QUELLO CHE ABBIAMO DI PIÙ CARO

L’Amore senza misura

Dall’approfondimento “Caritas Christi Urget nos”

Nella presenza di quell’Uomo di nome Gesù si rivela e si compie l’Amore di Dio per l’uomo che è già certamente presente e rivelato nella figura del popolo di Israele, nella figura degli uomini prescelti a guidare e a richiamare il popolo eletto. Amore documentato, in tutto l’Antico Testamento, con parole immense e struggenti, che spesso fanno uso delle analogie dell’amore di un padre o di una madre verso il figlio, di un uomo verso la propria donna, di uno sposo verso la sua sposa. Amore di Dio che già si afferma ripetutamente come Misericordia. Pensiamo solo al salmo 135, nell’incedere di: “Eterna è la sua Misericordia”... Ma ecco l’inaudito, l’Avvenimento sconvolgente ed inconcepibile: “… Tale rivelazione dell’amore e della misericordia ha nella storia dell’uomo una forma e un nome: si chiama Gesù Cristo”. Così affermò Giovanni Paolo II nella Enciclica Redemptor Hominis. Si rivela in “carne e sangue” - come ci ha confermato il Papa Benedetto XVI nell’Enciclica Deus Caritas est. In Cristo Gesù l’Amore di Dio, il suo essere Misericordia, accade in un Uomo. Accade e si rivela come Uomo: ha lo sguardo di un Uomo, ha l’abbraccio di Uomo che va incontro al figlio perduto, confuso, sconfitto, abbandonato a se stesso; ha la presenza umana di un Uomo che si riversa commosso sull’umano caduto e sconfitto, senza forza e direzione. E soprattutto ha lo sconvolgente documento di un Uomo che ama sino a consegnarsi alla morte, a morire della morte che non conosce, non può conoscere, perché è Dio. Perché? Solo per Amore dell’uomo che muore e a vantaggio della salvezza dell’uomo che muore. “Non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici”, disse Gesù ai Suoi, sapendo di dirlo innanzitutto di sé che andava a morire per noi. “Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli… Chi non ama rimane nella morte… Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio, chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è Amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui” (1 Gv 3,16.14; 4,8-9). Questa è la Caritas Christi che ci deve spingere. Questo è l’Amore di Cristo che non può che essere seguito fino all’immedesimazione, perché la vita trovi il suo massimo esistenziale e realizzativo e la sua massima misura nell’Amore di Cristo che non ha misura. San Giovanni ci aiuta a guardare anche un altro fattore decisivo di questo Amore di Dio per noi: “In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione…Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo…” (1 Gv 4,10.19). Sentiamo la medesima verità da san Paolo ai Romani: “Dio dimostra il suo amore per noi perché, mentre eravamo peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5,6-8.10). Il merito e la massima capacità di questo Amore sono tutti in Dio che ci ha amati gratuitamente per primo e senza merito alcuno. E non solo senza alcun merito, ma mentre eravamo ancora peccatori. Investendoci di questo assoluto e gratuito Amore nell’amore crocifisso del suo figlio Gesù. E noi siamo capaci di corrispondere a questo Amore perché amati e investiti sempre e gratuitamente da questo Amore. Un Amore che ci chiama a corrisponderlo per parteciparci il suo Essere solo per amore nostro, solo a vantaggio e per l’esaltazione della nostra vita, e per imparare ad amare con il suo stesso amore. E Gli possiamo  corrispondere solo in quanto amati sempre e gratuitamente, e messi da Lui in condizione di corrispondere a questo Amore, senza alcun merito. Solo in uanto è il suo Amore che mi attira a sé e che arde dal desiderio di unirsi a me. Infatti “corrispondere” trova la sua più esatta significazione nella dinamica del lasciarsi afferrare da chi mi ama gratuitamente e che mi attira a sé senza alcun merito. Dal suo Amore che mi desidera attirandomi a sé, perché io mi immedesimi nel suo Amore, nel suo essere Amore che ama. Dove, capiamo bene, in noi il punto è non resistere ma cedere, lasciarci afferrare come tensione permanente. Una tensione che ha innanzitutto la sua capacità e la sua forza costante e realistica nella Grazia e nella nostra domanda della Grazia. La Grazia è la stessa ausiliare iniziativa dell’Amore di Dio che gratuitamente e incessantemente investe la nostra vita a vantaggio di questo nostro cedimento a Lui, di questa nostra corrispondenza al suo Amore. Ed ecco perché questa corrispondenza è sempre possibile nella stabile posizione del bambino e del mendicante: di chi sa che la capacità di questa risposta di adesione, sino all’aderenza, è nell’iniziativa di questo Amore, nella gratuità e nella fedeltà di questo Amore; e in noi nell’accoglienza e nel cedimento, nel lasciarsi afferrare e portare continuamente da questo Amore. Solo da questa corrispondenza insorge l’esigenza di una vita che desidera amare e chiede di amare tutto in Lui e come Lui. In Lui e come Lui: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”, ci dice san Paolo nella Lettera ai Filippesi. Questo significa “immedesimarsi” o “sino all’immedesimazione”. Avere gli stessi sentimenti di Cristo significa avere lo stesso sentire, la stessa disposizione, lo stesso atteggiamento del cuore come sguardo, affezione, gratuità, attaccamento, tenerezza, compassione, pietà e perdono… che furono in Cristo Gesù e che segnano tutto l’Amore di Gesù. Significa proprio immedesimarsi con Lui, con il suo Essere, con il suo essere Amore, con l’Avvenimento della sua Presenza che investe tutto e tutti dell’Amore del Padre. Immedesimarsi nel suo Amore e nel modo in cui ha amato. Lui è l’Amore che ha amato fino a commuoversi per la miseria, per il peccato e per il tradimento dell’uomo, fino a commuoversi per le loro devastanti conseguenze nell’umano; che ha amato fino a perdonare e a perdonare sempre, fino a consegnarsi totalmente e fino alla morte, per il riscatto, il recupero, l’affermazione e la salvezza dell’io di ciascuno e della vita in noi. Ed è questa la vera imitazione di Cristo. Una imitazione sino alla immedesimazione, che non è questione sentimentale o sforzo di coerenza moralistico comportamentale, ma un semplice lasciarsi afferrare - come un bambino con la sua mamma, guardando proprio come fa un bambino che si lancia verso la mamma e che da lei si lascia afferrare. Un semplice lasciarsi afferrare dalla sua Presenza per lasciarsi immedesimare nel suo Amore. Un semplice lasciarsi afferrare come tensione incessantemente segnata da una preghiera semplice: insistente e persistente semplice domanda, come quella di un bambino. Adesso riprende forza il richiamo - che abbiamo lasciato in sospeso - di san Giovanni: “Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un bugiardo… Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da Lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello” (1 Gv 20-21). La verifica di questo Amore è nel rapporto con l’altro e nell’amore all’altro. Il corrispondere all’Amore di Dio rivelato nell’Amore di Cristo è una vita segnata dall’amore all’uomo. Dice il Papa: “…Viene sottolineato il collegamento inscindibile tra amore di Dio e amore del prossimo. Entrambi si richiamano così strettamente che l’affermazione dell’amore di Dio diventa una menzogna, se l’uomo si chiude al prossimo o addirittura lo odia” (DCE, 16). Non è concepibile l’amore di Dio senza l’amore all’uomo, come l’amore all’uomo senza l’amore di Dio. Dicevamo, qualche istante fa, che l’ambito proprio e peculiare, oserei aggiungere coincidente di questo Amore è l’amore all’altro. Non si può dire di amare Dio, di essere mossi dall’Amore di Cristo se non si è commossi verso l’uomo ed ogni uomo prossimo. E prossimo è ogni uomo che ci accade come prossimità: la propria donna, i figli... ma anche chi ci accade per strada o andando al lavoro. Dai più prossimi fino al più estraneo. Che solo per questo cominci a non sentire più estraneo e di inciampo, secondo i soliti disumani canoni di fiducia o diffidenza, simpatia o antipatia. Ma come un dono che partecipa dello stesso Amore e dello stesso Destino eterno per cui Cristo è morto ed è risorto. L’altro come un dono attraverso cui Cristo ti chiama a partecipare del suo essere Amore, e del suo Amore che perdona sempre. L’altro che ti ritrovi a guardare e a riconoscere - a partire da tua moglie e dai tuoi figli - nella sua vera consistenza che è l’Amore di Dio che l’ha creato. Nella tensione ad imparare ad amarlo sempre con il medesimo Amore con cui tu sei amato da Dio e con cui Dio lo ama. Dio ama e basta. Ama e si dona gratuitamente, e basta. Ama, si dona, perdona e salva, e basta. Ed è sempre fedele. Questo è l’Amore da cui noi stessi per primi siamo continuamente investiti e con cui siamo chiamati ad investire l’altro. Investirlo di un amore contrassegnato dalla gratuità e dal perdono come tensione e sguardo continuo. Gratuità, in cui solo può emergere e riemergere la vera fisionomia originale, il valore e il segno infinito dell’altro, il suo essere originalmente e continuamente amato e voluto da Dio; e il dinamismo positivo di una vicendevole accoglienza, di un rispettoso e devoto attaccamento e di una fedele e feconda reciprocità. E perdono, in cui solo è possibile accogliere veramente un altro sempre diverso da me, mai coincidente con ciò che è stabilito da me; e in cui, solo, l’altro può prendere e riprendere nuovamente spazio, fisionomia e vita come io, sentirsi recuperato come essere sempre amato e perdonato da Dio; e come dono e segno per me, come dono e segno in cui l’Amore di Dio mi chiama e mi richiama a sé, mi educa a sé, mi cambia e mi partecipa il suo essere Misericordia. Anche qui avvertiamo che solo nella Grazia e in una incessante domanda di questa - una domanda caratterizzante l’intera posizione del cuore - lo sconvolgente Amore di Cristo si può radicare in noi e sfondare e trasfigurare continuamente la nostra meschina e perversa misura, il nostro ridotto e finito orizzonte con cui ci rapportiamo con l’altro. Caritas Christi urget nos, sino a partecipare del suo struggimento di Amore per ogni uomo. Uno struggimento per ciò che l’uomo non vive, anche nell’apparenza di una vita tranquilla. Per il suo bisogno fondamentale in cui quasi sempre è solo, confuso, si perde, è ostinato nella presunzione e rimane deluso. Caritas Christi urget nos, sino a sentire l’esigenza di consegnare la vita, di donare tutto se stessi perché altri incontrino e abbiano la Vita, la risposta al loro bisogno di speranza e di felicità. Perché “quelli che vivono non vivano più per se stessi”, nella prigione di se stessi, riversi su se stessi, sulla propria misura mortale, ma per Colui che è la verità e la libertà della vita; Colui che è la verità e la libertà dell’amore, che libera la libertà perché la vita sia adesione alla fonte dell’amore e della gioia e della sua eternità. “Per Colui che è morto e resuscitato” per noi. Questa è la più grande carità verso ogni uomo. Ed è ciò che abbiamo incontrato nello sguardo e nell’umanità di chi - come ci dice il Papa - lo ha reso trasparente e attraente nella nostra vita. Ed è quello che ci urge e ci spinge, dice san Paolo. Anche noi siamo chiamati ad essere questa trasparenza del suo Amore nel nostro amore, nel nostro amare ed amarci: come io vi ho amato - in quanto io vi ho amato e nel modo in cui io vi ho amato - così sia il vostro amore. E da questo mi riconosceranno. In Gesù: la piena rivelazione di Dio, dell’Amore di Dio per noi. In noi: la trasparenza di questo Amore ad ogni uomo. Ed è qui che dobbiamo sentire emergere l’amorevole urgenza di tessere questa nostra amicizia - a cui Cristo ci ha chiamato e ci chiama nella Chiesa - in ogni fenditura in cui la vita degli uomini drammaticamente si svolge. Se abbiamo riconosciuto Cristo come Colui che rivela tutto l’Amore di Dio a noi, se questo suo sguardo d’amore permanente sulla nostra vita è una esperienza permanente che ci segna radicalmente nel rapporto con la realtà, che stabilisce il senso e la ragione della nostra adesione al cammino della nostra Compagnia, la nostra continua mobilitazione deve essere per una presenza umana e operosa dentro la realtà, che tessa la nostra amicizia in Cristo nel segno della carità.

Nicolino Pompei

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