QUELLO CHE ABBIAMO DI PIÙ CARO

Vieni e vedi

Dall’approfondimento “Mostraci il Padre e ci basta… Chi ha visto Me ha visto il Padre”

Torniamo a quei due uomini che si sentono per primi rivolgere quella domanda da Gesù: “Che cercate?”. Anche in loro - certamente segnati nel cuore dall'attesa di cui viveva tutto il popolo ebraico - quella domanda ha avuto l'effetto di una nuova chiarificazione e rivelazione dell'attesa del loro cuore. Sentono che davanti a quella presenza il loro cuore scalpita e prorompe in tutta la sua assoluta esigenza e in tutta la sua forza di desiderio. Per questo, avvicinandosi a Lui, rispondono: “Rabbì, maestro, dove abiti? Dove stai?”. Rispondono con un'ulteriore domanda che lascia intravvedere tutto il presentimento di questi uomini verso Gesù. Il presentimento di una corrispondenza impossibile al cuore, che proprio perché impossibile attrae il cuore stesso a stare con Lui per sapere chi è e dove sta. La risposta di Gesù è ancora più disarmante: “Venite e vedrete”. Solo questo. Da 2000 anni non c'è proposta e metodo più razionale, concreto, totalmente e interamente rispettoso e coinvolgente l'umano, la libertà e la ragione, di questa risposta di Gesù. Risponde offrendo una strada continua alla ragione e alla libertà come verifica della verità di quella corrispondenza intensamente sentita dal cuore. È come se volesse accompagnarci dentro questo riconoscimento di Lui, spalancando continuamente la nostra ragione e investendo pienamente la nostra libertà, per l'esperienza di unicità e di verità della sua presenza che solo corrisponde al cuore. Nella storia non c'è una proposta così. O meglio, non si ritrova la pretesa di essere tutto l'avvenimento in cui consiste la vita di un uomo che contemporaneamente si proponga alla continua verifica dell'umano, che proprio chieda la continua verifica dell'umano, che reclami tutto il coinvolgimento dell'umano, senza censurare nulla. A partire dalla ragione. Una ragione che proprio dentro questa proposta e questo metodo trova il massimo del suo coinvolgimento e l'apice della sua natura. Venite e vedrete. E quei due uomini andarono. Aderirono immediatamente alla proposta di andare con Lui. E rimasero con Lui per tutto quel giorno. Non ci viene detto nient'altro di quelle ore. Ma non facciamo fatica ad immaginarceli mentre lo stanno ad ascoltare per ore. Mentre gli aprono il loro cuore con la facilità e la familiarità di chi si sente di essere alla presenza di uno che lo conosce e lo comprende tutto. Per ore lo sentono e lo vedono parlare, affermare la vita e la realtà come nessuno. E il cuore scalpita, arde, è incontenibile. Che intensità e che meraviglia continua saranno state per loro quelle ore di ascolto, di sguardi, di dialogo con Lui! Certamente dovrà essere cresciuta in loro la certezza di essere di fronte ad una presenza inaudita, assolutamente eccezionale. Eccezionale perché totalmente diversa; diversa ed eccezionale nel senso di come parlava, guardava, ascoltava, trattava, svelava, pensava, affermava... “Nessun uomo ha mai parlato così!”. Tanto che, dopo essersi congedati da Lui, non riescono a staccarsi dalla memoria della sua presenza, delle sue parole, del suo sguardo che continua a dominare la loro testa e il loro cuore. Quello che sappiamo sicuramente è che subito dopo - non sappiamo esattamente quanto tempo dopo - ritroviamo Andrea nell'entusiastica e irrefrenabile ricerca di suo fratello Simone, di Simon Pietro. Con molta probabilità si incontrano in riva al mare, mentre Pietro, che era pescatore, è intento a riassettare le reti dopo una pesca che quasi sempre risultava infruttuosa. È facile immaginare l'umore e la faccia di Pietro. Ci pare di sentire il contrasto tra l'entusiasmo della voce e la luminosità della faccia con cui Andrea gli corre incontro e la faccia di Pietro, segnata da una costante delusione e fatica. “Pietro, Pietro!!”. E lui che avrà risposto: “Cosa c'è, cosa c'hai da gridare? Cos'è quest'entusiasmo?”. “Pietro ascoltami, abbiamo trovato il Messia”. Non ci sono grandi parole. Non c'è una riunione o un raduno spirituale e teologico. C'è solo e semplicemente l'entusiasmo del cuore segnato dall'iniziale certezza, che comincia a crescere in quegli uomini, di aver trovato una presenza che non ha pari e per cui il cuore sente una sconvolgente familiarità, corrispondenza e attrattiva. Tanto da indicarlo - senza ancora comprenderlo - come il Messia. Pietro, pur dentro una comprensibile e iniziale diffidenza, non può non considerare che è suo fratello che gli parla e quindi, oltre all’amore, anche la fiducia che ha verso di lui. Ma soprattutto non può evitare di sentire l’inspiegabile ma evidente certezza con cui Andrea dice quelle parole e di constatare la sua faccia che non aveva mai visto così raggiante e luminosa. C'è semplicemente da seguire quell'invito ad incontrare Gesù che Andrea gli rivolge, perché possa verificare lui stesso. “Che tu possa incontrarlo almeno una volta”, gli avrà detto Andrea.

È proprio semplice la proposta cristiana, il suo metodo di conoscenza e di verifica: vieni e vedi, vieni a vedere. È una provocazione semplice ed elementare di tutta la dinamica dell'umano. Che ti invita a questa verifica dentro ad un cammino, senza censurare nulla di te stesso. È proprio il metodo di Dio per la salvezza di ogni uomo, che mendica tutto il nostro umano e l'apertura del nostro cuore secondo la sua originale costituzione. E non una volta, ma in una continua tensione e sequela, in cui solo è possibile conoscere e raggiungere la certezza della sua presenza che si coinvolge nella storia facendosi Uomo, facendosi quell'Uomo, facendosi Gesù, per il compimento e la salvezza di ciascuno di noi.

Pietro segue suo fratello. Ritrovando, nell’incontro con Gesù, la medesima esperienza di seduzione e di attrattiva. E quell’uomo di nome Gesù comincia da lì in avanti a riempire tutto il suo cuore e la sua vita, fino a non staccarsene più. La presenza di Gesù diventa per questi uomini una presenza evidentemente irrinunciabile e totalizzante. Così irrinunciabile e totalizzante da diventare avvenimento e compagnia permanente. Inizialmente, magari verso sera, tornano pure nelle loro case, per ritrovare i loro cari e le loro famiglie. Ma in maniera sorprendente si ritrovano uno sguardo e una commozione per quei volti che normalmente formano il loro quotidiano, che si giustifica solo per l'imponenza di quella presenza che hanno incontrato e che si mantiene viva davanti ai loro occhi anche quando tornano a casa. Comunque è un fatto che nelle ore e nei giorni successivi c'è l'ulteriore coinvolgimento di altri uomini attraverso altrettanti incontri con Gesù. Uno di questi è proprio con Filippo. Il Vangelo di Giovanni ci riferisce con essenzialità che “il giorno dopo, Gesù decise di partire per la Galilea. Lì trova Filippo e gli dice: seguimi”. Ci viene riferito che Filippo è della stessa città di Andrea e Pietro, Betsaida. Il suo nome è di origine greca come quello di Andrea, nonostante Filippo fosse di origine ebraica. È anche lui tra i primi chiamati e tra i primi a rispondere a Gesù. E anche in lui emerge evidente il documento di questa travolgente esperienza, tanto da fargli immediatamente sentire l’esigenza di incontrare un suo amico, Natanaele, al quale mostra tutto il suo ardore per aver trovato colui “del quale scrissero Mosè nella legge e i profeti: è Gesù, il figlio di Giuseppe di Nazareth”. Mi risulta sempre struggente ed impressionante il dinamismo di questi incontri e di questi dialoghi, tutti segnati dalla entusiastica certezza di aver riconosciuto una presenza così eccezionale, che sentono così eccezionale, così impareggiabile che - pur non comprendendolo ancora come sappiamo - non possono che affermare come il Messia.

Papa Benedetto XVI, parlando a Manoppello, ha detto di quei primi uomini: “... Fecero un'esperienza indimenticabile, che li portò a dire: «abbiamo trovato il Messia». Colui che poche ore prima consideravano un semplice ‘rabbì’, aveva acquistato una identità ben precisa, quella del Cristo atteso da secoli. Ma, in realtà, quanta strada avevano ancora davanti a loro quei discepoli! Non potevano nemmeno immaginare quanto il mistero di Gesù di Nazareth potesse essere profondo; quanto il suo volto potesse rivelarsi insondabile, imperscrutabile...”. Sappiamo quanto sarà lungo il percorso che dovranno affrontare in questo cammino di conoscenza e di riconoscimento del Signore. Comunque, rimanendo ancora agli inizi, c'è un fatto indiscutibile:  quegli uomini non riescono a parlare d'altro. Non riescono più a stare lontano da Lui. E non riescono a tacitare la sua presenza. Anche qui, come facciamo a non sentire la contemporaneità con questa esperienza nella memoria di cosa è accaduto a noi nell’impatto e nell’incontro con la Compagnia… Ci fu un imponente e irrefrenabile passa parola che coinvolse la vita di una piazza intera nella nostra città. A chiunque s'incontrava si faceva la proposta di questo incontro. Pari a quella che ascoltiamo nel Vangelo proprio di questi primi uomini incontrati da Gesù. Quell'esperienza di inaudita eccezionalità sentita dal cuore di questi uomini incontrando e stando con Gesù, 2000 anni dopo la ritroviamo testimoniata proprio da quelle parole che usavamo per invitare a questo incontro e proporre la Compagnia. E oggi, adesso, cosa rintracciamo e ritroviamo in noi di questa esperienza?

Torniamo all'incontro di Filippo con Natanaele. Il quale alle parole di Filippo risponde con un forte pregiudizio: “Può forse venire qualcosa di buono da Nazareth?”. (Anche per alcuni di noi si è avuta una simile reazione, facendo emergere tutto il pregiudizio, manifesto o nascosto, verso il cristianesimo e soprattutto l'assoluta distanza dalla vita della Chiesa. Può mai venire qualcosa di interessante, di umano e che c’entri con la felicità dalla vita della Chiesa?). Filippo però non si arrende. Ma non ingaggia con lui una discussione, perché non è una questione ideologica quello che c'è di mezzo. Anche a lui si tratta semplicemente di riproporre quello che Gesù stesso ha proposto come metodo di conoscenza e di verifica: vieni e vedi. Ancora una volta la semplice dinamica della realtà di questi due verbi, come invito alla ragione ad essere ragione e alla libertà ad essere libertà fino in fondo e secondo la loro natura. Papa Benedetto XVI, approfondendo la figura di Filippo, ha affermato: “... Vieni e vedi. In questa risposta, asciutta ma chiara, Filippo manifesta le caratteristiche del vero testimone: non si accontenta di proporre l'annuncio, come una teoria, ma interpella direttamente l'interlocutore suggerendogli di fare lui stesso l'esperienza personale di quanto annunciato... Possiamo pensare che Filippo si rivolga pure a noi con quei due verbi che suppongono un personale coinvolgimento. Anche a noi dice quanto disse a Natanaele: vieni e vedi. L'apostolo ci impegna a conoscere Gesù da vicino. In effetti, l'amicizia, il vero conoscere l'altro, ha bisogno della vicinanza, anzi in parte vive di essa. Del resto, non bisogna dimenticare che Gesù scelse i Dodici con lo scopo primario che ‘stessero con lui’, cioè condividessero la sua vita e imparassero direttamente da Lui non solo lo stile del suo comportamento, ma soprattutto chi davvero Lui fosse. Solo così infatti, partecipando alla sua vita, essi potevano conoscerlo e poi annunciarlo... Come potremmo conoscerlo a fondo restando lontani? L'intimità, la familiarità, la consuetudine ci fanno scoprire la vera identità di Gesù Cristo. Ecco: è proprio questo che ci ricorda l'apostolo Filippo. E così ci invita a ‘venire’, a ‘vedere’, cioè ad entrare in un contatto di ascolto, di risposta e di comunione di vita con Gesù giorno per giorno”. È l'invito più essenziale e più decisivo che, non solo adesso ma incessantemente, deve trovare in ciascuno di noi una reale apertura e una continua tensione. Un'apertura e una tensione che reclamano la contemporaneità con la presenza di Cristo. Un'apertura e una tensione alla contemporaneità con Gesù, che chiedono la conversione della nostra adesione alla Compagnia come adesione, sequela e ubbidienza al cammino per la contemporaneità con Cristo. Una tensione che non potrà mai mancare del coinvolgimento incessante della ragione e della libertà, richiesti necessariamente dall'esigenza di conoscere e di riconoscere la presenza reale di Gesù ed essere da Lui accompagnati alla verità che Lui è. E sono il richiamo e il sostegno più necessari che devono regnare nei nostri rapporti perché siano rapporti d’amicizia, siano l’amicizia, l'amicizia secondo l’esigenza del cuore, l’amicizia secondo la  chiamata di Cristo.  

Resta in contatto

Iscriviti alla Newsletter