Cosa rimane di quei giorni oggi?

07 Giugno 2022

“È il tempo di una testimonianza viva e tangibile attraverso cui poter risentire quell’attrattiva antica e sempre nuova, così corrispondente all’umano e al cuore di ogni uomo, di cui è pieno il Vangelo – così come tutta la storia della Chiesa. È tempo uomini, donne, rapporti, relazioni, famiglie, comunità, compagnie, amicizie, opere e luoghi umani che testimonino il cristianesimo come avvenimento, come l’unico avvenimento capace di affermare e costruire una umanità più autentica, assolutamente più umana, esaltante e impareggiabile; che mostrino con la stessa propria vita che vive la realtà di tutti, dentro le sfide, la problematicità e il dramma del rapporto con la realtà che vivono tutti, dentro le proprie responsabilità quotidiane, a quali profondità possa portare il rapporto con Gesù; che mostrino tutta la convenienza, la pienezza, la pertinenza, l’intelligenza, la capacità di rapporto e di affronto di tutto, il guadagno e la centuplicazione umana di una vita segnata dalla fede, attratta, commossa e perdonata da Gesù e dal suo amore”. Questa affermazione di Nicolino, riportata sul depliant di invito all’Avvenimento in piazza, è ciò che abbiamo desiderato e domandato al Signore segnasse questi giorni insieme; ed è questa l’esperienza con cui lo stesso Nicolino ha nuovamente conquistato il nostro cuore a Gesù, già nel suo desiderio di porre per la prima volta questo gesto in piazza anche ad Ascoli Piceno, dove è presente una piccola comunità di Fides Vita.
Così ha nuovamente travolto la nostra vita nell’incontro di apertura – da lui stesso tenuto il 22 giugno – in condizioni metereologiche molto precarie. Questa condizione di precarietà è stato un aiuto all’umiltà e alla domanda al Signore, di istante in istante, che questo gesto fosse realmente ciò che Lui aveva stabilito per noi e non una nostra immagine.
La novità di questa prima esperienza in Ascoli, fin da subito, ci ha fatto sentire il dono di esser chiamati per nome e preferiti da Gesù, ci ha fatto sperimentare nuovamente la sua incessante iniziativa di misericordia su di noi. Più volte nei giorni precedenti l’Avvenimento in piazza, in cui tanti e diversi erano i fattori da pensare, conoscere, coordinare per edificare il luogo che ci avrebbe ospitato, ci siamo richiamati, come fa Papa Francesco, di tornare al primo amore, di rinnovare “l’esperienza del primo amore in noi”.
É stato decisivo far spazio all’amicizia così, perché ha realmente favorito che nulla fosse “acquisito”, mosso “per schema”, nel “flagello del già saputo”. Già il contesto, il luogo, era dentro una novità che chiedeva continuamente che la nostra libertà fosse nella necessità dell’Amicizia, della tensione alla comunione tra noi perché dappertutto si rinnovasse la verifica della nostra personale esperienza di fede: “…Siamo sempre noi i primi ad aver bisogno di sperimentare e vedere, dentro il quotidiano e drammatico procedere del nostro umano che vive la realtà di tutti, che non c’è nulla di più capace di abbracciare, compiere ed esaltare la vita, della presenza di Gesù; che non c’è nulla di più capace di far emergere e di rispondere pienamente al nostro più profondo bisogno, di rialzare e rigenerare la vita dalle macerie della propria miseria, di assolverla e guarirla dalle sue più intime e profonde ferite inferte dal nostro peccato, dalla presenza e dall’abbraccio di Cristo” (Nicolino Pompei, …Lui tagliò corto).
L’Avvenimento in piazza è stato il modo, il tempo e il luogo di cui il Signore si è servito per sedurci, attirarci alla Sua presenza e al continuo desiderio di fare esperienza di Lui attraverso il segno tangibile della nostra Amicizia.
Tutto, proprio tutto, è stato sostenuto dall’amicizia: il gesto missionario di invito vissuto nei giorni antecedenti all’Avvenimento in piazza, la richiesta ad amici del posto di sostenere l’iniziativa, il desiderio di rinnovare ogni luogo (dal ristoro al “punto bambini”, dalla posizione del palco al gazebo dell’accoglienza). Tutto, proprio tutto, è stato occasione (per chi lo voluto) di vivere il cristianesimo come esperienza impareggiabile di gioia, intelligenza, libertà, umanità.
L’espressione di questa esperienza è stato (giorno dopo giorno) il ragionevole entusiasmo di edificare un luogo tra la gente, proprio lì dove l’uomo vive, cammina, soffre, lavora; un luogo per tutti, un luogo per noi, sinteticamente descrittivo dell’esperienza cristiana, dell’invito antico e sempre nuovo che Gesù rivolge a ciascuno: “Vieni e vedi”!
E così, dalla convivialità del mangiare insieme a pranzo a cena, agli approfondimenti che ci sono stati proposti attraverso le visite guidate alla mostra Una Presenza eccezionale, dalla mattinata di coinvolgenti giochi di squadra per grandi e bambini, ai giochi di popolo della tradizione ascolana, dal percorso musicale, fino al dono della presenza del Vescovo D’Ercole della diocesi di Ascoli Piceno che ha celebrato la messa conclusiva dell’Avvenimento, abbiamo potuto verificare e rinnovare “…la convenienza, la pienezza, la pertinenza, l’intelligenza, la capacità di rapporto e di affronto di tutto, il guadagno e la centuplicazione umana di una vita segnata dalla fede, attratta, commossa e perdonata da Gesù e dal suo amore”.
Numerose sono le persone di Ascoli che ci hanno raggiunto, incuriosite dalla festosità del popolo presente nel quartiere della zona ex-Carbon durante le giornate dell’Avvenimento in piazza e dove diversi di noi sono stati raggiunti dalla domanda: “ma chi siete? che succede qui?”. Siamo grati della bella amicizia nata con le collaboratrici e i collaboratori della parrocchia di S. Marcello che, insieme a don Alberto Fossati (che ha mostrato una grande accoglienza e gioia per la nostra presenza lì); ciascuno di loro si è lasciato dall’interezza dell’Avvenimento in piazza in un reciproco e preziosissimo sostegno a edificare l’evento di giorno in giorno. Lo stesso popolo ascolano ha mostrato la sua accoglienza e amicizia con la presenza degli sbandieratori e musici del Sestriere di Porta Romana che si sono esibiti durante la festa conclusiva per… omaggiarci con un assaggio di quella che è la storica tradizione della Quintana ascolana!
Cosa rimane di quei giorni, oggi? Cosa ce ne facciamo, oggi? È decisivo per ciascuno permanere nell’apertura a queste domande, perché la presenza di Cristo che, senza nessun merito nostro, si è evidentemente mostrata alla nostra vita (fino ai giorni dell’Avvenimento in piazza) “vuole sempre la nostra libertà in gioco, l’uso retto e pieno della nostra ragione, tutto il nostro umano coinvolto. Vuole e si propone a tutto il nostro umano come un’esperienza che chiede di essere sempre verificata da noi e rinnovata in noi. Dio, non solo non viene ridotto o oltraggiato da questa verifica, ma è proprio per quello che vuole e chiede attraverso il mistero della sua incarnazione, dell’incarnazione di Gesù: accade come uomo, come avvenimento dentro la storia degli uomini, si propone e invita a seguirlo per «gustare e vedere» la verità di ciò che dice di sé e dell’esperienza impareggiabile della vita in Lui. Gesù vuole essere seguito e amato da uomini liberi e consapevoli, che lo seguano e lo testimonino liberamente e ragionevolmente come il Signore e Redentore. E dentro una realtà come quella di oggi (…) è più che mai urgente «rifare il cristianesimo»; cioè ricominciare a tesserlo e testimoniarlo attraverso la vita, la nostra vita, il nostro umano vivo, libero, ragionevole, credibile, presente e operativo. È più che mai urgente «giustificare» e mostrare, con tutta la visibilità del nostro umano in atto, l’esperienza di impareggiabilità, di assoluta convenienza e pienezza che la presenza di Cristo genera nella vita di un uomo: un’esperienza in nessun altro modo, altrimenti, raggiungibile e possibile” (Nicolino Pompei, …Lui tagliò corto).

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