QUELLO CHE ABBIAMO DI PIÙ CARO

Sia benedetto Iddio per questo cuore!

Dall’approfondimento “La bocca non sa dire né la parola esprimere: solo chi lo prova può credere cosa sia amare Gesù”

C’è sempre in noi in agguato una grande tentazione che bisogna avere ben presente. Quella di relegare l’Avvenimento ad un passato. Di dargli spazio per qualche istante, magari dopo alcuni momenti in cui ci viene riaffermato attraverso degli incontri come questo, in cui ci risentiamo colpiti e commossi dalla sua Presenza, per poi subito dopo lasciarlo lì, ed essere presi da altro. L’Avvenimento di Cristo, che un istante prima ha riacceso il cuore fino alla commozione, un istante dopo viene lasciato lì, a quel momento lì. Per ritrovarci subito dopo a buttarci su altro. Ci autosospendiamo da questo rapporto vivo, quasi non fosse più necessario continuare a riconoscerlo vivo, quasi non fosse più il desiderio di ogni istante della nostra vita. Come se quello che mi è accaduto, l’Avvenimento che mi è accaduto e che si ripresenta sempre come Avvenimento, non debba continuamente essere riconosciuto vivo e contemporaneo al mio tempo. Non debba essere tutto quello che deve continuare ad accadere vivo in me e a trovarmi incessantemente aperto. Come se il corrispondergli, ad un certo punto, fosse assicurato alla mia capacità, alle mie forze e dovessi creare io la strada per questo rapporto. Un’altra espressione di questa tentazione è la presunzione di sapere già e di non sentire necessario quello che normalmente viene portato o richiamato da incontri come questo, da quelle parole che normalmente formano il nostro dialogo. Attenzione, non c’è contraddizione con la nostra tematica. Tutto quello che le parole portano e che siamo chiamati ad imparare e ad imparare sempre, è solo per imparare a stare alla presenza di Cristo come Avvenimento che accade istante per istante. Come la verità di me che mi è ridata istante per istante. Istante per istante, significa che non ci può essere istante senza che ciò che è assolutamente salutare e decisivo per la vita, che è tutta la ragione della libertà e la vera libertà della ragione, sia la mia tensione permanente e contemporanea. Insomma, se siamo leali non possiamo non riconoscere la facile tentazione di rivoltare la nostra vita su altro. Magari su altro che attiene alla vita della compagnia, della nostra parrocchia, della nostra famiglia... ritrovandoci man mano a far fuori e comunque a distogliere lo sguardo dall’Avvenimento di Cristo e a sospendere la nostra tensione dalla strada in cui siamo chiamati a riconoscerlo vivo. Se siamo un minimo leali, non possiamo non guardare quanta energia sprechiamo per fissare e far diventare occupazione e scopo quello che non solo muore - che fissato da noi e fissato come occupazione e scopo muore, ci muore tra le braccia - ma che non corrisponde alla fondamentale attesa della vita e alla nostra vocazione. Ve lo ripeto: il medesimo giudizio vale anche quando ci ritroviamo distolti da questa contemporaneità perché presi a spendere tutte le nostre energie - nel cammino della Compagnia o dentro la dinamica della nostra vocazione - o su un attivismo operativo fatto di immagini e preoccupazioni nostre o su tutto ciò che consegue, sulle conseguenze, che invece diventano proprio tutta la nostra occupazione, in cui magari eroicamente ci consumiamo. Per aiutarvi a capire meglio, assecondo per un attimo questa direzione e vi pongo una domanda: ma i tuoi figli o i tuoi parrocchiani, i giovani o le persone che incontri di cosa hanno bisogno? Loro - come me e te - hanno bisogno sempre di qualcuno da guardare come generato continuamente alla vita. Hanno bisogno di guardare in me e te l’Avvenimento vivo e determinante ora la mia e la tua vita. Hanno bisogno di incontrare uno sguardo umano a cui il cuore non può resistere per quanto rispondente e corrispondente alla originale esigenza di felicità. Non hanno bisogno di una bocca che sappia discorrere sulla vita o di parole astratte che la descrivano. Ma di avere davanti a loro un’esperienza umana viva, libera ed intelligente, che li aiuti a vivere il dinamismo della ragione, della libertà, dell’amore, dentro una strada. Una strada, un metodo, una continua educazione, innanzitutto attuali e vivi in noi, e quindi nella possibilità di essere verificati come i più adeguati a saper affrontare e vivere il drammatico rapporto con la realtà tutta. Un’umanità viva, piena e totale davanti ai loro occhi, che gli faccia incontrare ora, in ogni ora, Gesù come Presenza reale e concreta, e capire cosa significa, che cosa porta alla vita amare Gesù, cosa comporta consegnare tutto se stessi alla presenza e alla sequela di quell’Uomo di nome Gesù. Hanno bisogno sempre di quello di cui noi in ogni istante abbiamo bisogno e siamo desiderio sempre. Allora vedete, anche seguendo questa direzione, siamo rimessi sempre e comunque di fronte a noi stessi e a chi sta accadendo adesso alla nostra vita come Presenza che la nutre e la afferma. Noi siamo questa fame e sete incessante di Infinito. Ed è solo in un continuo attaccamento a Lui che è possibile la continua soddisfazione. Autosospendersi da questa tensione per vivere altro è come autosospendersi dal cibo e dall’acqua: oggettivamente e contemporaneamente vitali per ogni momento dell’esistenza. E tutta la nostra azione e il nostro agire sono sempre il documento del nostro essere attaccati e consegnati all’Amore di Cristo che ci fa essere in ogni istante. Altrimenti è solo un altro tentativo di affermazione di sé con il pretesto di Dio o della Compagnia. Di affermazione di immagini e progetti stabiliti da me in cui trovare appoggio e sicurezza, autorealizzazione e autoappagamento. Qualsiasi azione, con tutto il suo dovuto e richiesto impegno creativo ed operativo fino alla consumazione, non può che essere la trasparenza e la testimonianza del mio attuale amore a Cristo, del mio cedimento a Lui, del mio lasciarmi assumere da Lui nel suo Amore. Anche la Compagnia se non è riconosciuta come la modalità che Gesù non solo ha stabilito ma adesso stabilisce, permanentemente stabilisce come modalità per il permanente e contemporaneo rapporto con Lui, il rischio gravissimo è quello di scartarla come Compagnia sacramentale, e quindi di ritrovarci di fatto a far fuori la presenza di Gesù. Se la Compagnia non è riconosciuta e vissuta come cammino e come amicizia sacramentale e pedagogica per la permanenza e l’incidenza dell’Avvenimento di Cristo nella nostra vita, la Compagnia non è niente. È solo un rifugio e un paravento alla nostra insicurezza esistenziale, alla nostra paura di vivere e di affrontare il rapporto con la realtà. E anche la continua proposizione di gesti, di dialogo e approfondimento, l’affermazione più luminosa, fraterna, necessaria ed evidente di indicazioni, richiami e correzioni, ci troverebbero in uno stato di abitudine e assuefazione, di estraneità o reazione. E per questo non sarebbero nemmeno più sentiti e ascoltati. Anzi, sarebbero anche evitati, nel tentativo intoccabile di continuare a fissare la vita su cose e fattori sensibili stabiliti e ordinati da noi, in cui poter largamente spadroneggiare.

Ma la misericordia di Dio, come vi ho detto qualche istante fa, la misericordia di Dio, creandoci, ha posto in noi un fattore di positività irriducibile e ineludibile: il cuore. Il nostro cuore, in tutto il suo essere desiderio inesauribile e irriducibile dell’amore infinito di Dio, non è stato creato e posto da noi. Ma da Dio stesso. E quindi non è mai fino in fondo manipolabile, da niente e da nessuno. Ed è così vero e oggettivo che qualsiasi menzognera immagine e risposta cerchiamo di dargli o di imporgli, prima o dopo la rigetta svelandone l’inganno e la menzogna. Il cuore rivela il suo carattere oggettivo proprio nel fatto che è incontentabile se non dall’Infinito, dall’Eterno, dalla Verità, dalla presenza di Cristo. E la caratteristica dell’incontentabilità è qualcosa di permanente, è proprio il suo carattere permanente. Allora, capite bene che il rapporto con Cristo non può mai risultare un dato del passato o di qualche momento. Non può essere relegato ad un entusiasmo passeggero ritrovato dalla partecipazione a dei gesti come questo, per poi buttarsi su altro. Non può essere mai sospeso a vantaggio di nessuna indebita preoccupazione-occupazione. Il rapporto con Cristo è una contemporanea compenetrazione permanente della vita con Lui e in Lui presente. Meno di questo è come se togliessimo il respiro alla vita. Non c’è un momento in cui la vita non abbia bisogno e desiderio di respirare. Se solo, per qualche secondo si sospendesse dal respirare, morirebbe. Il rapporto con Cristo o è dentro questo dinamismo o non è. La medesima certezza risulta dalla struggente affermazione di sant’Agostino: “Mi hai fatto per te, o Signore, e il mio cuore è inquieto finché non riposa in te”. Se Dio ci ha fatto per Lui, il cuore è sempre dentro questa tensione. Se la vita che il cuore porta e afferma in tutta la sua essenzialità ed esigenza è fatta per la Totalità, è solo Cristo e soltanto Lui che la compie continuamente. Non è un qualcosa di stabilito da noi o il frutto di un nostro ragionamento. È semplicemente l’esperienza che sorprendiamo dalla vita in atto, che la ragione stessa sorprende nell’atto del vivere, guardando la vita che accade nel suo svolgimento quotidiano, nel rapporto con la realtà. E quando siamo presi dalla sua Presenza è proprio lì, come è accaduto ai Primi, che prendiamo coscienza di che cosa possa corrispondere al nostro cuore e di che cosa sia urgente e necessario perché questa corrispondenza permanga. È solo per questo che siamo qui e siamo in Compagnia. Noi non siamo qui e in Compagnia solo per il fatto di aver incontrato Cristo, ma per continuare ad incontrarlo. O meglio, per lasciarci incontrare ed investire dalla sua Presenza. La nostra adesione alla Compagnia, al cammino della nostra Compagnia, segnato da gesti, incontri, dialogo e approfondimento, preghiera, lavoro, educazione... è solo perché la vita sia segnata ed investita incessantemente e radicalmente dalla sua Presenza come Avvenimento determinante e decisivo. Anche il continuo richiamo all’Amicizia è fondato proprio sulla tensione a riconoscerci reciprocamente e a corrisponderci per la memoria di Cristo presente. Per la presenza di Cristo affermata negli istanti e i momenti dentro cui la vita si svolge quotidianamente. Per lasciarci incontrare da Cristo e per la continua esperienza della sua Presenza e del suo Amore, che incessantemente mendica la nostra libertà e il nostro cedimento. Il nostro cammino è una modalità e un’esperienza della vita e della comunione della Chiesa in cui Cristo vive e salva. E la nostra comunione è la modalità e il segno attraverso cui “la Vita che ha distrutto la morte, l’Amore che ha lavato il peccato, Cristo risorto dai morti” si rende presente per assumere ed assimilare anche noi dentro questa inaudita esperienza. Ed è solo per questa esperienza che il cuore è stato fatto. Solo in quest’esperienza il cuore trova continua soddisfazione alla sua incessante esigenza. Quello che il cuore desidera e la vita attende non è solo l’incontro con Cristo, ma la permanenza della vita nel continuo rapporto con Lui, dentro una convivenza che ci assimila a Lui. Il desiderio del mio cuore allora non può sopportare che ci si possa sospendere da questo attaccamento, strappare da questa esperienza di convivenza e dal cammino stabilito e voluto per questa esatta esperienza di Lui. Il cuore è sempre mobilitato e acceso per rintracciare il suo Volto dentro ad ogni rapporto ed azione che la vita vive e pone. Sia benedetto Iddio per questo cuore irriducibile, ineludibile e a cui non corrisponde altro che l’Infinito! Questo cuore, in cui troviamo affermato tutto il nostro umano, è il nostro più grande amico ed alleato. Ed è proprio per questo che non ha mai timore di gridarci: che cosa mi hai dato e che cosa mi stai dando? I tuoi pensieri, le tue opinioni, le tue reazioni, le tue immagini, le tue preoccupazioni, le tue preferenze, i tuoi scopi... le tue devozioni, i tuoi impegni, i tuoi discorsi, il tuo attivismo, le tue regole...  Ed è proprio per questo che non teme di rinfacciarci che nulla gli basta e tutto gli sguazza, fuorché l’Infinito, l’Infinito fatto carne, fuorché la presenza di Cristo.  

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