QUELLO CHE ABBIAMO DI PIÙ CARO

La gioia è Uno presente

Dall’approfondimento “…perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”

È particolarmente commovente in questo momento per me riprendere il nostro primo volantino, che abbiamo stampato nell’occasione della Santa Pasqua nel 1989. Vi era riportata una frase di Paolo VI - oggi san Paolo VI - che diceva: “Il cristianesimo è gioia. La fede è gioia. La grazia è gioia. Cristo è la gioia, la vera gioia del mondo… Perché risolviamo la vita cristiana in felicità umana? È facile intendere. Perché vogliamo a tutti augurare di sperimentare il cristianesimo, il quale altro non è che la derivazione del mistero pasquale, nei suoi termini veri, che sono quelli della soluzione e della soddisfazione dei problemi umani”. Attraverso queste parole del grande Papa Paolo VI avevamo nel cuore solo l’ardente desiderio di augurare a ciascun uomo di poter sperimentare e godere la gioia di Cristo risorto, di poter incontrare e sperimentare la presenza viva di Gesù come l’unica e massima soddisfazione del cuore.

Questo mi dà lo spunto per richiamare e risvegliare in ciascuno di noi qualcosa che troppo spesso diamo per scontato o acquisito: il nostro cuore, il desiderio più profondo e ineludibile del nostro cuore, cioè il desiderio di soddisfazione, di gioia piena, di felicità che segna radicalmente e sempre il nostro cuore. La gioia è tutto “ciò” che l’uomo cerca cercando e vivendo “ogni” e tutto. È tutto “ciò” che ogni uomo desidera desiderando “ogni” e tutto. Il nostro cuore è assetato di gioia. Si vive sempre e solo cercando la gioia, ovunque. Questo è un fatto evidente, imprescindibile, decisivo, che non dobbiamo mai mancare di richiamare sentitamente alla nostra vita e tra noi; e che troppo spesso invece diamo per acquisito oppure imprigioniamo dentro l’astrattezza o l’automatismo di parole e formule preconfezionate.

Pensiamo ad uno dei canti con cui, proprio qualche settimana fa, abbiamo voluto manifestare il nostro cuore e la nostra amicizia durante la festa del matrimonio di due nostri amici: “Ma l’amaro, l’amaro che c’è in me sarà mutato in allegria”. In tutto quello che facciamo c’è sempre questo desiderio: più o meno consapevolmente… ma c’è e ci caratterizza sempre, profondamente in tutte le scelte che facciamo, anche le più banali. Anzi, noi siamo questo desiderio. Questa aspirazione infinita, indomabile e incessante è ciò che più rivela e chiarisce la vera natura di ogni uomo, quella che viene descritta con parole insuperabili dal genio di Dante: “Ciascun confusamente un bene apprende / nel qual si queti l’animo, e disira; / per che di giugner lui ciascun contende”. Ognuno, anche se in maniera confusa, è teso ad apprendere, a riconoscere un “Bene” nel quale la sete infinita del cuore possa trovare la sua piena soddisfazione; e infatti lo desidera sempre: ciascun uomo è proprio questo desiderio, il cuore è solo e sempre questo desiderio. E il desiderio di questo “Bene”, di trovare la gioia e la soddisfazione piena del cuore, è proprio la scintilla che ci accende e ci muove in tutto quello che viviamo e facciamo. La gioia è proprio la calamita, l’attrattiva incessante del cuore, di ogni cuore umano.

Ma se questo è un fatto evidente e imprescindibile, è altrettanto evidente e imprescindibile il fatto dell’incapacità e impossibilità per noi di poterci dare da soli questa gioia, di poter soddisfare noi stessi questa sete infinita del cuore. Occorre avere sempre la consapevolezza e la lealtà di riconoscere - nel vaglio di una verifica e di un giudizio della nostra esperienza - l’incapacità, l’inadeguatezza, il fallimento di tutti i nostri tentativi di autoassicurazione, autodeterminazione della gioia al nostro cuore. Se siamo leali, non possiamo non verificare come tutti i nostri tentativi di autodeterminazione o di assecondamento della mentalità del mondo rispetto alla possibilità della gioia abbiano portato e portino sempre immancabilmente al fallimento e alla delusione. Non possiamo che averli visti e vederli continuamente sciogliersi e sgretolarsi nell’impatto quotidiano con la realtà, con le circostanze, i fattori e i rapporti che segnano la nostra esistenza; compreso il rapporto con noi stessi, con i nostri limiti, con le nostre fragilità, con la nostra miseria. E non possiamo che aver visto e vedere - dopo i nostri ulteriori tentativi - riaffiorare, in maniera sempre più invadente, quell’amarezza, quella tristezza, quella delusione, quella insoddisfazione che in qualche modo abbiamo cercato di superare da noi stessi.

Ma questi sintomi anche drammatici - che riprenderò più tardi - paradossalmente confermano che non è sbagliato il desiderio, non siamo fatti male, non è un errore quest’aspirazione infinita del nostro cuore alla gioia, alla felicità. E non è nemmeno un’illusione, un’utopia. C’è semplicemente da riconoscere la nostra incapacità, la nostra sproporzione strutturale tra il nostro desiderio e la risposta a questo desiderio; c’è semplicemente da riconoscere che noi non possiamo essere desiderio, esigenza, bisogno e contemporaneamente risposta, corrispondenza, soddisfazione. La nostra vera natura è rapporto con l’infinito e non c’è niente da fare: solo l’infinito è capace di poter rispondere, di poter corrispondere pienamente al nostro cuore. E di poter rispondere e corrispondere al cuore non al di là delle condizioni, delle circostanze, dei nostri limiti, della nostra miseria… ma dentro e attraverso la nostra condizione umana, tutta la nostra misera condizione umana, tutto il nostro drammatico rapporto con la realtà. Ed è proprio lì - nella e dentro la realtà più profonda della nostra condizione umana - che accade l’annuncio inaudito e contemporaneamente più atteso dal cuore di ogni uomo: “Ecco vi annunzio una grande gioia…oggi (dentro questa vostra condizione) vi è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore”. Questo è l’annuncio che ascoltiamo la notte del Santo Natale e che attraversa da duemila anni tutta la storia. Questo è l’annuncio - insieme a quello della risurrezione di Cristo - più decisivo per la vita di ogni uomo. È l’annuncio della presenza di Dio che si fa uomo nella storia nella presenza di Gesù; è l’annuncio che Dio si fa realtà umana, compagnia di Uomo all’uomo nell’Uomo Gesù per salvare l’uomo, per rispondere all’anelito più profondo del suo cuore e portarlo alla salvezza. E non è un caso che questo annuncio viene rivolto a quel gruppo eletto di poveri pastori della Palestina e chiarito come la grande gioia attesa dal loro cuore - come dal cuore di ogni uomo: “Oggi vi annuncio una grande gioia… è nato il Salvatore, che è il Cristo Signore”.

Questa gioia non è qualcosa, non è uno stato d’animo, non è una condizione di benessere psico-emotivo. Questa gioia è Uno, è Uno nella storia, è una Presenza di carne e sangue; è Dio che si fa uno nella storia, che si fa presenza dentro la storia e la condizione umana lasciandosi partorire come uomo da una “piccola” e giovane donna di nome Maria: è Gesù, l’Emmanuele, il Dio con noi, che viene ad abitare in mezzo a noi nella presenza di Gesù. È la risposta di Dio al grido del cuore dell’uomo, quello che incontriamo, per esempio, nelle parole del salmo 50: “Rendimi la gioia di essere salvato”. “Oggi vi è nato il Salvatore”: la salvezza è una persona presente che è la salvezza in persona. Non c’è urgenza più grande per il cuore dell’uomo che quella di essere salvato e quindi non può esistere una gioia più grande e più anelata dal cuore dell’uomo che quella di essere salvato. Non ci può essere una gioia più grande per il cuore dell’uomo che quella di incontrare e di essere abbracciato, dentro la propria e drammatica condizione umana, dalla presenza di Dio fatto carne, fatto uomo per la nostra salvezza. Ecco la possibilità della gioia per ogni uomo. Ecco la pienezza della gioia del cuore. La gioia esiste, la gioia è possibile, perché la gioia è Uno, una Presenza, è la presenza di Dio fatto carne che è presente nella storia. Non dobbiamo più e mai andare a cercarla in chissà quali condizioni, scelte, azioni, circostanze, fattori… ma semplicemente nella presenza di Uno, nella presenza di Gesù che viene ed abita in mezzo a noi, che chiede solo di essere ricevuto, accolto, fatto entrare nella nostra vita per assumere tutta la nostra vita. Tutta la gioia del cuore è possibile - è possibile adesso, in ogni adesso, dentro ogni e qualsiasi condizione - perché è il Signore presente ed è nel Signore presente.

Quando recitiamo il Santo Rosario, il primo mistero che proclamiamo è quello della gioia. Perché lo definiamo della gioia? Perché è il mistero della nascita di Dio, della nascita di Gesù, della nascita di colui che rivela il mistero di Dio, della nascita di colui che viene a svelare l’essere di Dio. Sono definiti misteri della gioia perché portano l’annuncio e la rivelazione del Dio con noi, che Dio è con noi ed è una presenza in mezzo a noi, che cammina con noi. È solo da questa certezza, dall’esperienza certa della presenza di Gesù nella nostra vicenda umana che può scaturire la gioia. Come dice il volantino di presentazione del nostro convegno: “La vera speranza e la piena gioia sono possibili dentro la certezza, l’esperienza di una certezza, l’esperienza di una presenza certa che è più forte e vincente del nostro male, del nostro peccato, della nostra fragilità…; sono possibili dentro l’esperienza di un abbraccio reale, certo, in cui ci si riconosce continuamente perdonati, recuperati, ricostituiti…”. Per questo, la possibilità della speranza e della gioia è prettamente legata all’avvenimento cristiano, all’avvenimento dell’incontro con il Dio con noi, che abita in mezzo a noi e cammina con noi nella presenza reale di Gesù; è prettamente legata all’esperienza della sua presenza sperimentata - dentro la realtà della nostra fragilità, del nostro limite fisico, morale, psicologico - più forte di qualsiasi nostra debolezza e miseria, più forte e vincente su tutte quelle condizioni drammatiche e tragiche che spesso segnano e vincono la nostra vita, e come la sola capace di recuperarla, riprenderla, rigenerarla sempre.

Ascoltiamo cosa ha detto Papa Francesco in una sua meditazione mattutina riflettendo sulle parole di san Pietro “siete ricolmi di gioia” (attenti bene, san Pietro dice siete e non siate): “Anche se si è costretti ad essere afflitti dalle prove quella gioia dell’inizio non sarà tolta… Essa scaturisce da quello che Dio ha fatto in noi: ci ha rigenerati in Cristo e ci ha dato una speranza… Perciò l’apostolo Pietro invita tutti: esultate di gioia indicibile e gloriosa… La carta d’identità del cristiano è la gioia, la gioia del Vangelo, la gioia di essere stati eletti da Gesù, salvati da Gesù, rigenerati da Gesù; la gioia di quella speranza che Gesù ci aspetta… Anche nelle croci, nelle sofferenze di questa vita il cristiano vive quella gioia… Con la pace che viene dalla sicurezza che Gesù ci accompagna, è con noi… È questa la gioia”.

Prima della recita di un Angelus a Piazza San Pietro, il Papa ha detto: “La nostra gioia deriva dalla certezza che il Signore è vicino: è vicino con la sua tenerezza, con la sua misericordia, con il suo perdono, con il suo amore…”. E nell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, ha affermato: “La fede significa anche credere in Lui, credere che veramente ci ama, che è vivo, che è capace di intervenire misteriosamente, che non ci abbandona, che trae il bene dal male con la sua potenza e con la sua infinita creatività… È presente, viene di nuovo, combatte per fiorire nuovamente. La risurrezione di Cristo produce in ogni luogo germi di questo mondo nuovo… Perché la risurrezione del Signore ha già penetrato la trama nascosta di questa storia, perché Gesù non è resuscitato invano”.

È solo questa certezza rinnovata e crescente come esperienza dentro ogni condizione che ci apre ad una continua speranza che permea il cuore di una gioia altrimenti impossibile: la certezza che Dio in Gesù è presente dentro la trama quotidiana e drammatica del nostro umano, è presente e vive con noi fin dentro alle nostre miserie e debolezze mortali, fin dentro a quelle circostanze in cui possiamo ritrovarci tramortiti dal dolore o paralizzati da paure e angosce. Allora potete capire bene perché la “parola”, la realtà con cui è possibile “sfidare” la mentalità del mondo è proprio quella della gioia. La realtà con cui è possibile sfidare tutte le possibili e immaginabili teorie, idee, opinioni del mondo sulla felicità, sulla salvezza dell’uomo, è proprio quella della realtà tangibile della gioia, della realtà concreta e tangibile di uomini che sono nella speranza e nella gioia.

Nicolino Pompei

Resta in contatto

Iscriviti alla Newsletter