È del I febbraio la notizia che l’Unione Europea ha licenziato un pronunciamento del Consiglio d’Europa di denuncia delle persecuzioni contro i cristiani nel mondo.
L'Italia infatti non è riuscita a far menzionare esplicitamente le comunità cristiane tra le vittime delle persecuzioni nel comunicato che criticava le violenze in Medio Oriente, così come accaduto invece nel precedente Consiglio d’Europa attraverso il voto di ben 47 Paesi. Nella bozza del documento presentato al Consiglio dei Ministri il 31 gennaio scorso non compariva la parola “cristiani”, e si faceva piuttosto genericamente riferimento a violenze contro credenti (Radio Vaticana).
E proprio per questo il ministro degli esteri Franco Frattini aveva chiesto e ottenuto che il comunicato venisse ritirato, commentando: “Oggi è stata scritta una pagina non bella dal Consiglio Ue. L'Europa ha dimostrato ancora una volta che questo laicismo esasperato è certamente dannoso per la sua stessa credibilità".
Altrettanto forti le parole immediatamente pronunciate da mons. Rino Fisichella, responsabile della Santa Sede per la promozione della nuova evangelizzazione, secondo cui “ormai si è convinti, con lady Ashton, che il nome «cristiano» non possa entrare in una risoluzione".
Per Luca Volonté, relatore della Raccomandazione del Consiglio d'Europa su "La violenza contro i cristiani in Medio Oriente", le difficoltà della UE sono nate da tre elementi. Anzitutto, un problema culturale: “vediamo ora quali siano le conseguenze di non aver voluto nella Costituzione il riferimento alle radici cristiane dell'Europa”. In secondo luogo per l'opposizione attiva di alcuni Paesi guidati da governi laicisti, in particolare Spagna e Portogallo, “che per un pregiudizio ideologico non vogliono prendere la parte dei cristiani”. Infine, ha affermato Volonté “buona parte la dobbiamo a Lady Ashton”, il responsabile Ue per la politica estera.
Forse è stata proprio la forza di tali critiche a far riconsiderare la questione ma non solo.
È di qualche giorno fa infatti la notizia dell’uccisione di un sacerdote in Tunisia, il polacco padre Marek Rybinski: il suo corpo è stato trovato ''sgozzato come un agnello di Dio'' ha affermato il vescovo di Tunisi, monsignor Lahham Marun, ricostruendo le circostanze dell'omicidio. Il tragico avvenimento è accaduto qualche giorno dopo che i confratelli di padre Marek avevano ricevuto una lettera in francese, firmata con una svastica, che diceva: ''Ebrei, sappiamo che avete i soldi. O ce li date o vi ammazziamo''.
Quasi immediatamente alla diffusione di questo tragico evento è stata resa nota la decisione dell’Europa di intervenire, nell’assemblea prevista per lunedì 21 febbraio, con un testo che conterrà proprio un riferimento esplicito alle recenti persecuzioni dei cristiani in Africa e Medio Oriente. Alcune fonti diplomatiche hanno riferito infatti che le conclusioni esprimeranno "profonda preoccupazione per gli atti di intolleranza religiosa, come simboleggiato da vari attacchi contro i cristiani ed i loro luoghi di culto e contro pellegrini musulmani".
Evidentemente la questione non è formale e certamente non si tratta di una sottigliezza: quello che c’è di mezzo è la verità e la presa di coscienza mondiale di un fatto, che quindi va affrontato con assoluta urgenza, e cioè che, come ha scritto Benedetto XVI nel Messaggio per la 44ª Giornata mondiale per la Pace, i cristiani sono proprio “i più perseguitati al mondo”.
Certamente l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni di questo ultimo tempo è legata alle tragedie e agli attentati avvenuti in queste settimane. Inoltre proprio la voce della Chiesa perseguitata è stata ascoltata e comunque ha permesso un passo in avanti in sede di Parlamento europeo: infatti a metà dicembre è stata ricevuta a Strasburgo una delegazione di vescovi dell’Iraq, che ha incontrato sia i parlamentari dell’Unione Europea sia i responsabili del Consiglio d’Europa. Nel mese di gennaio invece è stata la volta di una delegazione di persone provenienti dal Medio Oriente, come il vescovo cattolico di Aleppo e i rappresentanti delle Chiese ortodosse, orientali e protestanti della regione.
Ma ciò che c’è di mezzo non è una questione che può essere considerata solo in seguito a fatti sanguinari e dopo l’irriducibile grido di pochi che da anni cercano di porre all’attenzione mondiale una tale drammatica situazione. Dietro la persecuzione più alta nel mondo, cioè quella dei cristiani, c’è la negazione di uno dei diritti fondamentali dell’uomo: quello della libertà religiosa.
È proprio su questo argomento che è incentrato il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della Pace, che ricorre il I gennaio e che paradossalmente ha coinciso con una delle ultime stragi, quella di Alessandria d’Egitto, che ha causato la morte di ventitré cristiani copti e il ferimento di altri novanta. Nel messaggio di quest’anno 2011 dal titolo “Libertà religiosa, via per la pace” si legge: “Nella libertà religiosa trova espressione la specificità della persona umana, che per essa può ordinare la propria vita personale e sociale a Dio, alla cui luce si comprendono pienamente l’identità, il senso e il fine della persona”. E continua il Santo Padre: “Negare o limitare in maniera arbitraria tale libertà significa coltivare una visione riduttiva della persona umana; oscurare il ruolo pubblico della religione significa generare una società ingiusta, poiché non proporzionata alla vera natura della persona”. Insomma Benedetto XVI ribadisce con fermezza che la libertà religiosa “è un bene essenziale: ogni persona deve poter esercitare liberamente il diritto di professare e di manifestare, individualmente o comunitariamente, la propria religione o la propria fede, sia in pubblico che in privato, nell’insegnamento, nelle pratiche, nelle pubblicazioni, nel culto e nell’osservanza dei riti. Non dovrebbe incontrare ostacoli se volesse eventualmente aderire ad un’altra religione o non professarne alcuna”.
Le notizie che in questo senso giungono dal mondo, sebbene trovino ancora poco spazio nei nostri telegiornali e quotidiani, continuano ad essere poco confortanti. Egitto, India, Pakistan e Filippine, Sudan e Nigeria, Eritrea e Somalia sono i Paesi in cui particolarmente la situazione continua ad essere fortemente drammatica.
Il sacrificio a volte silenzioso e spesso ignorato dalla maggioranza di tanti nostri fratelli nella fede che perdono la loro vita in nome di Cristo Gesù continui a richiamare la nostra vita e la nostra responsabilità.
Sebbene la negazione della libertà religiosa sia evidente in tutti quei Paesi in cui emerge una vera e propria cristianofobia, non dobbiamo sottovalutare ciò che sta accadendo in Europa.
In seguito alla divulgazione del Messaggio per la Giornata mondiale per la Pace, è il card. Bagnasco, in occasione della prolusione al Consiglio Permanente della CEI dello scorso 25 gennaio, ad affermare con forza e in accordo con il Santo Padre che la stessa subdola minaccia ad un’effettiva libertà religiosa esiste anche nei Paesi di tradizione democratica, a partire da quelli europei. Ammonisce dicendo: “Dovremmo guardarci infatti dai sottili tranelli dell’ipocrisia, che induce a cercare lontano ciò che invece è riscontrabile anche vicino. Il Papa nel suo Messaggio non manca di rilevarlo (cfr n. 13; e anche il Saluto all’Angelus, 1 gennaio 2011, e il Discorso cit.), e dal canto nostro, al pari di Confratelli di altri Paesi, non manchiamo di ripeterlo quando serve, ad esempio nella vicenda del Crocifisso esposto nelle scuole o in ambito pubblico. Convinti come siamo che la libertà religiosa è un perno essenziale e delicatissimo, compromesso il quale è l’intero meccanismo sociale a risentirne, solitamente anche oltre le previsioni. C’è talora un argomentare infastidito sulla neutralità dello Stato che si rivela non poco capzioso. E c’è un’aggressività laicista dalle singolari analogie con certe ossessioni ideologiche che ci eravamo lasciati alle spalle senza rimpianti. Colpisce, in questo senso, la denuncia che nel mese scorso è stata diffusa durante un convegno viennese dell’Osce secondo la quale un’astratta applicazione del principio di non discriminazione finisce paradossalmente per comportare un’oggettiva limitazione al diritto dei credenti a manifestare pubblicamente la propria fede. Un male sottile insomma sta affliggendo l’Europa, provocando una lenta, sotterranea emarginazione del cristianesimo, con discriminazioni talora evidenti ma anche con un soffocamento silente di libertà fondamentali.”.
Come non avere presente per esempio la questione del crocifisso negli edifici pubblici? Di fronte a chi reclama la loro rimozione in nome di uno stato laico, nella piena attuazione di una costituzione che non prevede religioni di stato e per evitare un’inammissibile, si dice, privilegio per la religione cattolica, occorre con forza ribadire che questo significa invece rinnegare la storia e i simboli religiosi nei quali si rispecchiano l’identità e la cultura della maggioranza dei cittadini (cfr Parsifal: Non possiamo non dirci cristiani).
Di seguito il testo del Messaggio di Benedetto XVI per la 44ª Giornata mondiale per la Pace, e la Prolusione del Card. Bagnasco al Consiglio permanente della CEI.
Messaggio per la 44ª Giornata mondiale per la Pace
Prolusione al Consiglio permanente della CEI (25/01/2011)