L’Europa sorvola sulle radici Cristiane e di fatto nega se stessa

La corsa verso l’approvazione della Carta Costituzionale Europea entro il 2009 non lascia spazio al dialogo intrapreso verso la riconsiderazione delle radici cristiane nel testo della costituzione. Il rischio, ammonisce il Papa, è il congedo dalla storia e l’apostasia.

07 Luglio 2007
La corsa verso l’approvazione della Carta Costituzionale Europea entro il 2009, non lascia spazio al dialogo intrapreso verso la riconsiderazione delle radici cristiane nel testo della costituzione. Il rischio, ammonisce il Papa, è il congedo dalla storia e l’apostasia. Che tristezza sabato sera apprendere dal telegiornale, tra un boccone e l’altro della cena, che la nuova spinta verso l’approvazione definitiva della carta costituzionale europea ha rinunciato a citare le radici cristiane dell’Europa stessa. Che tristezza ascoltare proprio dalla bocca del nostro Presidente del Governo Romano Prodi che tale decisione, anche se a suo “malincuore”, non va a negare la certezza di tali origini, ma che «dobbiamo guardare al futuro…ci sono momenti in cui bisogna chiudere con il passato e andare avanti sapendo che questo patrimonio comune può diventare il nostro modo di vivere quotidiano». Che tristezza vedere sfumato così l’impegno che la stessa presidente Merkel si era proposta di portare avanti. Vedere liquidato senza alcun problema ogni richiamo, ogni ammonizione, ogni incoraggiamento, ogni sforzo dello stesso Papa Benedetto XVI al valore e alla necessità di riconoscere ed affermare le origini cristiane del popolo europeo. «Com’è possibile escludere un elemento essenziale dell’identità europea qual è il Cristianesimo, in cui una vasta maggioranza continua a identificarsi?...Non è motivo di sorpresa che l’Europa odierna, mentre ambisce a porsi come una comunità di valori, sembri più spesso contestare che ci siano valori universali e assoluti?...Questa singolare forma di apostasia da se stessa prima ancora che da Dio, non la induce forse a dubitare della sua stessa identità?». Queste sono le domande che Papa Benedetto XVI ha espresso domenica 25 marzo ai Vescovi della conferenza episcopale europea che hanno partecipato al congresso I 50 anni dei Trattati di Roma - Valori e prospettive per l'Europa di domani, convegno organizzato in occasione dell’anniversario della firma dei Trattati di Roma. L’Europa rischia il congedo dalla storia e l’apostasia se dimentica le sue radici cristiane, chiarisce il Papa. Da parte sua Romano Prodi tenta di giustificare sé e i parlamentari europei, parte dei quali non condividono affatto tale esclusione dalla carta costituzionale. Il nostro Presidente tenta di smorzare i toni con una Chiesa che non ammette compromessi, che non accetta a rinnegare se stessa per il quieto vivere e continua coraggiosamente a battersi sul campo del dialogo civile. Una giustificazione che tenta di mantenere quieti gli animi, buone le relazioni con l’istituzione ecclesiale, pacifici i rapporti con la gran parte dei cittadini cristiani che costituiscono il popolo votante italiano… peccato che a noi questo non basta ed offende i nostri sentimenti e di coloro che ci hanno preceduto. Il nostro Presidente del Consiglio ci viene a dire che la motivazione per cui non vale la pena citare le radici cristiane, quasi a farne un fatto ideologico “dell’élite cristiana”, è perché «occorre guardare al futuro». Bene! Allora mi domando: perché “alzare tanta polvere” per realizzare spot pubblicitari, eventi culturali, attività didattiche nelle scuole per il giorno della memoria del genocidio nazista compiuto, in particolar modo e non solo, nei confronti degli ebrei durante la seconda guerra mondiale? Perché dedicare giorni della memoria all’eccidio delle fosse Ardeatine? Perché restare “così legati” ad un passato tanto triste? Tanto vale cancellare il giorno della memoria e “pensare al futuro”! Non si offenda nessuno per questa provocazione, tanto di cappello e il mio più grande rispetto per giornate della memoria così importanti e necessarie …Il punto è un altro e mi porta a chiedere cosa si vorrà mai dire con l’uso della “giornata della memoria”? Forse che occorre mantenere vivo il passato anche di un fatto così orrendo perché non accada mai più; perché rifarlo vivo oggi ci rende più consapevoli che nessun tempo è esente da tali brutalità e, per questo, ciò che è stato non va cancellato o dimenticato. Sarebbe comunque impossibile. Guardare, però, con tanta insistenza anche a simili crimini deve renderci più coscienti della nostra miseria e fragilità, quindi maturarci perché si possa concretamente dire: non accada mai più! Fino a battersi perché altre forme di violenze simili, ancor oggi praticate, siano definitivamente abbattute. Attraverso la memoria ci si propone, dunque, di formare coscienze mature, generare uomini e donne capaci di guardare veramente al futuro imparando anche dagli errori del passato. Questo esempio non è un paradosso, vuole solo essere un aiuto a guardare davvero l’uso che facciamo di un bene come la cultura che, a quanto pare, viene piegato troppo spesso ai compromessi politici. Allora se siamo così attenti a guardare ai mali del passato, mi domando perché non debba essere fatto lo stesso per quanto di bene è stato realizzato. Perché non debba essere affermato con dignità e fierezza anche tutto ciò che costituisce un esempio di buono e bello per le future generazioni. Il governo europeo, dunque, non ritiene necessario ribadire le origini cristiane dell’Europa, non ritiene necessario costituire coscienze consapevoli del fatto che le maggiori istituzioni di sostegno ai malati, ovvero gli ospedali, le istituzioni educative, gli enti di assistenza ai più poveri, ai bambini orfani, alle ragazze madri, alle persone affette da disabilità e malattie mentali…sono nate sotto l’impegno, fino alla consumazione della vita personale, di uomini e donne animate da spirito cristiano. Per non parlare di tutto il patrimonio culturale di arte, letteratura, filosofia, musica…su cui è nata e cresciuta l’Europa. Questo non occorre “sottolinearlo”, ci dicono i nostri Capi di Stato, perché è cosa assodata. Non dichiarandolo non ne neghiamo la storicità, dicono loro…ma per noi omettono una verità che contribuisce solo a favorire lo spirito relativista che dilaga in Occidente. Continuano a sradicarci dai nostri valori, a relativizzare i nostri pensieri, ad omologare le nostre vite senza preoccuparsi minimamente a cosa porterà tutto questo. Si definiscono a capo di popoli “democratici” senza lasciarsi mettere minimamente in discussione, tanto che se si osa dire qualcosa di diverso si viene immediatamente azzittiti, magari con una bella carezza e un sorriso sornione… Romano Prodi nei suoi discorsi in occasione del 50° anniversario dei trattati di Roma cita, con elogi e riverenze, il fondatore dell’Europa che fu Alcide De Gasperi. Di questo grande uomo, che meriterebbe un maggiore approfondimento, forse viene occultato proprio lo spirito che animò l’azione politica: una profonda e viva coscienza cristiana. È lo stesso Prodi a ricordare «le quattro lezioni» di De Gasperi: «Lungimiranza, senso dell’urgenza, consapevolezza dell’unità ideale dell’Europa e del proprio compito storico». Ma lo stesso De Gasperi ha voluto affermare di sé: «…Mi dicono abile e manovriero. Non è sempre un complimento. Preferirei vedessero in me un uomo di fede. L'abilità è al servizio dell'idea che mi conduce…». In fin dei conti ciò che c’è sempre di mezzo è l’umano di ciascuno. Qui non stiamo parlando di ideali religiosi, politici o culturali, qui parliamo della vita di uomini e donne che ci hanno preceduto, che siamo noi oggi e di coloro che in questa tanto difesa Unione Europea vivranno. E ci permettiamo il lusso di dire e non dire ciò che riteniamo più opportuno, per non turbare le coscienze, per mantenere un clima di pace e tranquillità. Mi sembra di assistere all’ennesimo spettacolo di pecore impaurite di perdere il posto in poltrona, piuttosto che di adulti capaci di affermare se stessi e i valori che dicono di voler diffondere. Continuiamo a prenderci in giro su un punto che è tanto scottante quanto determinante, per questo viene banalizzato e liquidato senza troppi scrupoli, perché costringe a guardarci. Ci costringe a guardarci fin dentro la coscienza. Ammettere le radici cristiane dell’Europa costringe ad ammettere che tutti quei “buoni” sentimenti, di pace, solidarietà, giustizia, libertà, a cui sempre si fa appello, per primi sono stati affermati da un uomo di nome Gesù. Il Vangelo di domenica ci ha proclamato la “tolleranza” di quell’Uomo verso una donna considerata adultera dalla legge ebraica, quindi, condannata a morte certa: quella donna non solo si salvò, ma fece l’esperienza dell’unico Amore che offre la possibilità di risorgere dagli errori, anche i più inguardabili. « Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8,11). Siamo nella speranza di credere che da quel giorno quella donna abbia potuto trovare la forza di ricominciare una nuova vita, proprio per l’esperienza dell’Amore. Eppure, a meno che non si voglia congedare dalla storia anche la Famiglia di Nazareth, il solo spettacolo di umano di quell’uomo di nome Gesù dovrebbe farci domandare: ma che umanità è quella che vivo io?
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