Da come vi amerete Mi riconosceranno

Riponiamoci al cuore dell’insegnamento di Gesù ai Suoi primi Amici, attraverso questo brano della relazione tenuta da Nicolino al nostro XVI Convegno

28 Settembre 2009

duccio_luglio

Anno VII-Numero 3/2009

Lasciamoci aiutare da ciò che dice san Giovanni nella sua prima Lettera: "Carissimi, se Dio ci ha tanto amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi. Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio. Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui" (1 Gv 4,11ss.). Cosa ci dice san Giovanni: Deus caritas est, Dio è Amore. Ecco la nota affermazione giovannea. È l'Amore "che ha tanto amato il mondo" - cioè la sua creatura - da andare contro se stesso, assumendo realmente e fin nei minimi termini la carne dell'uomo nella carne del suo Figlio unigenito Gesù, solo per la felicità e la salvezza di ciascun uomo. Deus caritas est. Ma san Giovanni ci dice anche che "noi lo abbiamo riconosciuto e creduto". Cosa abbiamo riconosciuto e creduto? Abbiamo riconosciuto e creduto che Dio è Amore e all'amore di Dio per noi, riconoscendolo nella carne e nel sangue della presenza di Cristo come la sua vera rivelazione. L'Amore di Cristo è tutta la rivelazione umana di come è Dio, cioè del suo essere Amore, di come è questo suo Amore e di come ci ama. L'Amore di Cristo è tutto l'Amore di Dio per noi. Riconoscere Cristo è riconoscere questo Amore e come è questo Amore per noi.Ma noi lo abbiamo veramente riconosciuto? Cosa intende san Giovanni per riconoscere? Riconoscere non significa individuare e constatare la presenza di qualcuno o di qualcosa come mera identificazione o come ravvivamento di una persona o di una cosa già veduta. È solo uno dei generici significati proponibili. Per comprendere come lo usa san Giovanni - così come lo usiamo anche noi - ci può essere utile andare alla sua etimologia latina. Riconoscere viene da re-cognoscere, in cui il prefisso "re" non ha soltanto il valore di "nuovamente" ma ha anche semplicemente un valore intensivo. E quindi l'espressione di un conoscere intensamente, profondamente e veramente. Qui entra in gioco anche il verbo conoscere, anche perché qualcuno traduce semplicemente con "abbiamo conosciuto". E in san Giovanni, come in genere nel linguaggio biblico, la conoscenza, il conoscere non è questione legata alla sfera dell'erudizione o dell'apprendimento intellettuale, o comunque solo legata alla sfera intellettuale. Ma implica una esperienza vitale, fondamentale che chiama in gioco, in causa l'intera persona umana, l'interezza e la totalità dell'umano. Ecco allora che per san Giovanni "abbiamo riconosciuto" significa aver fatto esperienza di Lui e di questo suo Amore nella totalità, nella globalità ed intensità dell'umano che lo ha incontrato, che lo ha seguito; che è stato con Lui, ha abitato con Lui in una permanente, continua, intensa, intima e totale partecipazione dell'umano. E aver sperimentato l'eccezionalità di quella Presenza di Uomo come la sola e piena corrispondenza all'esigenza originale ed infinita del cuore. Aver riconosciuto l'eccezionalità della sua Presenza, del suo sguardo, delle sue parole e della sua energia di affezione, di esplicitazione, di recupero e di redenzione dell'umano, tanto da affidargli e attaccargli tutta la vita come libertà, ragione, cuore e affezione. Ed è nell'esperienza profonda di questo attaccamento a Lui che, nella sua Presenza, abbiamo riconosciuto tutto l'Amore di Dio per noi. "Se Dio ci ha tanto amato... E noi abbiamo riconosciuto e creduto all'Amore che Dio ha per noi..." allora, continua san Giovanni "anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri...". È ciò che Gesù stesso disse ai suoi primi amici: "Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato". In quanto io vi amo e così come vi ho amato e vi amo - fin nella dimostrazione ultima e drammatica che vi darò di come io vi amo: nel sacrificio della mia vita. Così anche noi dobbiamo amare ed amarci. Allora occorre essere mossi da questa imitazione esistenziale del suo Amore, a partire da quanto e da come ci riconosciamo ed amiamo per questo Amore, da quanto e da come ci richiamiamo a partecipare questo Amore come norma della nostra vita e dei nostri rapporti. "Nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di Lui è perfetto in noi". Siamo messi contemporaneamente di fronte a noi stessi e gli uni di fronte agli altri, nell'unica esperienza di questo Amore come dinamismo della vita e dei rapporti. "Se ci amiamo gli uni gli altri", è come dire che attraverso il nostro corrisponderci per questo Amore, per questo riconoscimento dell'Amore di Dio in Cristo Gesù, Dio, il suo essere Amore rimane e si rende visibile in noi. "È perfetto in noi" significa che è realizzato e compiuto da Lui in noi, dentro questa tensione ad amarci in Lui e come Lui ci ama, perché attraverso di noi risplenda nel mondo. Gesù ci ha detto: "Da come vi amerete, mi riconosceranno, riconosceranno che siete miei discepoli". "Da come vi amerete", "come io vi ho amato"... trovano il loro punto focale nel "come". Ma dicendo "come" non vuole intendere un codice comportamentale o una lista di modi di fare da discepoli. Il "come" richiama innanzitutto l'assoluta gratuità di questo Amore che li ha chiamati, investiti e amati fedelmente. Ma soprattutto richiama l'essere, l'essenza, la natura e il modo di questo Amore che è il suo. Nel "come" è richiamato l'Amore stesso di Gesù che li ha amati e il modo con cui li ha amati, il modo con cui hanno visto e sperimentato questo Amore amare e di cui loro sono i primi testimoni. È questo che va imitato e imitato fino all'immedesimazione. "Da come vi amerete" è come dire in Chi e per Chi vi amerete. È affermare chi è l'Amore che deve muovere - fino a commuovere - il nostro. Il mio Amore sia il vostro amare ed amarvi, sia proprio quello che avete ricevuto da me: questo vuole dire Gesù. Proprio nell'amare e amarvi in me, per me e come me, riconosceranno Me in voi. E perché mi dovranno riconoscere? Perché sono io la pienezza della vita e dell'amore che ogni uomo attende di conoscere e sperimentare dentro ad ogni bisogno, ad ogni desiderio e ad ogni amore. Io sono la verità e la pienezza dell'amore, la sua redenzione e la sua eternità. E se anche noi affermiamo di essere di quelli che dicono di averlo riconosciuto, allora non possiamo che trovarne immediata verifica proprio da come ci riconosciamo e ci rapportiamo tra noi. È solo in questo Amore e per questo Amore che dobbiamo corrisponderci come permanente affezione che stabilisce e regna nei nostri rapporti, nel nostro dialogo, nel nostro cammino, e che solo ci fa ritrovare amici e realmente tesi l'uno all'altro e con l'altro alla vita in Cristo. Quella vita che sola giustifica e realizza il nostro cammino come comunione ed unità e la nostra adesione ad esso. Risulta significativa una affermazione del Vescovo san Basilio, Dottore della Chiesa, con cui mi sono imbattuto: "Il Signore non stabilisce, come prova della fedeltà dei suoi discepoli, i prodigi e i miracoli strepitosi, benché abbia loro conferito il potere di compierli, nello Spirito Santo. Che cosa dice loro? Capiranno che siete miei discepoli se vi amerete reciprocamente". Ci lasciamo ancora aiutare dalla prima Lettera di san Giovanni. "Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «lo conosco» e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui; ma chi osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui. Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato... Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello è ancora nelle tenebre, chi ama suo fratello dimora nella luce..." (1 Gv 2,3-6.9-10). Dire di averlo conosciuto, riconosciuto - lo abbiamo visto - è dire che la vita è stata colpita e afferrata nell'essere dall'esperienza della sua Presenza, ritrovandosi inevitabilmente attratta a stare con Lui e nella sequela a Lui, sino a desiderare l'immedesimazione con Lui. Ora, "nell'osservare i suoi comandamenti" non ritroviamo una imposizione. Il comandamento di Gesù non è una imposizione, ma l'affermazione di una necessità che corrisponde al cuore e senza la quale non c'è vera sequela, vero attaccamento a Colui che diciamo essere decisivo per la vita. Anche in questo si attesta la verità o la menzogna della nostra tensione a Lui. Osservare i comandamenti è seguire come necessità ciò che ci fa essere veramente in Lui e che solo porta al compimento della vita in Lui. "Chi osserva la sua parola, in lui l'Amore di Dio è veramente perfetto". Prima abbiamo ascoltato: "Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di Lui è perfetto in noi". Perfetto deriva dal latino perfectus, participio passato di perficere, che significa "compiere". "Perfetto" è tutto nella forza della tensione a cedere e a lasciarsi fare dalla sua Presenza, dal suo Amore che compie e che porta a compimento. Lasciare fare ed agire in noi questo Amore come domanda, tensione continua, cedimento, imitazione: questo significa "perfetto". Per questo anche Gesù ci può dire: "Siate perfetti come è perfetto il Padre mio". "Siate perfetti": non come normalmente viene recepito, immuni da limiti, errori, mancanze... sarebbe una richiesta assurda. Ma "perfetti" nel senso dell'accoglienza di questo Amore, nel lasciarvi afferrare da questo Amore, nel lasciarvi determinare e compiere da questo Amore, fino all'immedesimazione con questo Amore, che è Misericordia. Infatti, nel Vangelo di san Luca, la stessa affermazione viene riportata con questi termini: "Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre mio". L'accento va su questa tensione all'imitazione e immedesimazione con il suo Amore in noi che è solo Misericordia, perché investa tutto noi stessi nel modo di amare e di amarci come il Padre ama e ci ama, e che Lui realizza e compie in noi. Lasciar assumere la vita da questo Amore che è Misericordia e che innanzitutto investe ciascuno di noi. Tendere a radicare la vita in questo Amore che Cristo ci rivela perché compia noi e si compia in noi. Questo significa "siate perfetti". Ecco perché "chi dice di dimorare in Cristo", di vivere nella normale tensione dell'amore a Cristo, non può che domandare e desiderare di vivere nell'imitazione, sino all'immedesimazione, del suo Amore. E questa imitazione non può che investire e segnare il rapporto con l'altro. Non può che ritrovarsi vivo e credibile nel modo di guardare, riconoscere, rapportarsi, amare l'altro. "Come puoi dire di amare Dio che non vedi, se non ami il fratello che vedi?". L'altro è l'ambito proprio e peculiare di questo Amore. L'altro - da tua moglie al più estraneo. Qual è il "modo" di questo amore all'altro? È quello con cui Cristo guarda, sente, riconosce, partecipa, ama la nostra vita. Lui è l'Amore che riaccende il cuore nel suo proprio desiderio di felicità, è l'Amore che rialza chi è caduto, l'Amore che si commuove fino allo struggimento delle lacrime per il bisogno e la miseria di ogni uomo, l'Amore che perdona sempre, l'Amore che salva, l'Amore che salva donando tutto se stesso sino alla morte, l'Amore che muore per noi e risorge per noi, l'Amore che vince ciò che ci vince.

NICOLINO POMPEI

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