Rosmini diventa beato. La Chiesa di Novara in festa
“La voce del Rosmini – ha affermato nell’omelia il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi – è un’eco moderna di quella dei grandi Padri della Chiesa a cui può essere tranquillamente affiancato, per l’acutezza e la vastità degli interessi speculativi, ben sposati con l’ardore evangelico dei pastori d’anime…”. “In Antonio Rosmini – ha continuato – si trova il filosofo, il pedagogo, il teorico della politica, l’apostolo della fede, il profeta, il gigante della cultura… La Chiesa oggi proclama beato questo sacerdote perché ha riconosciuto nella sua operosa esistenza i segni della virtù, che egli praticò in modo eroico… Nel novello Beato si riscontra un costante filo unificatore fra il suo pensare, il suo credere e il vissuto quotidiano. Ne risulta una testimonianza di vita all’insegna di codesta unità che è ascesi, mistica, santità”. “L’abate Rosmini – ha affermato ancora il cardinale José Saraiva Martins – visse una vita teologale, in cui la fede implicava la speranza e la carità, con quel dialogo di amore confidente nella Provvidenza, tale da portarlo a non intraprendere nulla, nel grande e nel piccolo `se non vi siamo come tirati dalla Provvidenza’”. Martins ha anche ricordato un passo dell’Enciclica “Fides et Ratio” di
Grande attenzione alle parole del cardinale da parte dei fedeli giunti dalle diocesi di Novara e Trento, da Roma e dalle altre località in cui sono presenti i padri rosminiani: in Piemonte sono arrivati in tutto 150 pullman. Fra le altre autorità presenti, anche la presidente della regione Piemonte, Mercedes Bresso, i prefetti e i presidenti delle Province di Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Trento, oltre ai sindaci di Novara, Domodossola, Stresa, Verbania, Borgomanero, Trento e Rovereto. La Chiesa ha innalzato così agli onori degli altari una delle figure più complesse della sua storia. Eccone un nostro profilo…
“A questa questione io mi rispondevo, che il meditare sui mali della Chiesa, anche a un laico non poteva essere riprovevole, ove a ciò fare sia mosso dal vivo zelo del bene di essa, e della gloria di Dio; e parvermi, esaminando me stesso, per quanto uomo si può assicurare di sé, che non d’altro fonte procedessero tutte le mie meditazioni”: in questo modo Antonio Rosmini inizia le sue ‘riflessioni’ sulle ‘cinque piaghe della Santa Chiesa. Antonio Rosmini nacque a Rovereto (Trento) il 24 marzo 1797 da Pier Modesto, patrizio del Sacro Romano Impero e da Giovanna dei Conti Formenti di Biascesa sul Garda; trascorse la fanciullezza in un ambiente impregnato di virtù patriarcali e religiosità, governato dalla madre, donna intelligente e amorosa che seppe imprimere nel fanciullo quei semi di bontà e religiosità, che più tardi daranno frutto di autentico umanesimo cristiano. Grande e complessa figura del cattolicesimo dell’Ottocento, che solo recentemente è stato riscoperto e rivalutato dalla Chiesa, che ha autorizzato l’apertura della causa di beatificazione nel febbraio 1994.
Spirito straordinariamente ricco di doti, di tendenze universali, d’ingegno vigorosissimo, impostò la sua vita e il suo agire su un principio ascetico: da parte sua vorrà soltanto attendere alla purificazione dell’anima dal male e all’acquisto dell’amore o carità di Dio e del prossimo, in cui consiste
Nel 1821, giovane sacerdote, gli viene da s. Maddalena di Canossa l’invito a dar vita ad un Istituto religioso, ma egli non si sente pronto e solo nel
Già dal 1823 egli però era nel mirino dell’Austria che lo tenne sotto censura e sospetto, che lo accompagneranno per tutta la vita, perché a Rovereto pronunciando un discorso per il defunto papa Pio VII (1800-1823), dichiarò il suo amore per l’Italia; per gli austriaci non era altro che un infido ‘carbonaro’. Nel 1830 pubblicò la sua prima grande opera filosofica “Nuovo saggio sull’origine delle idee”; mentre i confratelli crescono di numero guidati personalmente da Antonio Rosmini, egli nel 1832 dà inizio alla Congregazione delle ‘Suore della Provvidenza’ con le stesse basi ascetiche dell’Istituto della Carità; essi vengono richiesti ormai da molte scuole, iniziando così l’opera dei “maestri” e “maestre” rosminiane. Viene nominato anche parroco a Rovereto, aprendo una Casa anche a Trento, ma per l’aperta ostilità del governo austriaco verso di lui, si dovranno interrompere nel 1835, rendendo necessario lo spostarsi a Milano di Rosmini per allentare
Nel 1838 papa Gregorio XVI approva le Congregazioni nominando Antonio Rosmini come Superiore Generale, mentre continuava la sua opera di scrittore fecondo, con un fascino del pensatore, che tendeva a conciliare il pensiero tradizionale con le conquiste del pensiero moderno. Nel 1839 pubblica “Nuovo saggio” e il “Trattato della coscienza morale”, fondamenti del suo pensiero filosofico e cioè l’affermazione che l’intelligenza è illuminata dalla luce dell’essere – o essere ideale – che è la luce della verità, per cui vi è nell’uomo qualcosa di “divino”. Cominciarono per lui le prime contestazioni degli avversari al suo pensiero, che accusavano le sue dottrine come contrarie alla fede e alla morale. La polemica dopo un suo personale intervento, proseguì con la difesa da parte dei suoi amici e discepoli; dovette intervenire il papa stesso imponendo il silenzio a Rosmini ed al Superiore dei Gesuiti, suo contraddittore. Il Manzoni che da laico lo difendeva disse di lui: “una delle cinque o sei più grandi intelligenze, che l’umanità aveva prodotto a distanza di secoli”. Con l’ostilità sempre presente dell’Austria, però si crea un clima sfavorevole per lui, tanto più che poco prima era stato pubblicato il suo libro “Delle cinque piaghe della santa Chiesa”, grande esposizione in veste e pensiero sacerdotale e frutto di un ardente amore per la Chiesa, sui pericoli che minacciavano l’unità e la libertà della Chiesa e con coraggio denuncia queste ‘piaghe’ e ne indica i rimedi; ma il libro allora venne letto con ben altra visuale.
Il governo borbonico di Napoli, non lo vuole sulle sue terre, le udienze al papa gli vengono ostacolate, il papa stesso preoccupato per le ombre che si addensano sulle sue dottrine, nel 1849 lo esorta per iscritto a “riflettere, modificare, correggere o ritrattare le opere stampate”. Ad ogni modo nonostante la sua disponibilità a ‘correggere’, due suoi libri vennero messi all’Indice nel giugno 1849 con suo grande dolore. In quell’oscuro periodo, al seguito del papa a Napoli, scrisse l’ “Introduzione del Vangelo secondo Giovanni commentata”, pagine di alta teologia spirituale e di indubbia testimonianza di intima esperienza mistica. In quella situazione di dubbio dottrinario e con due libri condannati, non poteva stare più vicino al papa, che lo lasciò libero di rientrare a Stresa nel 1849, per raggiungere i suoi confratelli, Rosmini ubbidì, sempre più convinto che era tutta opera della Provvidenza. Nel suo ritiro di Stresa, continuò a guidare le due Congregazioni e scrivendo la sua opera più alta
L’esame svoltosi presso la Congregazione dell’Indice finì nel 1854, alla seduta finale partecipò lo stesso papa, che dopo la sentenza definitiva di assoluzione, esclamò: “Sia lodato Iddio, che manda di quando in quando di questi uomini per il bene della Chiesa”. Morì il 1° luglio