Sempre più drammatica la situazione nel Nord Kivu
Nel Kivu sta avvenendo un “genocidio silenzioso nel lassismo” della comunità internazionale. La denuncia viene dai vescovi della Repubblica Democratica del Congo, in un documento diffuso a margine della sessione straordinaria del Comitato permanente della Conferenza episcopale del Congo (Cenco), svoltasi a Kinshasa dal 10 al 13 novembre.
“È passato appena un mese da quando la nostra Conferenza episcopale nazionale del Congo, ha diffuso una dichiarazione sulla ripresa delle ostilità nell’est e nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo. Malgrado i nostri appelli accorati sia ai governanti che alla comunità internazionale, ahinoi!, la situazione in questa parte del nostro Paese non ha fatto che peggiorare. Sta raggiungendo proporzioni insopportabili molto inquietanti – si legge nel documento dei vescovi – e capaci di destabilizzare tutta la sotto-regione se non vi si pone riparo”.
“Condanniamo con veemenza questa maniera ignobile di considerare la guerra come un mezzo per risolvere i problemi e accedere al potere. Denunciamo tutti i crimini commessi contro cittadini innocenti – scrivono i vescovi – e disapproviamo nel modo più assoluto ogni aggressione del territorio nazionale. Biasimiamo il lassismo con cui la comunità internazionale tratta il problema dell’aggressione di cui è vittima il nostro Paese”.
L’episcopato congolese sottolinea ancora una volta che si tratta di un vero dramma umanitario che somiglia a un genocidio silenzioso.
“I massacri gratuiti e su grande scala delle popolazioni civili, lo sterminio mirato dei giovani, gli stupri sistematici perpetrati come arma di guerra: di nuovo una crudeltà di eccezionale virulenza si scatena contro le popolazioni locali che non hanno mai chiesto altra cosa che una vita tranquilla e dignitosa nelle loro terre. Chi avrebbe interesse a un simile dramma?”.
Tutto ciò – afferma l’episcopato congolese – “sotto gli occhi impassibili di coloro che hanno ricevuto il mandato di mantenere la pace e proteggere la popolazione civile. I nostri stessi governanti si dimostrano impotenti di fronte alla portata della situazione dando l’impressione di non essere all’altezza delle sfide della pace, della difesa della popolazione congolese e dell’integrità del territorio nazionale. L’intera classe politica non sembra prendere la misura della sua responsabilità di fronte a questo dramma che rischia di ipotecare il futuro della nazione”.
I vescovi chiedono “l’immediata cessazione delle ostilità e la garanzia delle condizioni di sicurezza per il ritorno degli sfollati alle loro terre, un aumento dell’aiuto umanitario, mentre si appellano al governo e alla comunità internazionale per porre fine alle violenze.
“È evidente – prosegue il messaggio dell’episcopato – che le risorse naturali del Congo alimentano l’avidità di certe potenze e non sono estranee alla violenza che si impone alla popolazione. Infatti, tutti i conflitti si sviluppano nei corridoi economici e attorno ai giacimenti minerari. Come comprendere che i diversi accordi sono violati senza alcuna pressione efficace per convincere i firmatari a rispettarli? Le diverse riunioni e conferenze per risolvere questa crisi non hanno ancora affrontato le questioni di fondo e non hanno fatto che rinviare e deludere le aspirazioni legittime alla pace e alla giustizia del nostro popolo. Inoltre, il piano di “balcanizzazione” che non smettiamo di denunciare è portato avanti da intermediari. Si ha l’impressione di una grande complicità che non svela il suo nome. La grandezza del Congo e le sue numerose ricchezze non devono servire da pretesto per farne una giungla. Chiediamo al popolo congolese – proseguono i vescovi – di non cedere a qualsiasi velleità di “balcanizzazione” del suo territorio naturale. Gli chiediamo di non sottoscrivere mai una messa in questione delle sue frontiere stabilite al livello internazionale e riconosciute dopo la conferenza di Berlino e gli ulteriori accordi.
Inoltre, i vescovi invitano tutta la popolazione congolese a un risveglio nazionale per vivere come fratelli e sorelle, nella solidarietà e la coesione nazionale, affinché il Congo non cada nella violenza e nelle divisioni. Esortano il governo congolese a fare di tutto per ristabilire la pace su tutto il territorio nazionale. “È il sacro dovere dei nostri governanti – recita il documento – esercitare le loro funzioni sovrane per proteggere la popolazione e garantire la sicurezza delle frontiere. Nessuno ignora che l’assenza di un esercito repubblicano pregiudica la pace nel Paese”.
Infine, solidale con la sofferenza del suo popolo, la Chiesa-famiglia di Dio nel Congo si impegna ad accompagnare i suoi figli e le sue figlie provate per condurli sulla strada della riconciliazione e della pace. Esprime la sua riconoscenza a Papa Benedetto XVI per la sua attenzione al dramma del Congo, i suoi ripetuti appelli a tutti per una soluzione pacifica e per l’aiuto finanziario che egli stesso ha dato per dare sollievo alle popolazioni sfollate. Possa il Signore, che ha vegliato per ore nel giardino del Getsemani e che ha sentito come se fossero state fatte a lui stesso le sofferenze inflitte e imposte ai membri del suo gregge, vegliare con noi e sostenerci di fronte al dramma che conosce il nostro Paese. Che la Santissima Vergine Maria, Regina della pace, ottenga la pace per la nostra cara patria”.