E il dolore, la sofferenza...

Come c’entrano con l’affermazione del centuplo?

Le parole di fede e di speranza pronunciate durante i funerali di Stato per la strage di Ravanusa

16 Febbraio 2022

Desideriamo riproporre le parole di fede e di speranza pronunciate durante i funerali di Stato per la strage di Ravanusa, lo scorso 17 dicembre, dall’Arcivescovo metropolita di Agrigento, Mons. Alessandro Damiano, e dalla signora Eliana, giovane vedova di una delle vittime del crollo, Giuseppe Carmina. Nelle loro parole ritroviamo l’esperienza e la testimonianza di quello che particolarmente riceviamo in un brano “Il centuplo quaggiù…” di un Approfondimento di Nicolino in cui si legge:

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E il dolore, la sofferenza? Come c’entrano con l’affermazione del centuplo? Nella promessa di Gesù non c’è la semplificazione di nessun fattore della vicenda umana, e quindi della morsa di dolore, di sofferenza, di tragedia che la caratterizzano. Cristo viene a salvarci, viene a salvarci patendo e morendo, subendo l’atroce dolore, subendo l’ingiusta morte: la morte più lenta e più infame. La subisce per me e la vince per me, risorgendo per me. È risorto, come aveva promesso, per me. È la fine della fine, è la morte della morte come ultima parola sulla vita. È la fine dell’incidenza tragica della veduta corta e nichilista su di me e sul mondo come ultimo giudizio; è il prorompere della Vita come ultima parola, della sua ultima parola come Misericordia su ogni uomo; è l’inizio della vita vera, già nell’adesso. Il centuplo non è la promessa della semplificazione di questi drammatici morsi, ma è l’affermazione del senso e della forza di accettazione, di attraversamento, di affronto di questi. Si afferma il centuplo non nella loro semplificazione, ma proprio nel modo di accettarli, di attraversarli, di viverli alla presenza di Cristo morto e risorto; come partecipazione, immedesimazione al suo redentivo sacrificio; al gesto che libera l’uomo dall’incidenza mortale e definitiva del peccato, che lo apre all’esperienza certa della sua resurrezione e vittoria. E in cui s’accende la speranza dentro ogni istante, che sorregge la vita come tensione al suo definitivo destino. La sua promessa è la sua vittoria, già come esperienza adesso, su tutto ciò che ci sovrasta e ci annichilisce sempre. È la sua vittoria su tutto quello che ci vince, è la sua presenza redentiva e misericordiosa che ci strappa dall’incidenza paralizzante del nostro peccato, della nostra strutturale fragilità; e che ci rialza sempre, ci rigenera sempre, ci fa ricominciare sempre a camminare tesi al Destino – il centuplo; che ci dispiega un’onnipresente, inalterabile e inarrestabile ultima positività come esperienza dentro alla totalità del reale – il centuplo. Movente sicuro di un sguardo commosso su tutto e di una inevitabile compagnia di amore ad ogni uomo – il centuplo; che apre, sostiene e sorregge la vita alla vera speranza, nella certezza della vittoria di Cristo già nell’adesso – il centuplo – e nella tensione al suo destino, in cui questa sarà definitivamente vita eterna – e in eredità la vita eterna.

Omelia dell’Arcivescovo Mons. Alessandro Damiano

Intervento di Eliana, vedova di Giuseppe Carmina

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