Una nuova coscienza dei diritti umani
Un richiamo alla comune responsabilità delle Chiese e dei credenti
Due gli obiettivi dichiarati della visita di Benedetto XVI negli Stati Uniti d’America e il Papa li ha evidenziati non appena l’aereo è decollato da Roma, nel consueto momento d’incontro con i giornalisti al seguito. Il primo è di natura religiosa, pastorale ed ecumenica. Lo porterà a prendere contatto con la dimensione cattolica americana e a incontrare i responsabili di altre chiese e confessioni cristiane e i rappresentanti di altre religioni per riflettere insieme nell’ottica “di quella comune responsabilità” che proprio le religioni hanno nella costruzione della pace nel mondo.
Il secondo obiettivo, ha ricordato ai giornalisti, è la celebrazione del sessantesimo anniversario della Dichiarazione dei Diritti umani, nel Palazzo delle Nazioni Unite. In questa dichiarazione “sono confluite diverse tradizioni culturali, soprattutto un’antropologia che riconosce nell’uomo un soggetto di diritto precedente a tutte le istituzioni”. Si tratta dunque di diritti umani fondamentali “che esprimono valori non negoziabili che precedono tutte le istituzioni” e ne costituiscono il fondamento perché si tratta di valori “iscritti nello stesso essere uomo”. E le Nazioni Unite, se vogliono continuare a svolgere veramente la loro funzione pacificatrice, ha aggiunto il Papa, devono riscoprire il loro fondamento in quei “comuni valori che poi si esprimono in diritti” che tutti devono osservare. Confermare questa concezione “fondamentale e fondante” e aggiornarla per quanto possibile “è un obiettivo – ha aggiunto Benedetto XVI – della mia missione”. Le domande dei giornalisti hanno poi spaziato su altri argomenti. Gli è stato chiesto di esprimersi sullo scandalo degli abusi sessuali che ha sconvolto la Chiesa americana nel recente passato. Benedetto XVI ha risposto con chiarezza usando parole forti, quali “vergogna”, di sofferenza personale, di incredulità di fronte ai casi di preti coinvolti. Ma poi ha illustrato un piano di decisi interventi, quali “ispezione nei seminari”, “esclusione dal sacramento del sacerdozio”, maggiore “severità nel discernimento” perché “è molto più importante avere buoni sacerdoti – ha detto – che averne molti”.
Sulla questione degli immigrati dall’America latina, spesso costretti a dover affrontare forme di discriminazione e di precarietà, Benedetto XVI ha mostrato di conoscere a fondo la situazione e di averla particolarmente a cuore. Ha assicurato di volerne parlare con il presidente Bush con un suggerimento: affrontare e risolvere il problema a monte, aiutando cioè i Paesi di provenienza in modo tale da evitare che le persone vadano a cercare all’estero quelle chance di sopravvivenza che non hanno in casa propria. Dal punto di vista pastorale gli immigrati di lingua spagnola costituiscono per la Chiesa negli Stati Uniti d’America una ricchezza e, al tempo stesso, una sfida. Una ricchezza, ha spiegato Benedetto XVI, perché vanno ad incrementare il numero della popolazione cattolica statunitense. Una sfida perché hanno bisogno di una cura particolare, minacciati come sono persino nelle fondamenta dell’istituto familiare, concretamente esposto al rischio di sgretolarsi. Altro argomento della conversazione con i giornalisti è stato poi il raffronto tra Stati Uniti ed Europa sul valore pubblico della religione. Il Papa, confermata la diversità della storia delle due grandi realtà, ha voluto presentarla come occasione di reciproco arricchimento. Oggi gli Stati Uniti d’America possono rappresentare il modello “di un concetto nuovo di laicità”, un modello che “io trovo affascinante” ha aggiunto il Papa. Era un popolo nuovo, ha spiegato Benedetto XVI, composto da comunità e persone fuggite dalle Chiese di Stato; voleva avere uno stato laico, secolare, che aprisse a tutte le confessioni, per tutte le forme di esercizio religioso. “Così è nato – ha concluso il Papa – uno Stato volutamente laico”, ma laico “per amore della religione nella sua autenticità, che può essere vissuta solo liberamente”