UT UNUM SINT

Il 4 novembre scorso Benedetto XVI ha promulgato la Costituzione Apostolica “Anglicanorum Coetibus” che permette a fedeli e a gruppi di fedeli anglicani, attraverso “Ordinariati personali”, di entrare nella piena comunione cattolica a seguito delle loro insistenti richieste e anche a seguito delle numerose conversioni al cattolicesimo avvenute in questi ultimi anni. Questo documento è il frutto del dialogo ecumenico che parte dal Concilio Vaticano II e giunge sino ai nostri giorni attraverso numerosi incontri, approfondimenti teologici tra Chiesa di Roma e Chiesa Anglicana. Ma cosa significa tutto questo anche in considerazione delle differenze tra cattolici e anglicani?

28 Gennaio 2010
Gesù stesso nell'ora della sua Passione ha pregato "perché tutti siano una sola cosa" (Gv 17,21). Questa unità, che il Signore ha donato alla sua Chiesa e nella quale egli vuole abbracciare tutti, non è un accessorio, ma sta al centro stesso della sua opera. Né essa equivale ad un attributo secondario della comunità dei suoi discepoli. Appartiene invece all'essere stesso di questa comunità. Dio vuole la Chiesa, perché egli vuole l'unità e nell'unità si esprime tutta la profondità della sua agape... (Ut unum sint 1995, Giovanni Paolo II) Da alcuni anni, e precisamente dopo il Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica e la Chiesa anglicana stanno man mano avvicinandosi. O meglio, varie comunità anglicane composte da laici, sacerdoti e vescovi, con a capo l’arcivescovo di Canterbury, Roman Williams, si stanno riavvicinando alla Chiesa Cattolica attraverso un dialogo, su base dottrinaria, teologica ed etica. L’esito di questo cammino non è scontato e deve affrontare molte divergenze ancora presenti. Il 4 novembre 2009 Papa Benedetto XVI ha approvato la Costituzione Apostolica "Anglicanorum coetibus" che permetterà concretamente a gruppi di fedeli anglicani di unirsi alla Chiesa cattolica senza rompere con la tradizione anglicana. Proprio l’arcivescovo di Canterbury sempre nel mese di novembre ha avuto un colloquio con il Papa (Il Papa e l'arcivescovo di Canterbury ), in cui si è affrontato il tema delle relazioni tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana, e si è richiamata la comune volontà di continuare e di consolidare i rapporti ecumenici tra cattolici ed anglicani. Proprio in questi giorni, precisamente dal 18 al 25 gennaio, ricorre la settimana ecumenica, settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani. Il Santo Padre nell’udienza generale di mercoledì 20 gennaio ha sottolineato con certezza che il progresso ecumenico non è lineare ma che negli ultimi decenni ci sono stati "passi positivi" (Udienza generale 20/01/2010). Numerosi fatti risaltati alla cronaca in questi ultimi anni hanno contribuito al processo di riavvicinamento degli anglicani al cattolicesimo. Particolarmente, dal 1994, dopo la decisione di alcune Chiese anglicane di ammettere per la gran maggioranza le donne al diaconato, la benedizione del matrimonio tra due persone omosessuali in Canada e USA o dopo l’elevazione episcopale di un sacerdote dichiaratamente omosessuale negli USA nel 2003, alcune comunità anglicane, ritenendo tali scelte contrarie alle Sacre Scritture e alla morale, si sono avvicinate alla Chiesa cattolica. Nell’ottobre 2006 in Canada, l’Arcivescovo Terence Finlay, che da anni si batteva per il riconoscimento all’interno della Chiesa anglicana del matrimonio tra omosessuali, destò scandalo sposando due donne omosessuali. Essendo ogni comunità libera di agire autonomamente anche rispetto a questioni dogmatiche come quella del diaconato femminile, la mancanza di una decisione comune per tutta la comunione ha provocato delle reazioni e delle decisioni autonome anche ridicole come quella della Chiesa di Blackburn nel Lancashire, nella quale, essendovi sacerdoti di entrambi i sessi, ha cercato di ovviare al problema e alla dispora dei fedeli che non accettano il diaconato femminile formando, durante la celebrazione della messa, due file per la comunione: una per i fedeli che prendono l’ostia consacrata dalla Reverenda Sue Penfold, l’altra per quelli che la accettano solo dal reverendo Andrew Hindley. L'arcivescovo di Canterbury nell'ultima conferenza di Lambeth del 2008 ha chiesto a tutte le Province anglicane di sospendere l'ordinazione di preti e vescovi apertamente omosessuali, al fine di ritrovare unità nella comunione e scongiurare uno scisma irreparabile. Nonostante ciò, non essendo la richiesta dell’arcivescovo vincolante, alcune Province anglicane come quelle degli Episcopali USA, hanno esortato ordinazioni di pastori e vescovi omosessuali. Nel 2008, nella cattedrale di Saint Bartholomew the Great di Londra, è stato celebrato un matrimonio tra due preti omosessuali, Peter Cowell e David Lord, come gesto di sfida nei confronti del vescovo della città. Nuovo capitolo invece negli Stati Uniti nel 2009 sulla delicata questione del clero omosessuale. Dopo la nomina di Gene Robinson nel 2003 (che spaccò gli Episcopali e favorì lo scisma di alcune congregazioni), una donna omosessuale, Mary Glasspool di 55 anni, è stata scelta dalla Chiesa episcopale (il ramo americano della Chiesa anglicana) come vescovo della diocesi di Los Angeles, che conta 70mila fedeli ed è una delle più grandi degli States. Questa confusione, autonomia, mancanza di una guida certa a cui obbedire in ogni caso, hanno favorito i dissapori e la diffidenza tra varie comunità e hanno spinto, all'inizio del 2009, un gruppo di fedeli anglicani, riuniti nella «Traditional Anglican Communion», a chiedere di entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica. Ma come nacque la frattura tra cattolici e anglicani? La Chiesa Anglicana Il dialogo ecumenico come principio del riavvicinamento tra le due Chiese a partire dal Concilio Vaticano II L’enciclica di Giovanni Paolo II "Ut unum sint" Il dialogo ecumenico cattolici e anglicani sulle questioni morali ha favorito il riavvicinamento La concretizzazione del dialogo: il pellegrinaggio anglo-cattolico a Lourdes e la creazione della Costituzione Apostolica "Anglicanorum Coetibus" Ciò che è successo e sta succedendo non può non lasciare tutti, credenti e non, cristiani e non, attoniti: la frattura che centinaia di anni fa le velleità e la disobbedienza di un uomo, il re Enrico VIII ed i suoi successori, hanno creato, sta pian piano rimarginandosi. E questa frattura si sta ricucendo e si ricucirà non a seguito di uno sforzo ma solo nel pieno riconoscimento di Chi è l’oggetto o meglio il Soggetto della nostra fede, cioè nel riconoscimento di Cristo Gesù. Come ci ricorda l’enciclica Ut Unum Sint: "…Credere in Cristo significa volere l'unità; volere l'unità significa volere la Chiesa; volere la Chiesa significa volere la comunione di grazia che corrisponde al disegno del Padre da tutta l'eternità. Ecco qual è il significato della preghiera di Cristo: Ut unum sint" (Ut unum sint). Quello che sta avvenendo riguarda tutti noi credenti in Cristo in quanto è un’occasione per riconoscere il miracolo che sta operando Gesù stesso. E siamo contemporaneamente chiamati a sostenere questo cammino ecumenico a partire dalla nostra preghiera: "…Pregare per l'unità non è tuttavia riservato a chi vive in un contesto di divisione tra i cristiani. In quell'intimo e personale dialogo che ciascuno di noi deve intrattenere con il Signore nella preghiera, la preoccupazione dell'unità non può essere esclusa. Soltanto così, infatti, essa farà pienamente parte della realtà della nostra vita e degli impegni che abbiamo assunto nella Chiesa" (Ut Unum sint). Inoltre questo avvenimento deve provocare proprio noi che facciamo già parte di questa piena comunione. Che viviamo questa grande Amicizia in Cristo Gesù attraverso la sua Santa Chiesa ed il cammino particolare che ci ha donato. Proprio noi siamo chiamati a rendere evidente quest’unità che non dipende da uno sforzo ma dal riconoscere e fare esperienza, attimo dopo attimo, dell’Amore di Cristo, che è sempre presente: spesso siamo noi che non siamo con Lui. Come ci indica Nicolino Pompei in un brano tratto dagli Atti del Convegno del 2006: «È ciò che Gesù stesso disse ai suoi primi amici: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”. In quanto io vi amo e così come vi ho amato e vi amo – fin nella dimostrazione ultima e drammatica che vi darò di come io vi amo: nel sacrificio della mia vita. Allora occorre essere mossi da questa imitazione esistenziale del suo Amore,  a partire da quanto e da come ci riconosciamo ed amiamo per questo Amore, da quanto e da come ci richiamiamo a partecipare questo Amore come norma della nostra vita e dei nostri rapporti. “Nessuno ha mai visto Dio, se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di Lui è perfetto in noi”. Siamo messi contemporaneamente di fronte a noi stessi e gli uni di fronte agli altri, nell’unica esperienza di questo Amore come dinamismo della vita e dei rapporti. “Se ci amiamo gli uni gli altri” è come dire che attraverso il nostro corrisponderci per questo Amore, per questo riconoscimento dell’Amore di Dio in Cristo Gesù, Dio, il Suo essere Amore rimane e si rende visibile a noi. È perfetto in noi significa che è realizzato e compiuto da Lui in noi, dentro questa tensione ad amarci in Lui e come Lui ci ama, perchè attraverso di noi risplenda nel mondo. Gesù ci ha detto: “Da come vi amerete vi riconosceranno, riconosceranno che siete miei discepoli”. “Da come vi amerete” … “come io vi ho amato” … trovano il loro punto focale nel “come”. Ma dicendo “come” non vuole intendere un codice comportamentale o una lista di modi di fare da discepoli. Il “come” richiama innanzitutto l’assoluta gratuità di questo Amore che li ha chiamati, investiti e amati fedelmente. Ma soprattutto richiama l’essere, l’essenza, la natura e il modo di questo Amore che è il suo. Nel “come” è richiamato l’Amore stesso di Gesù, che li ha amati e il modo con cui li ha amati, il modo con cui hanno visto e sperimentato questo Amore amare e di cui loro sono i primi testimoni. È questo che va imitato e imitato fino all’immedesimazione. “Da come vi amerete” è come dire in Chi e per Chi vi amerete. È affermare Chi è l’Amore che deve muovere – fino a commuovere – il nostro. Il mio Amore sia il vostro amare ed amarvi, sia proprio quello che avete ricevuto da me: questo vuole dire Gesù. Proprio nell’amare e amarvi in me, per me e come me, riconosceranno Me in voi».
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