi non sembra che ci sia unanimità nel modo di concepire questi diritti. È possibile ritrovare quella regola d’oro di cui ha parlato il Papa nel suo messaggio tv ai cattolici e al popolo americano lanciato l’8 aprile?
La Chiesa ha su questo punto un’esperienza preziosa da condividere con la società mondiale. Come il Concilio Vaticano II ebbe una feconda ricezione laddove la transizione verso il nuovo si venne innestando sul rinnovamento biblico, liturgico e spirituale, che rivitalizzava lo spirito delle origini, così oggi non abbiamo bisogno di riscrivere la Carta dei diritti dell’uomo, ma di ricuperarne lo spirito fondante, la filosofia sottesa che riconosceva uguale dignità umana ad ogni persona e gruppo sociale. Nell’offrire il proprio contributo i cristiani hanno ben presente che il nodo della frammentazione e dispersione culturale esplose a Babele si è sciolto nella Pentecoste.
Quali sono i temi e le questioni più importanti che l’Onu affronta o dovrebbe affrontare. La pace e lo sviluppo dei popoli? Il terrorismo? O le grandi questioni bioetiche?
Per statuto l’Onu si prefigge di assicurare la pace e la cooperazione al benessere delle genti. Questi due grandi temi assumono sfumature e accenti diversi a seconda delle contingenze. Attualmente prevalgono le preoccupazioni per la sicurezza, minacciata a tutti i livelli dalle emergenze terrorismo, proliferazione nucleare, degrado ambientale, crisi alimentare, tensioni tra popoli di diversa cultura e religione, potenziali derive della biotecnica. L’anno scorso, il Segretario generale ha focalizzato il dibattito e la ricerca del consenso sui cambiamenti climatici; quest’anno sull’attenzione al bottom billion, cioè a quel miliardo di persone che rischiano di rimanere tagliate fuori dai processi dell’economia globale.
La questione della libertà religiosa come viene affrontata?
Nonostante le belle dichiarazioni, spesso intese a indorare l’immagine e darsi buona coscienza, la libertà religiosa rimane in alcune parti del mondo la cenerentola dei diritti dell’uomo. Negli ultimi quattro/cinque anni nell’ambito dell’Onu si è sviluppato un grande interesse attorno alle religioni. Non sembrano però esistere una vera ipotesi di lavoro ed una strategia per canalizzare in modo fecondo questo interesse. Il contributo che la delegazione della Santa Sede all’Onu si propone di dare va piuttosto nel senso di focalizzare il dibattito su tutti gli aspetti della libertà di religione che coinvolgono governi, società civile, religioni e anche coloro che ritengono la religione un problema ed un ostacolo alla pace e allo sviluppo.
Dal punto di vista mediatico ha avuto molto risalto il battesimo che il Papa ha amministrato ad un celebre giornalista musulmano la notte di Pasqua. Ci sono state ripercussioni nella sua missione in conseguenza di questo fatto?
La questione è stata commentata e dibattuta, come sempre, alla luce della filosofia che ispira questa Organizzazione, quella dei diritti umani. Ora, la libertà di conversione è uno dei diritti fondamentali di ogni persona umana.
Il Papa oltre al discorso incontrerà anche lo staff e il personale del Palazzo di Vetro. Lei, immagino, svolge anche un po’ il ruolo di cappellano di questa particolare comunità. Cosa può dirci a riguardo?
Nelle tre precedenti visite all’Onu i Papi hanno sempre dedicato un incontro specifico al personale dell’Istituzione. Benedetto XVI gli riserverà una accresciuta attenzione: ci sarà un incontro ufficiale, questa volta nell’aula dell’Assemblea generale così da offrire al maggior numero possibile la possibilità di parteciparvi. In seguito, un migliaio di funzionari ed impiegati potrà incontrare e salutare il Papa da vicino, mentre egli percorrerà a piedi un lungo corridoio per raccogliersi in preghiera nella meditation room.
I mass media come stanno trattando la venuta del Papa?
Nell’insieme, direi bene. Ieri una giornalista mi diceva che nei corridoi si coglie la Popefrenzy, un fervore da visita del Papa: circa 2000 giornalisti e corrispondenti si sono accreditati e si stanno documentando, vogliono parlare con persone che conoscono il Papa, il suo pensiero, la sua attività, desiderano anticipare i temi sui quali egli parlerà nell’Assemblea generale. Mi pare, poi, che la stampa ed i media contribuiscano ad alimentare il senso di aspettativa che nutrono gli americani, desiderosi di rendersi conto in prima persona della statura spirituale e intellettuale e della leadership di Benedetto XVI.
Quando sarà a New York il Papa risiederà nella casa del suo Osservatore permanente all’Onu. È previsto qualcosa per festeggiare il terzo anniversario della sua elezione il 19 aprile?
È lo stesso Santo Padre a fare un grande regalo a tutti noi. Quella sera desidera avere lo staff della nostra rappresentanza attorno al tavolo con lui. Prepareremo anche un breve intrattenimento musicale e non mancheranno gli auguri e i fiori offerti dai bambini di alcuni nostri collaboratori.
L’arcivescovo Celestino Migliore: «Fin dall’inizio del Pontificato ha saputo cogliere quella che è la crisi del XXI secolo, cioè il rapporto fede-ragione. Il suo messaggio ne fa un alleato naturale nel dialogo e nella cooperazione allo sviluppo»