QUELLO CHE ABBIAMO DI PIÙ CARO

Quello che abbiamo di più caro

Intervento di Nicolino Pompei all'incontro con Mons. Carlo Bresciani il 13 aprile 2014

Eccellenza carissima e reverendissima, portando il cuore di tutti coloro che appartengono al movimento Fides Vita, mi permetto filialmente di rivolgermi a lei per manifestarle tutta la mia commozione e la mia gratitudine al Signore per il dono della sua elezione, della sua persona, e oggi della sua presenza in mezzo a noi. Condividerle la gioia di poter avere in lei un padre sicuro e appassionato al nostro cammino di uomini e donne attratti e innamorati del Signore Gesù, travolti dal fascino della Sua presenza, dall’irresistibile fascinazione dell’esperienza traboccante di bellezza e di pienezza di una vita toccata e segnata dalla Presenza di Gesù come avvenimento decisivo e integralmente qualificante. Desidero innanzitutto condividerle tutto me stesso usando delle parole del salmo 83: “Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente”: sì, solo nel Dio vivente, solo nella presenza di Gesù che è la presenza in cui Dio si rivela come uomo e come presenza permanentemente viva e attuale, come “Tu” vivo qui e ora, il cuore e la carne di ogni uomo possono trovare quella totale e piena corrispondenza alla loro originale e irriducibile costituzione ed attesa; e per questo ritrovarsi quell’esperienza di beatitudine e di esultanza incontenibile e irrefrenabile. E solo dove c’è e vive la Chiesa, dove la si incontra come vita, come comunione viva, come corpo vivo, come presenza viva, lì è possibile l’esperienza del Dio vivente, di Gesù, quello vero, quello vivo, quello nato, morto e risorto, quello che salva e compie tutto l’umano: Gesù Cristo, non qualcosa che gli assomiglia... Ce lo ricordava Papa Francesco nella sua Evangelii Gaudium, citando Papa Benedetto: “Non mi stancherò di ripetere quelle parole di Benedetto XVI chi ci conducono al centro del Vangelo: «all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva»”. Ubi Petrus, ubi Episcopus, ibi Ecclesia... ubi Ecclesia, ibi Deus, ibi Christus. L’incontro con lei è profondamente anelato per questo avvenimento, perché chiamato a segnare e confermare in ciascuno di noi proprio questo avvenimento: la presenza di Gesù qui ed ora, la certezza della Sua presenza, mai meno di Lui o di qualcosa che gli assomiglia ma non è Lui. Lì dove c’è la Chiesa nella sua vita e nel suo popolo attorno al suo pastore, lì c’è Cristo. Altrimenti non solo non esulteremmo ma non ci interesserebbe proprio, perché non corrisponderebbe all’esigenza del cuore di ogni uomo. Nell’intervista rilasciata alla Civiltà Cattolica, Papa Francesco ha definito se stesso con queste disarmanti parole: “Io sono un peccatore. Questa è la definizione più giusta. E non è un modo di dire, un genere letterario. Sono un peccatore… Io sono un peccatore al quale il Signore ha guardato”. Radicalmente estraneo ad ogni formalismo, incapace di ricorrere a modi di dire o a generi letterari, obbedendo al mio cuore, anch’io non posso che consegnarmi a lei identificandomi con le medesime parole del Papa: io sono un peccatore al quale il Signore ha guardato, di cui ha avuto pietà, chiamandomi e attirandomi alla Sua presenza e al Suo amore eterno, misericordioso, fedele e irrevocabile. Io sono un uomo continuamente perdonato e ontologicamente attirato dall’amore di Cristo; un uomo commosso, commosso dalla Sua presenza e dal Suo amore, radicalmente innamorato di Cristo. Fides Vita, prima di essere quella compagnia e quel cammino che, senza alcun merito e nessun progetto precostituito, il Signore ha voluto suscitare nella Chiesa attraverso la mia misera persona, innanzitutto è l’esperienza che è accaduta a me, che sta accadendo a me adesso, che segna in maniera totalizzante e decisiva tutta la mia vita e il mio umano. È l’avvenimento che innanzitutto investe la mia vita in ogni suo istante e interamente, in questo momento, permanentemente e integralmente. Da qui e solo da qui è emersa e continua ad emergere una incontenibile e sconfinata passione per la vita di ogni uomo, che mi ha fatto ritrovare nell’imprevedibile esperienza di un incontro, di una sorprendente affezione e di un totale coinvolgimento con l’esistenza di alcuni giovani ragazzi e ragazze; da cui è scaturita irrefrenabile l’esigenza di una compagnia, di un cammino e di un’amicizia permanente nel segno della fede, della presenza di Gesù, perché risultasse l’avvenimento decisivo della vita e dell’umano di ciascuno. Fides Vita senza “et”: la fede come la massima qualificazione della vita in tutta la sua originale attesa e in ogni sua dimensione, come massima esplicitazione e compimento del suo costitutivo desiderio, del suo fondamentale bisogno, della sua assoluta esigenza; la massima esplicitazione della vita come verità, bellezza, intelligenza, capacità, affezione, gioia e amore, dalla quale tutto viene illuminato e dove non c’è più nulla di inutile, banale ed estraneo. Fides Vita: ed è solo la vita che la può dire, che è chiamata a rendere visibile la fede in tutta questa sua ‘‘pretesa’’ di massima esplicitazione, qualificazione, compimento e di massima beatitudine della vita stessa, dell’umano di ogni uomo. Solo la vita che vive, che vive in ogni suo istante, dentro ogni condizione e rapporto con la realtà, è chiamata a rendere visibile l’avvenimento di Gesù dentro la ‘‘vita’’ del mondo, perché altri possano esserne colpiti e attratti, perché altri possano riconoscere Gesù come vero Salvatore e Redentore di ogni uomo. Fides Vita: una compagnia e un cammino come modalità umana, concreta, prossima, immediata e tangibile di quel corpo, di quella comunione e di quella vita che è la Santa Chiesa, attraverso cui Gesù ci ha incontrato e attratto a Sé e dentro cui continua a mostrarsi vivo, ad incontrarci, a salvarci, a camminare con noi per attrarci e innestarci nel Suo amore. Una compagnia di vita, di amicizia e di educazione che da oltre vent’anni vive nella vita della Chiesa e nella comunione con il Santo Padre e con i suoi Pastori; una compagnia che respira con la Chiesa e che “non sarebbe” fuori da questo respiro; una  cattolica compagnia fatta di uomini e donne, bambini, giovani, anziani, famiglie, sacerdoti e laici consacrati, comunque uomini e donne - che sono qui davanti a lei - che la riconoscono come pastore e la mendicano come padre, per servire la Santa Chiesa e cooperare ardentemente, responsabilmente, fattivamente all’unica missione della Santa Chiesa di Dio: quella di annunciare ad ogni uomo Cristo redentore e costruire quella civiltà della verità e dell’amore come segno tangibile e presente del Regno di Dio; vivendo semplicemente, personalmente e responsabilmente questo cammino di adesione all’avvenimento di Cristo che non può che generare l’acceso desiderio di essere una presenza e una testimonianza attiva sia nella Chiesa che nei vari ambiti della realtà dove si è chiamati o ci si ritrova a vivere, dovunque l’uomo vive e si possa incontrare, a partire dalle strade e dalle piazze, dagli ambiti più feriali e di relazioni quotidiane. Senza il tentativo di escogitare o di inventare nuove formulazioni o programmi specialistici, come il grande Giovanni Paolo II affermò nella Novo Millennio Ineunte; ma semplicemente mostrando - con la stessa propria vita che vive la realtà di tutti, dentro le sfide, la problematicità e il dramma del rapporto con la realtà, dentro le proprie responsabilità quotidiane - a quali profondità possa portare il rapporto con Gesù; mostrando tutta la convenienza, la pienezza, la pertinenza, l’intelligenza, la capacità di rapporto e di affronto di tutto, il guadagno e la centuplicazione umana di una vita segnata dalla fede, commossa dall’amore di Gesù. Eccellenza carissima, usando ancora una volta delle parole del grande Solov’ev, le diciamo che “quello che abbiamo di più caro è Cristo stesso, Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della divinità” e quindi tutta la Verità, la possibilità e la pienezza dell’umano, la salvezza e la beatitudine della vita; ed è Tutto quello che segna il cuore del nostro movimento, del nostro cammino, della nostra amicizia e della nostra esperienza educativa. Certamente ci troviamo a vivere un momento storico contrassegnato da un grande caos e da una profonda e grave crisi, che innanzitutto emerge indiscutibilmente da un evidente caos esistenziale, da una lampante e grave crisi esistenziale e umana. Forse rispetto ad altri tempi storici, altrettanto bui, l’aggravante è che questo è un tempo - come nessun altro - in cui la presenza di Cristo e della Chiesa sono radicalmente, culturalmente estranei, assenti, espunti come avvenimento reale nel cuore dell’uomo: è un mondo senza Cristo, ‘‘incristiano’’, svuotato proprio della presenza di Cristo come presenza riconosciuta, attuale, incidente e decisiva, come hanno profetizzato uomini della portata del nostro grande amico Charles Péguy. Un mondo senza Gesù dopo Gesù (non era mai successo); un mondo incristiano, un mondo che è perfettamente riuscito a fare a meno del Cristianesimo, del proprium del Cristianesimo. Diceva il cardinal Ratzinger, alcuni anni prima di essere eletto Papa, che ‘‘l’uomo di oggi è uno per cui il Cristianesimo è un passato che non lo riguarda più’’. È una condizione e un richiamo che, come sempre e direi come non mai, riguarda, provoca e coinvolge innanzitutto la Chiesa intera, senza che nessuna delle sue ‘‘membra’’ dia per scontata o acquisita la fedeltà alla sua originale costituzione, alla sua essenzialità vitale e irriducibile, alla sua assoluta e imprescindibile missione. E quindi riguarda e coinvolge anche ciascuno di noi. Comunque, assumendo pienamente il giudizio di un nostro caro amico giornalista e scrittore, riportato in una sua ultima intervista, ciò che questo tempo provoca è esattamente quello che, ‘‘dopo il crollo totale di una civiltà’’, ha suscitato e spinto non un prete, ma un laico, un giovane, un semplice battezzato, Benedetto da Norcia, a ripartire dall’Essenziale, cioè da Cristo stesso, trascinando con sé una moltitudine di uomini, compreso un grande Papa. Proprio ricominciando da Uno e non anteponendo mai nulla all’Amore di Cristo. Secoli dopo, ‘‘quando l’Europa sembrò ai vertici della sua potenza e invece ancora una volta l’edificio ecclesiale stava di nuovo per crollare’’, la presenza di Gesù travolge la vita di un giovane di Assisi, a cui parla personalmente dicendogli: ricostruisci la mia Chiesa. Non un ecclesiastico, un cardinale, un vescovo, un teologo, un esperto in pastorale… ma semplicemente un uomo, un giovane uomo, un carnalissimo giovane uomo travolto dal realissimo incontro con Gesù, dall’amore di Gesù, dal carnalissimo amore di Gesù. Tutto il Cristianesimo si è sempre affermato, diffuso e riaffermato per contagio, per attrattiva, nell’incontro e nell’impatto travolgente con la vita di uomini e di donne attratti e travolti dalla presenza di Gesù, accalorati nel cuore e nell ’ intelligenza dal l ’amore di Gesù. Attraverso uomini e donne ontologicamente commossi da Cristo. Nei momenti più cupi, ‘‘come quando anche il papato sembrava lì per lì per diventare il cappellano del re di Francia, chi salva la figura decisiva del Papa?’’: ancora una volta una ragazza, una semplice ragazza analfabeta chiamata Caterina, Caterina da Siena. Mi si perdoni l’insistenza: è solo per e dalla presenza e testimonianza di uomini e donne radicalmente e integralmente segnati dall’amore a Gesù e dall’amore di Gesù - i poveri in spirito -, attraverso un umano che si afferma dentro una impareggiabile intelligenza, pienezza, bellezza, amore, bontà, gioia proprio da questa sequela a Gesù, da questo attaccamento a Cristo, che si comincia e si ricomincia sempre, si costruisce e si ricostruisce tutto. Ed è ciò che deve caratterizzare permanentemente la nuova evangelizzazione, come lo stesso Papa Francesco, seguendo la grande indicazione di Papa Benedetto, ci richiama costantemente: “La Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione”. Nel suo discorso ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, il Papa ha posto senza mezzi termini l’urgenza di “risvegliare nel cuore e nella mente dei nostri contemporanei la vita della fede. La fede è un dono di Dio ma è importante che noi cristiani mostriamo di vivere in modo concreto la fede, attraverso l’amore, la concordia, la gioia, la sofferenza, perché questo suscita delle domande, come all’inizio del cammino della Chiesa: perché vivono così? Che cosa li spinge?... Ciò di cui abbiamo bisogno, specialmente in questi tempi, sono testimoni credibili che con la vita e anche con la parola rendano visibile il Vangelo, risveglino l’attrazione per Gesù Cristo, per la Bellezza di Dio... C’è bisogno di cristiani che rendano visibile agli uomini la misericordia di Dio, la sua tenerezza per ogni creatura...”. E questo, continua Papa Francesco, “esige l’impegno... che richiami l’essenziale e che sia ben centrato sull’essenziale, cioè su Gesù Cristo. Non serve disperdersi in tante cose secondarie e superflue, ma concentrarsi sulla realtà fondamentale, che è l’incontro con Cristo, con la sua misericordia, con il suo amore... Ci potremmo chiedere: com’è la pastorale delle nostre diocesi e parrocchie? Rende visibile l’essenziale, cioè Gesù Cristo?”. Rendere visibile l’Essenziale, cioè Gesù Cristo: questo è l’Avvenimento imprescindibile, da cui si scatena e si irradia tutto, da cui si genera la possibilità di una vita e di una civiltà nuova e vera. Basta con questi tentativi clericali, valoriali, spiritualistici, moralistici, astrattissimi, tristi ed elitari, spesso molto presuntuosi e intoccabili. Basta con il valzer e la salita in cattedra di esperti in psicologia, sociologia, teologia, esegesi, pastorale e progettualità astratte e sofisticate. Così come, dall’altro lato, basta con quel deleterio e irresponsabile qualunquismo e populismo con cui si continuano a maledire la società, i tempi oscuri, la disonestà diffusa... Occorre semplicemente e urgentemente tornare a Gesù, ad incontrare Lui e a riportare Gesù tra la gente; occorre che la vita di ogni uomo si possa riaccendere per la presenza di Gesù attraverso l’incontro e la testimonianza di uomini e donne che nel loro umano che vive e si rapporta responsabilmente nei vari ambiti della realtà - dal quotidiano più privato, feriale e casalingo alla realtà di rapporti, di presenza e di responsabilità pubblica come il lavoro - trasudino e sovrabbondino di una bellezza, di un amore, di una gioia, di una intelligenza e di una operatività impareggiabile e travolgente, che può scaturire solo da una vita attratta e attaccata a Gesù. Questo è ciò che sentiamo come passione, urgenza e responsabilità verso noi stessi e verso ogni uomo. Ed è ciò che segna la nostra educazione permanente come cammino e amicizia. Fides Vita: una compagnia ecclesiale segnata da un cammino pedagogico e da un’amicizia vissuta nel Signore Gesù che arde dal desiderio di riaffermare dappertutto il Cristianesimo vero, ‘‘facile’’ e felice di Gesù, quello della Santa Chiesa. Quello che mi ha folgorato nella persona, nella paternità e nel magistero del grande Giovanni Paolo II - il grande Papa da cui la mia vita, nell’incontro sconvolgente con Gesù, è stata accolta nella Santa Chiesa. Dentro il suo costante invito a risvegliare e a lasciar incontrare il bisogno più profondo dell’uomo - il bisogno di essere veramente se stessi, di essere amati e di essere uomini interi e pieni - dalla presenza di Cristo redentore; a non avere paura di aprire, anzi di spalancare tutta la vita, il proprio umano, con tutte le proprie fragilità e miserie, a Colui che della vita è il Signore e per questo il Salvatore. Il Cristianesimo riaffermato e approfondito dall’impareggiabile magistero di Papa Benedetto XVI, che ci ha invitato a rimettere a tema proprio la fede; non solo a non viverla come un presupposto ovvio ma a prendere coscienza dell’urgenza di rincontrala, riproporla e riaffermarla nella sua originalità ed essenzialità, come Grazia e come riconoscimento della presenza di Gesù qui e ora; come avvenimento e come avvenimento ragionevole ed esaltante la ragione, perché la fede non sia qualcosa di estraneo o di aggiuntivo alla vita e quindi in fondo irrazionale, ma la Grazia di una reale e continua esperienza di massima esplicitazione ed esaltazione dell’uomo e della vita in tutta la sua dimensione e attesa; perché la fede, l’intelligenza della fede risulti per ogni uomo la vera intelligenza della realtà. E oggi il Cristianesimo che prorompe dalla sorprendente, disarmante, irresistibile, fervida e raggiante testimonianza di Papa Francesco e del suo quotidiano, elementare e contemporaneamente acutissimo e profondissimo magistero; che trova, come non mai, una travolgente simpatia e una sorprendente e rinnovata recezione tra la gente, a conferma del bisogno più profondo e dell’urgenza che ogni uomo ha di incontrare Gesù, proprio Lui, e di essere abbracciato dal Suo Amore misericordioso. Se il Cristianesimo non è questo e non si afferma a questo livello non ci interessa. Ma a chi può interessare e chi lo vuole…!?! Continuerà solo ad essere percepito, insieme alla Chiesa, come un ‘‘mondo’’ lontano, astratto, estraneo, non  pertinente all’umano, fatto di regole e leggi, di virtù eroiche e di distinzioni, che non sente, non incontra, non intercetta, non sa riconoscere, accogliere e appassionarsi al bisogno più profondo, urgente e drammatico di ogni uomo. Tradendo la sua vera natura, il suo proprium e la sua originale e assoluta pretesa... e tradendo l’uomo nella sua vera e irriducibile natura di bisogno, di attesa, di desiderio. Eccellenza carissima, noi vogliamo semplicemente vivere e affermare il Cristianesimo, quello vero, ‘‘facile’’ e felice, perché l’unico capace di incontrare, accogliere e rivelare pienamente l’uomo ad ogni uomo e l’unico capace di corrispondere e soddisfare pienamente e veramente il desiderio del cuore, l’esigenza infinita del suo cuore. Noi ardiamo solo di e per questo Cristianesimo. E solo per  questo siamo qui nell’acceso desiderio di essere da lei incontrati, conosciuti, guidati, sostenuti e anche verificati e corretti. Io per primo vivo questa esigenza di consegnarmi umilmente a lei, sapendo di consegnarmi a Cristo e alla Sua Chiesa. Pronto ad essere giudicato secondo i più serrati e rigorosi criteri della ragione, della fede come vertice della ragione stessa, come unica verità e massima intelligenza dell’umano e di tutta la realtà. Guardando e vagliando semplicemente, veramente e rigorosamente solo i fatti, la realtà e il cammino secondo la vita della Chiesa. Lo stesso Gesù nella Sua espressione “vieni e vedi”, non solo pone il metodo di riconoscimento della Sua vera identità e della Sua originale e attuale presenza come un fatto e una esperienza reale, tangibile e verificabile dalla libertà, dalla ragione, dall’umano di ciascuno, ma anche la conferma dell’insostituibile, certo e ragionevole metodo e criterio di ogni giudizio. Il resto sono chiacchiere, riduzioni, farisaici pregiudizi, se non addirittura pianificate calunnie. Eccellenza carissima, le sue prime parole, appena dopo la sua nomina, ci hanno sinceramente e profondamente commosso e confortato, confermandoci nella struggente certezza che non siamo soli: “Il Signore ci accompagna, nella gioia e nella fatica. Egli è sempre fedele compagno di viaggio. Lui ci indicherà la strada. Questa certezza ci sostiene e ci conforta. Questa è la nostra forza, il crocifisso risorto, vivo e operante in mezzo a noi attraverso il suo Santo Spirito”. Sì, questa è la nostra certezza e la nostra unica forza. E io vivo solo perché ogni giorno possa continuare ad incontrare e a vedere con i miei occhi Gesù all’opera. Possa continuare a vedere, innanzitutto in me, nella mia vita, il meraviglioso e stupefacente avvenimento dell’operare della Sua Grazia; l’attualità della Sua presenza, del Suo sguardo, del Suo amore e delle Sue parole che scaldano, rispondono, attirano, guariscono, perdonano, liberano, salvano, rialzano, riaffermano, fecondano, soddisfano, compiono e centuplicano la vita di ogni uomo. Con questa preghiera concludevo il nostro 22° Convegno: “Signore Gesù, quello che intensamente desideriamo è amarti dentro ogni cosa e sopra ogni cosa, non solo perché senza di te non possiamo vivere e non possiamo fare nulla, ma perché noi vogliamo ardentemente vivere e fare tutto con te, in te e per te. E così testimoniare al mondo intero, dal più prossimo al più estraneo e lontano, nell’evidenza tangibile e semplice del nostro umano che vive, cosa si perde a non vivere con te, in te e per te. Perché dall’esperienza di bellezza, di gioia, di amore, di pienezza e di intelligenza che sovrabbonda nell’umano di chi vive attaccato a te, ogni uomo possa sentirsi attratto verso la tua presenza, travolto dal tuo amore e lasciarsi anch’egli attaccare a te, per sentirsi continuamente esaltato e compiuto nel proprio umano, in tutto il suo umano proprio dall’attaccamento della vita a te. A te che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen”. Solo da questa continua e personale esperienza di sovrabbondanza umana, solo da questo ‘‘pieno’’ del cuore, sono scaturite e scaturiscono iniziative e opere che man mano stanno emergendo dalla libertà e responsabilità di qualcuno di noi. E che spero possa anche lei al più presto incontrare. A conclusione, voglio rivolgere anche a lei ciò che, dopo la sua elezione, desiderai scrivere all’indirizzo di Papa Francesco: “Siamo qui e ora, con passione ed entusiasmo filiali, a professarle la nostra certa e lieta obbedienza, a dirle il nostro radicato e radicale desiderio di attaccare a lei e al suo magistero il nostro cuore per attaccarlo a Gesù nostro Signore, per continuare con lei e dietro di lei ad imparare ad amare Gesù e a servire e costruire la Santa Chiesa di Dio: la permanente e contemporanea compagnia della presenza di Gesù ad ogni uomo, dal cui sorprendente incontro, diversi anni fa, siamo nati alla fede e quindi alla vita vera; siamo nati come cammino di amicizia e di educazione continua alla fede nel Signore Gesù Cristo perché, in un continuo e drammatico coinvolgimento del desiderio, della libertà e della ragione, sia l’avvenimento affermativo e decisivo della vita”. Eccellenza carissima, mi creda: è dal profondo del mio cuore filiale che è scaturita l’esigenza di poterla incontrare e accogliere in questa modalità. Lontano da ogni vuoto e deleterio formalismo, chiedendole perdono per il tempo che ho potuto togliere alla sua parola, ho voluto parlarle a cuore aperto, per quello che sono e che siamo, così come sono e siamo, con la libertà e forse l’audacia di chi comunque non ha nulla da difendere, ha solo da imparare e umilmente obbedire, di chi si riconosce solo figlio, figlio della Chiesa, figlio che respira solo con la Chiesa e nella sicura comunione con il Santo Padre; di chi, stando di fronte a lei, sa di stare di fronte ad un padre e mendica solo un padre, segno dell’unico Padre ricco di misericordia, e che solo per questo spera di essere confortato e sostenuto e non teme, anzi desidera, essere richiamato e corretto. Con gioia ed esultanza allora, proprio come figli, mostriamo tutta la gratitudine al Signore e la nostra gioia per la sua elezione e la sua presenza tra di noi. Ci permettiamo umilmente di chiederle di sentirci e di portarci sempre nel suo cuore e - mi scusi l’ulteriore insistenza – di esserci padre secondo la paternità e il cuore di Dio. Quanto a noi, può essere certo che non mancheremo mai di mostrarle la nostra figliolanza fiera, fedele, amorevole, intelligente, feconda, simpatica e festosa. Non mancheremo mai nella nostra preghiera di assicurare al Signore la sua persona e il popolo che ora le è affidato. Particolarmente alla Santa Madre di Dio, alla Madre della Chiesa e di ogni uomo, certi della sua potente e incessante intercessione, affidiamo lei, il suo essere pastore e tutte le intenzioni che porta nel suo cuore. Grazie Eccellenza: evviva Cristo Re, evviva Papa Francesco, evviva il nostro Vescovo Carlo!

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