Saranno canonizzati i Martiri di Otranto. Mons. Negro: c’invitano a essere testimoni credibili del Vangelo
C’è grande attesa nell’arcidiocesi di Otranto per la prossima canonizzazione dei Martiri della cittadina pugliese: si tratta di Antonio Primaldo e compagni, oltre 800, uccisi in odio alla fede durante l’assedio turco della città nel 1480. Giovedì il Papa ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare i relativi Decreti. Benedetta Capelli ha intervistato mons. Donato Negro, vescovo di Otranto:
R. – Ottocento martiri che dal 1480 sono davvero punto di riferimento per la vita ecclesiale, per la vita cristiana nel nostro territorio, ma non solo, perché le loro reliquie sono a Milano, a Napoli, in Calabria, in Madagascar, un po’ dappertutto c’è questa devozione diffusa ai Martiri di Otranto.
D. – In che modo il martirio di questi 800 nuovi Santi hanno condizionato la vita e la storia della vostra diocesi?
R. – In senso molto positivo, perché intorno a loro si è dato l’orientamento per il cammino della Chiesa, anche dal punto di vista pastorale. Loro sono i testimoni della fede, e quindi questa spinta a tutta la comunità a maturare e crescere nella fede e diventare testimoni credibili del Vangelo, nell’oggi della nostra storia. E’ stato un martirio di popolo: immagini che era una cittadina di seimila abitanti, al tempo dell’assedio di Otranto: ottocentotredici uomini hanno dato la vita per la fedeltà al Vangelo. Quindi, sì, è un fatto individuale, personale ma anche come popolo di Dio, come Chiesa siamo chiamati ad essere credibili e testimoni del Vangelo. E questo è molto forte: è una spinta che davvero continuamente si rinnova, sia pure con linguaggi ed itinerari diversi. Ma l’obiettivo diventa essere davvero credenti. Quindi, la nuova evangelizzazione qui è nel sangue, nelle vene di questa Chiesa: proprio perché abbiamo coloro che hanno evangelizzato dando la vita con la testimonianza, che è il primo passo della vera evangelizzazione.
D. – Il primo martire degli 813 fu Antonio Primaldo …
R. – … Antonio Primaldo, di fronte alla richiesta di abiura, di rinnegare Gesù, fu lui – forse come il più anziano – che disse: “No. Noi crediamo in Gesù Cristo, Figlio di Dio, e siamo pronti a morire di qualsiasi morte, ma noi non lo rinneghiamo. Crediamo in Lui”. Siamo nel 1480; il 28 luglio arrivano qui per mare, il 12 entravano nella città e li uccisero in cattedrale: lo stesso Stefano Pendinelli, che era l’arcivescovo del tempo, insieme con sacerdoti e fedeli che lì si erano rifugiati. Poi, il giorno dopo, sul Colle della Minerva, furono raccolti, questi uomini, e fu chiesto loro di ripudiare la fede; ma no, essi volevano piuttosto mille volte morire che rinnegarla. Ecco: questa è una testimonianza bella. Poi, ci fu la tortura, la decapitazione, eccetera. Ma con grande forza, con fortezza d’animo, con la fede e la fiducia e l’abbandono nelle mani di Dio …
D. – Come mai le reliquie di questi nuovi Santi sono in tante parti d’Italia, e anche all’estero?
R. – Perché qui è stato luogo di continui pellegrinaggi: vengono a visitare e a venerare le reliquie dei martiri. Ma già nel 1481, alcune di queste reliquie furono portate a Napoli e poi il cardinale Schuster, a Milano, chiese reliquie per alcune chiese a Milano. Nella chiesa di San Martino c’è una reliquia dei nostri martiri.
D. – Quando Giovanni Paolo II venne ad Otranto il 5 ottobre 1980, parlando del martirio di questi 800 discepoli di Cristo, disse: “Il martirio è una grande prova. In un certo senso, è la prova definitiva e radicale”. Sono parole, oggi, di un’attualità molto forte …
R. – Molto! In un contesto di indifferenza religiosa, fece un discorso straordinario, soprattutto ai giovani. Insomma, chiese ai giovani: “Oggi, sareste disposti a ripetere in piena convinzione e consapevolezza le parole dei Beati martiri? Essere disposti a morire per Cristo – commentava – comporta l’impegno di accettare con generosità e coerenza le esigenze della vita cristiana. Ciò significa vivere per Cristo”. Insomma, qui si gioca tutto. C’è una coincidenza bella – riflettevo in questi giorni – che il miracolo accordato da Dio per l’intercessione dei martiri ad una suora – una Clarissa – è avvenuto pochi mesi prima della venuta del Papa: una guarigione inspiegabile scientificamente – con la preghiera delle suore – da un tumore maligno. Giovanni Paolo II, invece, è venuto il 5 ottobre: quasi come un filo della Provvidenza è avvenuto questo segno, e poi lui viene per venerare il martirio, venerare anche i martiri, quasi come una forma di canonizzazione. E’ stato molto, molto bello.
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