Un contrasto stridente

“Nel cuore dell’estate si è esplicitato un contrasto stridente tra ciò che avveniva per le vie di Madrid e certe turbolenze in atto nel mondo”. Così ha scritto il Card. Bagnasco riferendosi da un lato alla ultima GMG vissuta insieme al Papa Benedetto XVI e a cui hanno partecipato due milioni di giovani, i cosiddetti Papa boys, provenienti da 193 Paesi, e dall’altro alle manifestazioni sfociate in violenza e in vere scene di guerriglia urbana che invece hanno interessato diversi Paesi europei per mano sempre di ragazzi e giovani.

02 Dicembre 2011
Nel cuore dell’estate si è esplicitato un contrasto stridente tra ciò che avveniva per le vie di Madrid e certe turbolenze in atto nel mondo”. Così ha scritto il Card. Bagnasco nella sua ultima prolusione di fine settembre riferendosi da un lato alla ultima GMG vissuta appunto a Madrid insieme al Papa Benedetto XVI e a cui hanno partecipato due milioni di giovani, i cosiddetti Papa boys, provenienti da 193 Paesi, e dall’altro  alle manifestazioni sfociate in violenza e in vere scene di guerriglia urbana che invece hanno interessato diversi Paesi europei per mano sempre di ragazzi e giovani. E proprio riferendosi a questi episodi e manifestando il suo accorato dolore il Cardinale ha affermato: “Non può essere un caso fortuito, né si può spiegare con la semplicistica teoria del contagio sociale, il fatto che sullo scacchiere internazionale siano scoppiate nell’arco degli ultimi dieci mesi una serie di manifestazioni che hanno avuto i giovani come protagonisti indiscussi. Avvertendosi tagliati fuori dai luoghi decisionali in cui si vanno affrontando i problemi dell’assetto economico e non solo, i giovani manifestano la loro incomprimibile esistenza”. Il Presidente della CEI non ha potuto non ricordare il sanguinoso episodio di Oslo dicendo che “il seme del bene e quello del male sono presenti senza eccezioni nell’animo umano, catturabile talora da un estremismo che corrompe ogni fibra dell’essere, fino ad esplodere in tragedie che superano la stessa immaginazione”. Per non parlare del fatto che “situazioni altrimenti incresciose si sono verificate nelle capitali di vari Paesi europei, con risvolti tuttavia più complessi del passato. In particolare, la tipologia dei saccheggi ha interrogato le rispettive società, specialmente per quell’aspetto consumistico che fa intendere come si sia giunti ad un’ulteriore fase di individualismo esasperato e possessivo. «Prendo quello che voglio, perché posso»: sembra questa la spiegazione più pertinente di quanto accaduto”. La strage di Oslo e i saccheggi in Europa Che cosa è accaduto nella capitale della Norvegia e nei suoi dintorni nel mese di luglio? Un’autobomba è esplosa nel centro di Oslo, a pochi passi dal palazzo che ospita gli uffici del primo ministro e dalla redazione di un quotidiano, causando 7 morti e diversi feriti, tra cui alcuni in condizioni particolarmente gravi. E poco più tardi raffiche di mitra si sono abbattute sui giovani del partito laburista, radunati per un campo estivo nell’isola di Utoya, a una cinquantina di chilometri dalla capitale, ad opera di un uomo di 32 anni, vestito da poliziotto, Anders Behring Breivik (definitosi estremista cristiano, conservatore, amante della musica classica e di videogame di guerra), autore reo confesso dell’omicidio di novantatre persone, fermato ed arrestato. Breivik ha cercato di spiegare la sua “missione” sostenendo che il terrorismo è un “mezzo per risvegliare le masse” e ha manifestato il malsano desiderio di essere ricordato come “il più grande mostro dopo la Seconda Guerra Mondiale”. Qualche giorno dopo sono scoppiate rivolte a Londra, nei diversi quartieri della capitale, da nord a sud, Peckham, Croydon, Clapham, Hackney oltre che a Ealing, Camden e Nottingh Hill, fino ad arrivare a Liverpool dove ci sono stati scontri ed edifici ed auto date alle fiamme da gruppi di giovani rivoltosi incappucciati (cosiddetti hoodies). Anche in altre zone sono scoppiati gravi incendi a negozi simbolo come il McDonald's, e non sono mancati i saccheggi, specie nella periferia sud di Londra dove decine di persone hanno depredato alcuni esercizi commerciali dove erano state rotte le vetrine. Insomma una vera e propria guerriglia urbana, con sassaiole, cariche della polizia e un inferno di fuoco quasi ovunque. A scatenare la guerriglia urbana sarebbe stata l’uccisione, il giorno prima, da parte della Metropolitan Police di un uomo di colore, Mark Duggan, durante una operazione di arresto per furto, a seguito di un conflitto a fuoco. Ma la protesta aveva anche a tema la crisi economica, l’aumento della disoccupazione e la rabbia verso il Governo per i tagli ai servizi sociali, il tutto esasperato da tensioni razziali e un evidente e datato rancore nei confronti della polizia. Almeno 215 giovani sono stati arrestati e 25 sono stati ufficialmente incriminati in seguito a questi disordini. In particolare due giovani ventenni sono stati accusati e condannati a quattro anni di carcere ciascuno per aver istigato alla rivolta su Facebook: si tratta di Jordan Blackshaw, 20 anni, che sul social network aveva creato un evento intitolato “Distruggere la città di Northwich”, nel nord-ovest dell’Inghilterra, e di Perry Sutcliffe-Keenan, 22 anni, che aveva a sua volta esortato alla rivolta nel suo quartiere a Warrington, nell’Inghilterra nord-occidentale, aprendo una pagina Facebook chiamata “Organizziamo un tumulto”. La protesta in Italia Questo scenario di morte e distruzione non è affatto lontano da quello che abbiamo visto il 15 ottobre a Roma, ad opera di un manipolo di giovani “blac block”, durante una manifestazione del movimento degli “indignados”. Quest’ultimo è un movimento sociale di origine spagnola, formato da cittadini per protestare pacificamente contro il governo spagnolo di fronte alla grave situazione economica in cui versa il Paese. Mentre il termine black bloc (blocco nero, o meglio una massa di persone con vestiti e cappucci neri), coniato negli anni ‘80 dalla polizia tedesca, si riferisce ad un gruppo di individui, prevalentemente di stampo anarchico, dediti ad azioni di protesta spesso caratterizzate da atti vandalici, disordini e scontri con le forze dell’ordine; i black bloc sono comparsi in Italia per la prima volta nel 2001 in occasione del G8 di Genova. Le proteste degli indignados si sono diffuse in varie nazioni europee, tra cui l’Italia, e proprio durante questa manifestazione romana autorizzata, in origine pacifica, 800 giovani blac block tra i manifestanti, nella zona di piazza San Giovanni e dintorni, hanno iniziato la loro opera di devastazione causando 135 feriti, oltre un milione e mezzo di euro di danni alla città tra vetrine di negozi in frantumi, auto bruciate, devastamenti della linea metropolitana e danneggiamenti a qualunque cosa si trovasse lungo il loro cammino e su cui scaricare l’impeto di violenza e odio. Per non parlare dei violenti scontri con le forze dell’ordine e del sacrilego gesto di entrare nella chiesa di Santi Marcellino e Pietro per fare scempio di un crocifisso e di una statua della Madonna, che è stata distrutta e gettata in mezzo alla strada. Si muovevano in gruppi di 12-15 individui, ognuno con un compito preciso: chi armava i compagni, chi lanciava pietre, chi piazzava bombe di carta, a garanzia di un’azione continuata, muniti di caschi e bandane per evitare il riconoscimento. Tra gli arrestati e i fermati ci sono tutti giovani sotto i trent’anni, addirittura anche 6 minorenni e 4 ragazze, accusati di reati di devastazione, incendio e lesioni, oltre alla resistenza a pubblico ufficiale pluriaggravata. Testimonianze di un'invasione radiosa E pensare che giovani della stessa età, di Paesi e razze diverse, qualche mese prima si radunavano a Madrid per conoscere meglio Colui su cui hanno poggiato la loro vita, Gesù Cristo, e per testimoniare al mondo la gioia di averlo incontrato. Anche a Madrid gli indignados non sono mancati, perché hanno protestato con una marcia nel centro della città  alla vigilia dell’incontro del Papa con i giovani denunciando uno scandaloso spreco di soldi pubblici per un festival giovanile che interessa soltanto i cristiani, in un Paese sull’orlo del fallimento economico; la realtà dei fatti è invece che l’incontro a Madrid si autofinanzia, e nello stesso tempo ha portato un evidente beneficio economico alla città. È innegabile la drammatica spaccatura tra questi due volti di giovani, da una parte quello sanguinario che manifesta la sua rabbia dovunque e comunque, dall’altra quello gioioso che ascoltando il proprio desiderio del cuore si mette insieme alla ricerca del senso della vita. Rilevava il Card. Bagnasco che “hanno colpito, come dato esterno, la massiccia affluenza, quasi due milioni di giovani, provenienti da 193 Paesi, tanti quanti sono quelli rappresentati all’Onu. Ma ha sorpreso soprattutto la qualità della partecipazione, il fascino che questi giovani riescono a esprimere con i loro volti sorridenti, la serietà nei momenti giusti, i loro linguaggi, la loro buona educazione, persino la loro saggezza… Certo, hanno invaso Madrid, ma è stata ancora una volta un’invasione non solo pacifica, ma anche pacificante rispetto ad un contesto attraversato da varie tensioni, e ad un tempo è stata un’invasione radiosa”. Il Cardinale ha continuato ricordando che si trattava di un raduno di ragazzi dell’età media di 22 anni, di cui il 70% alla sua prima GMG, ma senza nemmeno l’ombra di disordini, confusioni o rappresaglie: solo allegria lungo le strade, attenzione in chiesa, durante le catechesi e nonostante il caldo o a volte una pioggia fastidiosa e la scomodità dei vari luoghi d’incontro. “Si pensi allo scompiglio tipicamente giovanile con cui hanno accolto l’inclemenza del tempo, il sabato sera, e al silenzio intensissimo e prolungato che subito dopo sono riusciti a realizzare per l’adorazione eucaristica. In questa sorprendente capacità di silenzio c’è una delle connotazioni più marcate della recente GMG, insieme ai dialoghi che seguivano le catechesi. Difficile davvero pensare che quello fosse un popolo inconsapevole e manovrabile… questa è la generazione giovanile scaturita dalle GMG di Benedetto XVI”. ALCUNE TESTIMONIANZE DALLA GMG Gli angeli del fango Con la stessa baldanza che ha avuto il cammino dei giovani a Madrid, i ragazzi di Genova e non solo hanno reagito alla tremenda e catastrofica alluvione che ha colpito la città di Genova e la Lunigiana i primi di novembre. Una di loro, di nome Manuela, con l’aiuto di altri amici genovesi, ha voluto aprire una pagina su Facebook il 4 novembre con il titolo “gli angeli del fango” prima per fornire aggiornamenti e poi per raccogliere l’entusiasmo di tutti quelli che volevano e si sentivano di dare una mano alla Genova devastata dall’alluvione. Il passa parola è stato così veloce che ci sono stati più di ventimila contatti e tantissimi giovani, studenti dai quindici anni in su hanno chiesto di fare i volontari ed andare a spalare via il fango. Grazie poi alla immediata coordinazione con il Comune di Genova e la Protezione civile, sono stati inviati sul posto migliaia di giovani e giovanissimi, che, insieme a loro coetanei genovesi, umilmente si sono messi a disposizione con il sorriso sulla bocca per ripulire negozi, garage, case, per buttare via i rifiuti, insomma per aiutare tutti quelli in difficoltà. Anche l’ex ministro della Gioventù Giorgia Meloni è stato tempestato da richieste di intervento da parte di singoli ragazzi ed associazioni giovanili desiderosi di scendere in campo “per fare qualcosa” in favore della popolazione locale. L’allora ministro ha quindi iniziato a raccogliere sulle pagine Facebook e Twitter le candidature dei giovani disposti a fare la loro parte. “Il loro impegno in prima persona – ha affermato la Meloni - è una mano tesa a quegli italiani che oggi hanno più bisogno del loro aiuto. Ma è anche un sonoro schiaffo a tutti coloro che si ostinano a denigrare i giovani italiani, dipingendoli come apatici e indolenti, senza valori né principi. Questi ragazzi stanno dando una grande lezione di cittadinanza e senso del dovere a tutta l’Italia”. Questo slancio di gratuità, questa carità è stata lampante nel volto di molti ragazzi italiani anche subito dopo il terremoto in Abruzzo del 2009, quando in cinquemila  inviarono il loro curriculum al database della Protezione Civile, e oltre mille sono partiti nei mesi successivi per la ricostruzione. Guardare al futuro Il momento che stiamo vivendo è un momento veramente difficile. Quasi ci si sente attanagliati da qualcosa che è troppo difficile da spiegare e a volte sembrano pure troppo noiosi i discorsi di chi anche autorevolmente cerca di farlo. Eppure ci toccano personalmente e sono sotto gli occhi di tutti le amare conseguenze di famiglie che fanno fatica ad arrivare a fin mese, di persone e amici che perdono il lavoro, di un senso di incertezza per il futuro che rischia di prenderci alla gola. “La situazione del lavoro, la disoccupazione, il precariato, l’inattività di molti giovani: sono un nostro assillo costante – ha continuato il Presidente della CEI-. Conosciamo da vicino l’angoscia e i drammi, l’inquietudine e la rabbia di molti. Vorremmo avere una speciale capacità taumaturgica per risolvere in particolare questi problemi, tanto siamo convinti che la dignità della persona passa per il lavoro riconosciuto nella sua valenza sociale, così come matura nel grembo della famiglia che però deve essere posta al centro di politiche di sostegno dirette, concrete, efficaci. Non si tratta di una degnazione del mercato: il lavoro è un diritto-dovere iscritto nell’ordine creaturale, e dunque la società ha l’obbligo di porre le condizioni perché esso possa esplicarsi per tutti”. Non è a forza di distruzione di quello che evidentemente non corrisponde e non va bene che realmente accade un cambiamento. Distruggendo si distrugge e basta. Il paragone che inevitabilmente è emerso rispetto a questi ultimi mesi non serve a sottolineare quella che sembrerebbe una irrimediabile spaccatura tra ragazzi buoni e cattivi. Semmai ci responsabilizza,  drammaticamente ci convoca e ci fa sentire di più l’urgenza di essere i testimoni del Risorto. Ma cosa c’è di così “incomprimibile”, irriducibile  nell’esistenza di ogni uomo e quindi di ogni giovane tale da strabordare in maniera così sconfinata e in fondo anche improvvisa e inaspettata? Scrive Nicolino: “La Misericordia di Dio, creandoci, ha posto in noi un fattore di positività irriducibile e ineludibile: il cuore. Il nostro cuore, in tutto il suo essere desiderio inesauribile e irriducibile dell’amore infinito di Dio, non è stato creato e posto da noi. Ma da Dio stesso. E quindi non è mai fino in fondo manipolabile, da niente e da nessuno. Ed è così vero e oggettivo che qualsiasi menzognera immagine  e risposta cerchiamo di dargli o di imporgli, prima o dopo la rigetta svelandone l’inganno e la menzogna. Il cuore rivela il suo carattere oggettivo proprio nel fatto che è incontentabile se non dall’Infinito, dall’Eterno, dalla Verità, dalla presenza di Cristo”. Il cuore è incontentabile se non dal Signore ed è inquieto finché non riposa in Lui. E se la realtà sta ponendo alla vita di un popolo, quello italiano, e di un intero continente, l’Europa, una sfida e una crisi definita a tutti gli effetti epocale è sempre questo desiderio del cuore, questo fattore di positività irriducibile e ineludibile,  che dobbiamo seguire e che ci muove  a ribaltare quelle logiche di individualismo e profitto, oltre che di sopruso, che sembrano schiacciarci: i ragazzi del fango ci hanno dato l’ultima testimonianza di quanto sia appunto connaturato nell’essere uomo lo slancio di gratuità e di amore, di carità e solidarietà. Sono stati la testimonianza di come attenga all’io di ogni uomo quel mettersi in gioco dalla parte del cuore così inteso che apporta alla vita un guadagno che non è immediatamente quantificabile in euro. Solo nell’Incontro con Colui che il nostro cuore attende e desidera possiamo seguire l’invito del Papa che chiama ciascun uomo, tanto più in questo momento, a essere “segno di speranza, capace di guardare al futuro con la certezza che viene da Cristo Gesù”.
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