Twal: «Papa in Terra Santa una benedizione per tutti»
«Sarà una benedizione per tutti, cristiani, musulmani ed ebrei». Non ha dubbi monsignor Fouad Twal, patriarca della Chiesa latina di Gerusalemme.
Invece che soffermarsi sulle difficoltà e sui rischi connessi alla visita che Benedetto XVI inizierà l’8 maggio in Terra Santa preferisce andare all’essenziale, cui guarda con grande fiducia e serenità. 68 anni, figura massiccia e imponente, da meno di un anno si trova a capo della comunità cristiana che è la madre di tutte le Chiese, la diocesi di Gerusalemme.
Nativo della Giordania non nasconde la sua profonda soddisfazione per il fatto che il Papa inizierà il suo pellegrinaggio proprio da da questo Paese. Ed in quest’intervista al nostro giornale racconta le attese e le speranze che si concentrano su questo viaggio.
Alla vigilia del suo pellegrinaggio in Terra Santa Benedetto XVI chiesto ai fedeli una speciale preghiera per il popolo palestinese dicendosi vicino alle sue sofferenze. Sarà l’aspetto predominante della visita?
Certamente questo è uno dei motivi principali che espliciterà nei discorsi ed anche coi gesti. Il Papa si china su tutti i sofferenti: andrà a Yad Vashem, il memoriale della Shoah, per rendere omaggio al popolo ebraico, così come si recherà al campo profughi di Aida, a Betlemme, dove da decenni vivono i rifugiati palestinesi. Ricorderà le ferite del passato e quelle del presente che devono ancora essere guarite.
Cosa si aspettano i cristiani di Terra Santa dalla visita del Papa?
Si aspettano parole chiare e forti per vivere la propria fede in un contesto molto difficile. Hanno bisogno di essere incoraggiati, di vedere e di sentire che il Santo Padre è venuto soprattutto per loro. E credo che questo loro desiderio sia più che legittimo. Il pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa è al tempo stesso una visita pastorale alla nostra comunità. Questo è il senso essenziale della sua visita. Senza dimenticare ovviamente gli altri aspetti, a cominciare dall’impulso che darà al dialogo inter-religioso. Ed inevitabilmente avrà anche un significato politico, perché viene ad invocare pace e riconciliazione in un terra di grandi tensioni e d’interminabili conflitti.
Vede grandi differenze rispetto al viaggio compiuto in Terra Santa da Giovanni Paolo II nel 2000?
A mio avviso il confronto non va fatto tra le due visite ma tra la situazione di allora e quella attuale. Se a quel tempo c’era una grande speranza oggi invece domina la delusione. La gente è molto stanca, non ce la fa più. Ha visto passare sulla propria testa iniziative di pace, road map, Annapolis, ma nella realtà nulla è cambiato.
L’attenzione dei mass- media a questo viaggio è puntata soprattutto su Israele e palestinesi. Ma la prima tappa sarà la Giordania dove il Papa si fermerà ben tre giorni. Qual è il significato di questa visita?
Come i suoi predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II anche Benedetto XVI inizia il suo pellegrinaggio apostolico dalla Giordania dove si trovano tanti luoghi della storia sacra che il Papa visiterà. Inoltre in Giordania si trova la comunità cristiana più consistente della Terra Santa anche perché ai fedeli locali si sono aggiunti via via tanti profughi, dapprima palestinesi e recentemente anche iracheni. Sarà l’occasione per allargare lo sguardo ai cristiani di tutto il Medio Oriente che saranno rappresentati al più alto livello da quattro patriarchi.
Nel corso della sua visita il Papa farà qualche accenno a Gaza, sempre dominata da Hamas e recentemente stremata da una guerra sanguinosa?
Qualcuno aveva espresso il desiderio che Benedetto XVI si recasse a Gaza ma non è stato possibile. Ed allora, se il Papa non ci può andare, saranno quei di Gaza a venire da lui. Abbiamo chiesto i permessi per 250 persone, cattolici ma anche ortodossi e musulmani, in quanto la nostra comunità di fedeli a Gaza non supera le 300 persone. Non sappiamo ancora quanti permessi saranno rilasciati dalle autorità israeliane. Speriamo in bene. E’ previsto che Benedetto XVI li incontri a Betlemme, nel palazzo presidenziale dell’Autorità palestinese.
Ci sono polemiche sulla visita del Papa al campo profughi di Aida. I palestinesi avrebbero voluto che l’incontro si svolgesse a ridosso del muro costruito attorno a Betlemme ma invece, per imposizione delle autorità israeliane, si terrà nella scuola dell’Onu…
No, no. Le cose non stanno in questo modo. Fin dall’inizio era previsto che l’incontro si tenesse nella scuola. Poi, presi dall’entusiasmo, alcuni rappresentanti dei rifugiati hanno pensato di costruire un grande palco per il Papa a ridosso del muro. Ma tutto questo non cambia il messaggio che il Papa rivolgerà ai profughi palestinesi.
Non teme le strumentalizzazioni politiche che verranno fatte dei gesti e delle parole del Santo Padre?
Vede, questa visita di Benedetto XVI in Terra Santa è come una bella torta di cui tutti non solo vogliono avere una fetta ma pretendono che la loro sia la porzione più grande. Ciascuno ha la propria sensibilità, il proprio punto di vista che spesso è in netto contrasto con quello degli altri. Sono sicuro che il Papa saprà trovare le parole giuste, senza offendere nessuno ma invitando tutti a guardare più in alto.