Per chi viene e per noi
«Sono venuto per dirvi grazie». Anche un bambino ieri poteva capire cosa era andato a fare il cardinale Bagnasco a Lampedusa. A nome dei vescovi, e dunque della Chiesa italiana, il primo gesto è stato dire grazie a una comunità che fa fronte all’urto di centinaia, migliaia di immigrati e profughi; fa fronte come può, e generosamente, all’emergenza in quella prima linea di Occidente che è diventata quella piccola isola, frontiera e approdo e crocevia di infiniti destini.
Il secondo gesto del cardinale che i lampedusani non dimenticheranno è stato l’andare a deporre una corona di fiori in fondo al mare, ai piedi di una Madonna, sul fondale davanti all’Isola dei Conigli: in memoria dei mille che sono morti nel tentare di raggiungere l’Europa. Uomini, donne e bambini senza nome, che hanno per tomba il mare; se non quando, arrivando i loro corpi come relitti su queste coste, li accoglie la terra del piccolo cimitero di Lampedusa.
Un dire grazie dunque, e una preghiera in memoria di quelli che non sono arrivati; gesti semplici di umanità cristiana, che ancora in buona parte del nostro Paese sono come un alfabeto elementare. Quell’alfabeto che fin da bambini insegna a riconoscere nell’ultimo il volto di Cristo; lingua tramandata ancora nel nostro Sud, e su quest’isola rocciosa, la prima Europa che gli occhi di profughi e migranti vedono dal mare.
È questa sorta di lingua antica e comune all’Occidente che Bagnasco ha evocato, come un memento, nelle ultime parole della sua omelia. La dolorosa, a volte mortale odissea che si compie verso Lampedusa, e il bisogno di chi arriva e desidera solo di lavorare onestamente, sono «un appuntamento al quale la storia chiama l’Europa per misurare se stessa, e per costruire il suo volto nel mondo».
Appuntamento con la storia. Anche questo è chiaro per la gente dell’isola, e per gli uomini delle motovedette che ogni giorno cercano e soccorrono le barche alla deriva: guardando le facce nere dei profughi del Corno d’Africa, e quelle madri incinte, o con un bambino tramortito dal sole in braccio, si vede bene che il crocevia di Lampedusa non è questione arginabile solo con misure di ordine pubblico, o immaginarie frontiere che sbarrino il Mediterraneo. Qualcosa di molto grande si presenta nei volti di chi scappa dalla guerra o dalla fame, rischiando la vita. Qualcosa di molto grande hanno negli occhi quelli che, venendo dall’Africa, avvistano la linea piatta e rocciosa di Lampedusa all’orizzonte, e ringraziano Dio con la fronte china sulla tolda, o aprendo piccoli vangeli fradici d’acqua di mare.
Quel qualcosa Bagnasco l’ha chiamato per nome, è la storia. È il presentarsi alle soglie d’Europa di gente sfiancata che domanda di vivere. Quante centinaia di altre volte nei secoli nuovi popoli si sono affacciati alle frontiere, cercando terra e cibo: la storia d’Occidente è stata fabbricata così.
Ma a questo appuntamento con la storia, dice la Chiesa italiana con Bagnasco, l’Europa non può mancare. E non solo per umanità ma per sé, per misurare se stessa e darsi un volto, all’alba del terzo millennio: quel volto che dovrà mostrare ai suoi figli, in una eredità da continuare. Il volto di un’unità, che come ha detto il cardinale è ben di più di una unificazione. Per quest’ultima bastano i trattati e le convenzioni; per l’unità ci vuole ben altro, ci vuole un’anima comune.
La storia bussa, come una domanda, a Lampedusa. La gente dell’isola accoglie, sfama, fedele alla sua memoria. L’Europa guarda altrove, in altro affaccendata, distratta. Diceva Robert Schuman, uno dei padri dell’Europa rinata dalla guerra: «L’Europa sarà cristiana, o non sarà». Profezia? L’appuntamento con la storia è anche qui, su questi scogli aspri; su questo mare in cui dormono per sempre, senza un nome, uomini, e donne, e bambini.
Rassegna Stampa
Buddisti e cristiani insieme per educare alla speranza
Nel messaggio del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso per la festa del Vesak l’invito ad attingere ai valori trascendenti delle rispettive tradizioni per “rischiarare il cammino dell’umanità e trionfare sul vuoto spirituale che causa tanto male e sofferenze”.