L'Anno della fede

"Approfitto volentieri di questa occasione per annunciare che ho deciso di indire uno speciale Anno della Fede, che avrà inizio l’11 ottobre 2012 – 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II – e si concluderà il 24 novembre 2013, Solennità di Cristo Re dell’universo. (...) Ritengo che (...) sia opportuno richiamare la bellezza e la centralità della fede, l’esigenza di rafforzarla e approfondirla a livello personale e comunitario, e farlo in prospettiva non tanto celebrativa, ma piuttosto missionaria, nella prospettiva, appunto, della missione ad gentes e della nuova evangelizzazione". (Benedetto XVI)

19 Novembre 2011
"Approfitto volentieri di questa occasione per annunciare che ho deciso di indire uno speciale Anno della Fede, che avrà inizio l’11 ottobre 2012 – 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II – e si concluderà il 24 novembre 2013, Solennità di Cristo Re dell’universo". Queste le Parole del Santo Padre all'Angelus dello scorso 16 ottobre che nella stessa occasione ha così continuato: "Il Servo di Dio Paolo VI indisse un analogo «Anno della fede» nel 1967, in occasione del diciannovesimo centenario del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo, e in un periodo di grandi rivolgimenti culturali. Ritengo che, trascorso mezzo secolo dall’apertura del Concilio, legata alla felice memoria del Beato Papa Giovanni XXIII, sia opportuno richiamare la bellezza e la centralità della fede, l’esigenza di rafforzarla e approfondirla a livello personale e comunitario, e farlo in prospettiva non tanto celebrativa, ma piuttosto missionaria, nella prospettiva, appunto, della missione ad gentes e della nuova evangelizzazione". Le motivazioni, le finalità e le linee direttrici di questo "Anno”, il Papa le ha esposte nella Lettera Apostolica Porta Fidei che inizia con queste parole: "La «porta della fede» (cfr At 14,27) che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. E’ possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma". "Capita ormai non di rado - afferma ad un certo punto il Santo Padre - che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone. Non possiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta (cfr Mt 5,13-16). Anche l’uomo di oggi può sentire di nuovo il bisogno di recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù, che invita a credere in Lui e ad attingere alla sua sorgente, zampillante di acqua viva (cfr Gv 4,14). Dobbiamo ritrovare il gusto di nutrirci della Parola di Dio, trasmessa dalla Chiesa in modo fedele, e del Pane della vita, offerti a sostegno di quanti sono suoi discepoli (cfr Gv 6,51). L’insegnamento di Gesù, infatti, risuona ancora ai nostri giorni con la stessa forza: «Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la via eterna» (Gv 6,27). L’interrogativo posto da quanti lo ascoltavano è lo stesso anche per noi oggi: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?» (Gv 6,28). Conosciamo la risposta di Gesù: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato» (Gv 6,29). Credere in Gesù Cristo, dunque, è la via per poter giungere in modo definitivo alla salvezza". Dunque l'Anno della fede  è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Far iniziare l’Anno della fede in coincidenza con il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, spiega il Papa, può essere un’occasione propizia per comprendere che i testi lasciati in eredità dai Padri conciliari, secondo le parole del beato Giovanni Paolo II, “non perdono il loro valore né il loro smalto". Ma certamente "il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti: con la loro stessa esistenza nel mondo i cristiani sono infatti chiamati a far risplendere la Parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato". Continua Benedetto XVI nella Lettera: "Nel mistero della sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che salva e chiama gli uomini alla conversione di vita mediante la remissione dei peccati (cfr At 5,31). Per l’apostolo Paolo, questo Amore introduce l’uomo ad una nuova vita: «Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita» (Rm 6,4). Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. Nella misura della sua libera disponibilità, i pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato in questa vita. La «fede che si rende operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6) diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell’uomo (cfr Rm 12,2; Col 3,9-10; Ef 4,20-29; 2Cor 5,17)". Ribadendo dunque che la prospettiva di questo Anno non debba essere celebrativa ma piuttosto missionaria, scrive ancora il Papa: "«Caritas Christi urget nos» (2Cor 5,14): è l’amore di Cristo che colma i nostri cuori e ci spinge ad evangelizzare. Egli, oggi come allora, ci invia per le strade del mondo per proclamare il suo Vangelo a tutti i popoli della terra (cfr Mt 28,19). Con il suo amore, Gesù Cristo attira a sé gli uomini di ogni generazione: in ogni tempo Egli convoca la Chiesa affidandole l’annuncio del Vangelo, con un mandato che è sempre nuovo". È certo dunque che l’Anno della fede debba essere anche un’occasione propizia per intensificare la testimonianza della carità. "La fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio. Fede e carità si esigono a vicenda, così che l’una permette all’altra di attuare il suo cammino". Siamo grati al Santo Padre per averci concesso questo ulteriore tempo di Grazia; tempo di Grazia per la Chiesa intera, per ciascun uomo. Facciamo proprio nostro l'augurio del Papa: "Possa questo Anno della fede rendere sempre più saldo il rapporto con Cristo Signore, poiché solo in Lui vi è la certezza per guardare al futuro", in un momento sociale, politico ed economico così travagliato e critico come quello che anche nel nostro Paese stiamo attraversando.
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