QUELLO CHE ABBIAMO DI PIÙ CARO

Cosa può rendere attraente ancora oggi il cristianesimo?

Brano di Nicolino Pompei tratto dall’approfondimento “Questa è la vittoria che vince il mondo: l’impareggiabile esperienza di un’avvincente attrattiva”

Cosa rende o può rendere attraente ancora oggi il cristianesimo? Solo se lo possiamo vedere risplendere nella faccia di qualcuno, nell’umano di qualcuno, nella vita di qualcuno. Solo se possiamo vedere incarnata nella carne di qualcuno l’esperienza di questa attrattiva avvincente, di questa impareggiabilità umana della vita radicata e segnata dalla presenza di Cristo. Solo se vediamo nella carne di qualcuno presente, documentata e incarnata l’esperienza della sua vittoria. Solo se vediamo risplendere nella carne di qualcuno presente questa esperienza di novità e di impareggiabilità umana nel modo di rapportarsi e di affrontare la vita, le circostanze e le sfide di tutti, se la vediamo risplendere nella testimonianza umana di persone in cui si documenta evidentemente. Solo se questa “impareggiabile esperienza dell’avvincente attrattiva di Cristo” la vediamo risplendere in una carne, in una umanità segnata e traboccante di bellezza, di speranza, di gioia, di letizia, di sovrabbondanza di vita, di indomita e operosa passione per la vita di un altro, per la vita e il destino di ogni uomo.

Solo questa evidente e tangibile esperienza umana, “carnale”, può aprire una “crepa” nell’umanità di altri uomini, attraverso cui la presenza di Cristo può entrare, attrarre ed essere ragionevolmente accolta. Solo la tangibilità di questa impareggiabile esperienza umana può sfidare e provocare la ragione e la libertà di un uomo e può rispondere ragionevolmente e credibilmente alla domanda di Dostoevskij o al grido di Demi Lovato. Quello che può rendere attraente il cristianesimo oggi è che risulti innanzitutto attraente in me e in te, sia un’avvincente attrattiva in me e in te. Quello che può rendere attraente il cristianesimo oggi è mostrare che le parole che abbiamo messo a tema in questo convegno sono un’esperienza evidente e tangibile in me e in te. Se “l’impareggiabile esperienza di un’avvincente attrattiva”, con cui affermiamo la vera natura del cristianesimo, non è innanzitutto e continuamente la nostra esperienza, come potrà sfidare e attrarre la vita di un altro? Lo dicevo proprio ultimamente a qualcuno di voi: se non vediamo in atto la sua vittoria innanzitutto in noi, sulle nostre paure, sulle nostre ansie ed angosce, come potremo esserne una testimonianza per un altro? Se non vediamo continuamente in noi l’insorgenza di questa vita impareggiabile come bellezza, come letizia, come speranza, come passione, come soddisfazione, compimento e pienezza della nostra umanità, come potremo dirlo ad un altro, come potremo sfidare ed attrarre la ragione e il cuore di un altro? E come potremo giustificare, rendere ragione della nostra totalizzante adesione alla compagnia? Se noi siamo i primi a snaturare il cristianesimo e a viverlo nelle solite riduzioni in cui lo vediamo normalmente ridotto, come potremo suscitare il fascino e lo stupore per la presenza di Cristo nella vita di un altro?

L’urgenza di questo richiamo la trovo confermata in una mirabile, essenziale e profetica affermazione del santo Papa Giovanni Paolo I - dato alla Chiesa e al mondo per un solo mese: “Il vero dramma della Chiesa che ama definirsi moderna è il tentativo di correggere lo stupore dell’evento di Cristo con delle regole”. Se viene meno lo stupore, il fascino presente dell’evento e dell’attrattiva di Cristo, nella Chiesa rimangono solo la dottrina, le regole, la morale, il culto, il rito, l’organizzazione… Addirittura, sant’Agostino - come ha affermato il nostro carissimo don Giacomo Tantardini - “arriva a dire, seguendo san Paolo, che tutta la dottrina cristiana senza la delectatio (piacere, attrattiva) e la dilectio (amore, affetto, affezione della carità), cioè senza l’attrattiva amorosa della grazia, è lettera che uccide”. La dottrina cristiana, senza l’esperienza preminente e presente dell’attrattiva amorosa della grazia, è qualcosa di estraneo, pesante, opprimente, incomprensibile; addirittura, è “lettera che uccide”. Altro che avvincente attrattiva!

Ma dentro questo richiamo c’è qualcosa di più decisivo da capire per la vita di ciascuno di noi. Se noi per primi non abbiamo a cuore di permanere nell’esperienza dell’avvenimento di Cristo presente e della sua avvincente attrattiva; se non abbiamo l’esigenza, noi per primi, di renderci conto, sperimentalmente, di cosa possa riaccendere, far risplendere, far sovrabbondare continuamente e in maniera impareggiabile - nel nostro umano e dentro la vita di tutti i giorni - l’esperienza della sua avvincente presenza; se non abbiamo l’esigenza, noi per primi, di poter verificare tangibilmente la verità della sua presenza e della sua compagnia dentro gli istanti della nostra vita, non solo come potremo dirlo ad un altro, ma soprattutto questa esperienza di attrattiva, di fascino, di stupore per la presenza di Gesù non potrà durare e pian piano la vedremo ridursi, scemare e decadere in noi inevitabilmente.

Quest’esperienza di attrattiva può essere verificata e può durare, rimanere, crescere, vincere e avvincermi sempre più, solo se l’attrattiva Gesù è una incessante e stupefacente esperienza nel mio presente, solo se nel mio presente continua a sbalordirmi. E tanto più mi sbalordisce e mi avvince quanto più ne sono attirato; e tanto più ne sono attirato quanto più non posso fare a meno di lasciarmi avvincere dalla sua attrattiva. Solo dentro questa viva e rinnovata dinamica esperienziale, la presenza di Cristo può vincere tutto quello che mi vince e fruttificare la vita di un’esperienza impareggiabile. Ed è solo così che può colpire, sfidare e affascinare la vita di altri.

E ora attenti bene a questo ulteriore passaggio che desidero porre: se nella nostra vita e nel nostro cammino personale viene meno quest’esperienza, c’è un’altra sicura conseguenza che occorre considerare attentamente e prendere sul serio. Anche continuando a partecipare formalmente al cammino della compagnia o a qualche tipo di attività all’interno di essa, se viene meno questa esperienza di attrattiva nel presente, prima o dopo sarà “altro” che prenderà il sopravvento; sarà inevitabile che in noi il sopravvento lo prenderà “altro”. Se non sono continuamente attratto da Cristo, se questa avvincente attrattiva non si rinnova, non definisce e non incrementa continuamente il mio io, se non vedo e non godo di questa impareggiabilità umana nel mio presente, sarà inevitabile che nel mio presente prenda il sopravvento “altro”: “altro” con cui soddisfare il cuore, in cui cercare una propria consistenza; sarà inevitabile che mi ritrovi centrato solo su me stesso, e quindi nel predominio della mia misera, meschina e supponente misura delle cose, della realtà, della vita: una misura che andrà anche a predominare e ad incidere sul mio modo di vivere il cammino della compagnia e i rapporti di amicizia. Contemporaneamente, sarà inevitabile ritrovarmi - anche nascostamente - nel predominio ingannevole della mentalità del mondo e di fatto nella suggestione, nella seduzione di una vita mondana. Lo ripeto ancora una volta: questo può accadere anche senza che venga meno la nostra adesione formale alla vita della compagnia. Questo è un punto che ultimamente sto richiamando in maniera insistente perché ciascuno di voi lo possa vedere e giudicare.

Allora, cosa rende o può rendere attraente ancora oggi il cristianesimo? Nel volantino di presentazione del programma del nostro convegno, così abbiamo scritto: “È solo una vita in cui si documenta tangibilmente una diversità, una novità, un modo nuovo di vivere, di affrontare circostanze e fattori che appartengono alla vita di tutti, che può attirare il cuore, la ragione e la vita di altri uomini. Solo l’evidenza, la tangibilità di una vita, di una umanità sovrabbondante e impareggiabile può colpire, attirare, coinvolgere la vita di altri uomini e può risultare vincente su tutta la coltre di nulla che assedia la vita di tutti - compresa la nostra. E se questa Vita innanzitutto non la godiamo noi, non si mostra e non trasuda nella nostra vita e nel nostro umano, non la vediamo nascere e rinascere in noi, come potrà mostrarsi, colpire, attirare, prendere il cuore e la ragione di altri uomini?”. Solo se l’avvenimento di questa avvincente attrattiva e di questa vita sovrabbondante, centuplicata, impareggiabile si mostra e trasuda tangibilmente nella nostra vita, potrà mostrarsi, colpire, attirare, prendere e coinvolgere la vita di altri uomini; solo così potrà risultare vincente su tutta quella coltre di nulla che assedia la vita di tutti, compresa la nostra.

Nicolino Pompei

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